Una comunità è un super-organismo complesso. Nel suo interno circolano molti tipi di informazioni, si scambiano numerose comunicazioni, si creano e si condividono molte conoscenze.
In una comunità complessa, può essere difficile e insostenibile organizzare tutte le informazioni e le conoscenze secondo un unico criterio. Le comunità sono costituite da individui con diverse esperienze, punti di vista, competenze e background culturali. Questa diversità porta a una varietà di prospettive e approcci alla conoscenza.
Organizzare le informazioni in modo centralizzato e secondo un unico criterio potrebbe non tener conto di questa diversità e ridurre la complessità delle conoscenze presenti nella comunità. Invece, può essere più utile adottare approcci flessibili e adattabili per l’organizzazione delle informazioni, consentendo la coesistenza di molteplici criteri e punti di vista.
Un modo per affrontare questa sfida potrebbe essere quello di utilizzare strumenti e piattaforme digitali che consentano una categorizzazione e un’organizzazione flessibile delle informazioni. Ad esempio, l’utilizzo di tag o etichette può consentire alle persone di assegnare diverse prospettive o categorie alle informazioni, consentendo una navigazione più personalizzata e contestuale.
Inoltre, può essere utile promuovere la condivisione e l’interazione tra i membri della comunità, in modo che le conoscenze possano emergere in modo collaborativo e cooperativo. Questo può favorire l’apprendimento reciproco e stimolare l’evoluzione e l’arricchimento delle conoscenze nella comunità stessa.
L’organizzazione delle informazioni e delle conoscenze in una comunità complessa richiede un approccio aperto, flessibile e partecipativo, che tenga conto della diversità e della complessità delle prospettive presenti.
Ci sono diversi strumenti digitali disponibili che possono aiutare nell’organizzazione delle informazioni in una comunità.
Piattaforme di gestione della conoscenza: queste piattaforme consentono di organizzare e condividere informazioni in modo strutturato. Ad esempio, wiki aziendali o software di knowledge management offrono strumenti per creare, modificare e organizzare contenuti in modo collaborativo. La capacità di indicizzare contenuti multimediali e quella di trovare legami tra documenti potenzia la ricerca di contenuti e la collaborazione tra persone.
Strumenti di gestione dei progetti: software di questo tipo possono aiutare a organizzare le informazioni in modo visuale, consentendo di creare elenchi di attività, assegnare responsabilità e tenere traccia dei progressi.
Strumenti di condivisione e archiviazione dei file: le piattaforme di condivisione dei file consentono di archiviare e condividere documenti, presentazioni o altri tipi di file in modo accessibile a tutti i membri della comunità.
Strumenti di messaggistica e collaborazione: applicazioni di messaggistica di gruppo consentono di comunicare e collaborare in tempo reale, facilitando la condivisione di informazioni e la discussione tra i membri della comunità.
Piattaforme di social media: piattaforme che offrono spazi dedicati alla condivisione e alla discussione di informazioni specifiche, consentendo di creare comunità online e organizzare contenuti in modo tematico.
Strumenti di tag e categorizzazione: alcuni strumenti consentono di assegnare tag o etichette alle informazioni per organizzarle in base a categorie o temi specifici.
Questi sono solo alcuni esempi di strumenti digitali disponibili per l’organizzazione delle informazioni in una comunità. La scelta del giusto strumento dipenderà dalle esigenze specifiche della comunità e dal tipo di informazioni che devono essere organizzate e condivise.
Insieme e flusso sono due concetti fondamentali nel nostro pensiero astratto. Sono simili ma differenti. Uno dei due è stato posto a fondamento della matematica. Che succederebbe se lo sostituissimo con l’altro? Considera che l’intero edificio della matematica poggia su una manciata di postulati riguardanti il concetto di insieme: meno di una decina! Dunque, piccole variazioni della loro formulazione possono scatenare effetti a valanga. Cosa succederebbe se, addirittura, sostituissimo il concetto di insieme con quello, più generale, di flusso? Senza entrare troppo a fondo nei tecnicismi, proviamo insieme ad immaginare qualche tratto di un universo (matematico) alternativo.
Il concetto di flusso è più generale di quello di insieme
È piuttosto facile capire che ogni insieme è un flusso in cui il tempo è idealmente congelato ad un certo istante ed in cui ogni elemento è identificabile. Lo è persino la radice quadrata di due, nell’insieme dei numeri reali, visto che esiste un modo per calcolare le sue cifre decimali fino alla precisione desiderata. Oppure, per fare un esempio su un piano della realtà gestibile dai nostri sensi, immaginiamo di enumerare ad una ad una le auto che passano sotto il ponte in cui ci troviamo.
Viceversa, non tutti i flussi sono insiemi. Non sempre è possibile immaginare o rappresentare informaticamente la configurazione di un flusso ad un certo istante. Si pensi ad un flusso di cariche elettriche: troppo veloce e sfuggente per qualunque strumento di misura. Se il ponte dell’esempio precedente è molto alto e se il traffico è molto intenso allora potrebbe essere difficile osservare le auto individualmente, distintamente; ed il flusso automobilistico non potrebbe più essere considerato un insieme.
Vediamo ora come i due concetti siano differenti.
La differenza tra insieme e flusso, da 6 punti di vista
Molto schematicamente, ecco 6 punti di vista dai quali evidenziare le differenze.
Punto di vista ontologico: non è scontato poter individuare gli elementi singoli che compongono un flusso, a differenza di quanto avviene in genere per un insieme.
Punto di vista cognitivo: il cervello tende a categorizzare gli elementi di un insieme in maniera distinta e rigida, mentre percepisce un flusso in modo più elastico e integrato.
Punto di vista del trattamento delle informazioni: un insieme si presta meglio ad un’elaborazione analitica ed estrattiva delle singole parti, mentre un flusso richiede un approccio più sistemico e una comprensione delle dinamiche relazionali.
Punto di vista del trattamento delle conoscenze: un insieme favorisce una conoscenza frammentata ed enciclopedica, mentre un flusso si adatta maggiormente ad una visione interconnessa e in divenire.
Punto di vista temporale: l’insieme dà maggiore importanza al presente e al permanere degli elementi, mentre il flusso sottolinea il divenire e il cambiamento continuo nel tempo.
Prospettiva sistemica: l’insieme evidenzia le singole componenti, il flusso ricorda che fanno parte di un sistema aperto in trasformazione.
Vediamo più in dettaglio che luce getta ciascun punto di vista sulla questione.
La differenza ontologica tra flusso ed insieme
Il punto di vista ontologico è il principale ma forse anche quello meno facile da capire.
In un insieme, anche se composto da molti elementi, questi sono comunque individuabili e distinguibili uno ad uno.
Nel flusso invece molto spesso è più difficile, se non impossibile, individuare le singole “particelle” che lo compongono, che si fondono e si mescolano in continuo movimento.
Ad esempio, si riesce ad enumerare e contare gli elementi di una scatola di spilli, mentre è praticamente impossibile contare una ad una le molecole che compongono un flusso d’acqua corrente.
Il flusso ha dunque una natura ontologicamente più “unitaria” e meno analiticamente divisibile rispetto all’insieme, dove gli elementi mantengono più nettamente la loro individualità.
Ragionare e discorrere su un flusso è quindi diverso dal ragionare e discorrere su di un insieme perché nel primo caso si prendono in considerazione le interazioni col flusso mentre nel secondo caso le interazioni considerate sono primariamente quelle con gli elementi dell’insieme, mentre le interazioni con l’insieme sono fittizie, virtuali, scorciatoie logiche da cuore con attenzione. Per esempio, nei testi che trattano di istruzione degli adolescenti non si dovrebbe mai far riferimento all’adolescente medio, perché non esiste. Orientare un’azione educativa modulandola sull’adolescente medio può rivelarsi estremamente controproducente. Un simile approccio è utile in determinate circostanze e con determinate accortezze. Vedasi per esempio i buyer personas nel mondo del marketing.
La differenza cognitiva tra insieme e flusso
Il punto di vista cognitivo tocca aspetti legati alla percezione e al funzionamento della mente.
Insieme: il nostro cervello cataloga separatamente gli oggetti sul tavolo;
Flusso: la nostra mente percepisce in modo unitario il fluire di un fiume.
In psicologia cognitiva, ci sono degli studi che hanno indagato le differenze nel modo in cui il cervello elabora concetti classificati come “insiemi” rispetto ai concetti legati ai “flussi”.
Uno degli esperti che se n’è occupato è il neuroscienziato Douglas Hofstadter, noto per la sua opera “Godel, Escher, Bach”. Ha scritto anche Fluid Concepts and Creative Analogies, 1995. Hofstadter, nei capitoli 12 e 13 della prima delle due opere citate, analizza la distinzione tra “entità discretizzate” (corrispondenti agli insiemi) e “entità fluidificate” (simili ai flussi).
Secondo Hofstadter, quando percepiamo degli oggetti separati, il cervello tende a categorizzarli rigidamente, creando confini netti. Mentre per i flussi usa schemi cognitivi più flessibili, che tengono conto delle interazioni dinamiche.
Sono stati condotti studi di neuroimaging e psicologia cognitiva che esaminano le differenze nell’attivazione cerebrale tra la percezione di insiemi e flussi. Questi studi cercano di comprendere come il cervello elabora le informazioni in situazioni in cui le caratteristiche statiche degli insiemi differiscono dalle dinamiche dei flussi. Ecco alcuni esempi di tali studi:
Elaborazione visiva: Ricerche sul campo della percezione visiva hanno esplorato come il cervello elabora insiemi di oggetti statici rispetto alla percezione di oggetti in movimento. Ad esempio, alcuni studi hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale o fMRI per identificare le aree cerebrali coinvolte nella percezione di insiemi di oggetti, come il riconoscimento di pattern o la lettura di scritte statiche, rispetto alla percezione di oggetti in movimento.
Attenzione selettiva: La ricerca sull’attenzione selettiva ha esplorato come il cervello gestisce l’attenzione tra insiemi di oggetti e flussi di informazioni. Gli studi hanno utilizzato l’elettro-encefalogramma o EEG, fMRI e altre tecniche per esaminare come l’attivazione cerebrale varia a seconda che i partecipanti siano esposti a stimoli statici o dinamici, e come l’attenzione è focalizzata su elementi specifici all’interno di insiemi o flussi.
Predizione e anticipazione: Alcuni studi hanno cercato di comprendere come il cervello anticipa gli eventi futuri in contesti di flussi di dati o informazioni in movimento. Questi studi hanno indagato l’attivazione cerebrale durante il processo di previsione e hanno utilizzato tecniche di imaging cerebrale per esaminare quali aree cerebrali sono coinvolte in queste attività.
La differenza tra insieme e flusso nel trattamento delle informazioni
Il computer è come un cervello elettronico: sia il computer sia il cervello svolgono funzioni cognitive ed elaborano informazioni. Le conoscenze possono essere intese come una sorta di distillato delle informazioni, il risultato del metabolismo delle informazioni, ciò che resta dopo aver analizzato le informazioni e collegate con conoscenze pregresse ed altre informazioni. Dati e fatti, senza una lettura organica, sono informazioni e non conoscenze. Vediamo, da questo punto di vista, come trattare informazioni inerenti insiemi sia diverso da trattare informazioni inerenti flussi.
Nella teoria dell’informazione ci sono concetti e modelli che rispecchiano le differenze:
Un insieme di dati è spesso strutturato e categorizzato, ad esempio in una tabella database, permettendo analisi sulle singole feature/colonne.
Un flusso di dati è tipicamente non-strutturato e dinamico, come nei sistemi complessi. Richiede approcci di data mining più flessibili (es. machine learning) per comprenderne le relazioni.
Tutto però parte dalla nostra mente. Noi elaboriamo informazione già alla fonte in modo diverso a seconda che abbiamo a che fare con insiemi o con flussi.
Insieme: analizziamo le diverse caratteristiche di ogni pianta nell’orto.
Flusso: osserviamo l’evoluzione nel tempo del traffico in città.
A livello algoritmico, cioè di progettazione delle procedure di trattamento, non stupisce la necessità di ricorrere ad approcci dedicati e ben differenziati.
Nei software, si usano database relazionali che trattano prevalentemente insiemi statici di record, mentre la data stream mining si occupa di flussi continui e di dati in divenire.
Nell’ambito delle reti di telecomunicazione, i modelli di elaborazione a pacchetti separati si adattano a insiemi discreti di informazioni, mentre le simulazioni di flussi continui riguardano sistemi di comunicazione in tempo reale.
Altro esempio è la compressione dati: gli algoritmi ad insiemi fissi sono ottimizzati su blocchi separati, mentre quelli a flussi trattano stream incomprimibili singolarmente.
Le reti neurali artificiali si collocano in una posizione intermedia tra insiemi e flussi da un punto di vista del trattamento delle informazioni.
Se non le conosci, ti basti sapere che si tratta di costrutti informatici che hanno un comportamento analogo, per alcuni aspetti, a quello delle reti di neuroni: i singoli neuroni interconnessi ricevono segnali, rappresentati da serie di numeri; elaborano i segnali in ingresso modulandoli con dei coefficienti di pesatura e producendo eventualmente un segnale in uscita se i segnali in ingresso raggiungono una certa soglia d’intensità minima. I coefficienti devono essere tarati prima di potersi aspettare un minimo di affidabilità. La taratura viene chiamata: addestramento o training. Il tipo di connessioni tra neuroni, cioè la topologia della rete, è qualificante e ne determina l’utilità a seconda dello scenario di utilizzo. Per esempio, se una rete neurale ha cortocircuiti allora si dice retroattiva ed ha capacità di auto-apprendimento.
Da un lato, molti tipi di reti neurali vengono addestrate su insiemi statici di dati, come accade nell’apprendimento supervisionato, avvicinandosi al paradigma degli insiemi.
Dall’altro lato però, una volta addestrate sono in grado di elaborare flussi continui di input, come nel deep learning online. In questo caso la loro natura si avvicina più a quella dei flussi.
Inoltre, alcune classi di reti neurali come i recurrent neural network o i reservoir computing network (per esempio la Echo State Network) sono progettate proprio per catturare effetti di memoria e dinamiche temporali, tipiche dei flussi.
Si può dunque dire che le reti neurali:
nella fase di addestramento si avvicinano agli insiemi discreti di dati;
una volta addestrate sono in grado di gestire flussi continui di informazioni in ingresso;
alcuni tipi sono più “fluidificate”, particolarmente adatte proprio a contesti di flusso.
Questa considerazione apre ad una riflessione potenzialmente interessante: caratterizzare costrutti informatici che, come le reti neurali, non sono pienamente comprensibili se li si guarda solo dal punto di vista algoritmico. Ci sono altri due esempi interessanti da questo punto di vista: gli algoritmi genetici ed una mia piccola giocosa invenzione che potremmo chiamare: “algoritmi con memoria“.
La differenza epistemologica tra insieme e flusso
Dal punto di vista epistemologico, un approccio classico al trattamento della conoscenza da parte dell’uomo è l’enciclopedismo, che si basa sulla catalogazione analitica di sapere predefinito in categorie statiche. Questo riflette il paradigma degli “insiemi” di conoscenza ed è caratterizzato da grande stabilità.
Uno studioso che, invece, si è occupato invece dell’acquisizione dinamica e relazionale della conoscenza è Gilbert Simondon, con i concetti di “individuazione” e “realtà preindividuale”. Per Simondon la conoscenza emerge da un campo di tensioni in continuo divenire. Si tratta evidentemente di un approccio più vicino al concetto di flusso.
Anche la teoria dell’apprendimento complesso di Edgar Morin considera il sapere come proprietà emergente di sistemi aperti in transizione, lontano dalla logica dell’insieme di parti.
Per entrambi, il focus è evidentemente spostato dall’individuo, dall’oggetto in sé dello studio, alla relazione.
Questi diversi approcci epistemologici hanno riflesso a livello pratico e toccano uno dei temi più in voga in questo momento: alludo all’Intelligenza Artificiale. L’epistemologia fornisce una visione critica su come rappresentare, organizzare e far “apprendere” la conoscenza alle macchine e può stimolare lo sviluppo di tecnologie cognitive più aderenti alla reale natura del sapere.
In ambito ingegneristico, l’intelligenza artificiale tradizionale implementa conoscenza formale e rigida, più simile agli insiemi. L’IA connessionista si avvicina di più ai flussi per la capacità di auto-organizzazione.
La differenza tra insieme e flusso nella prospettiva temporale
Il fattore tempo è cruciale nel distinguere tra l’approccio insiemistico e quello basato su flussi. Nel primo, il tempo è una dimensione, un aspetto. Nel secondo è parte integrante della rappresentazione, del modello mentale o informatico.
Ecco una serie di esempi che chiarisce bene la differenza:
Fisica: la meccanica classica si basa su concetti statici/insiemi, la meccanica quantistica introduce il flusso temporale di probabilità.
Biologia: la fotografia coglie l’istante, lo studio dei processi evolutivi cattura il flusso di mutamento.
Storia: le epoche sono insiemi fissi, i processi storici sono le dinamiche che le attraversano.
Psicologia: i test misurano “stati”, la terapia segue l’evoluzione nel tempo.
Cinema: i fotogrammi sono insiemi di oggetti e persone, la pellicola in movimento riproduce un flusso di eventi.
Musica: la nota è qualcosa di fissato, l’esecuzione melodica è fluire di tempo ed intensità.
Narrativa: i capitoli possono esser visti come contenitori di persone e di eventi, la trama come flusso sequenziale.
Filosofia: l’ontologia si basa su entità, il divenire tratteggiato da Eraclito è flusso.
Dove il discorso logico vacilla, la poesia ci aiuta ad oltrepassare i limiti del linguaggio, che si fanno angusti.
Leopardi ha rappresentato la natura del tempo ne “L’infinito”:
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
La differenza tra insieme e flusso nella prospettiva sistemica
La teoria dei sistemi complessi fornisce un solido fondamento per leggere gli ecosistemi come manifestazione concreta del paradigma del flusso. Le griglie concettuali basate sugli insiemi, viceversa, portano alla perdita di complessità in quanto riducono il tutto alla somma delle parti.
Insieme: classifichiamo le specie animali della foresta, oppure i vari organi e tessuti che compongono il corpo umano o, ancora suddividiamo una comunità in categorie come ceti, professioni e gruppi formali;
flusso: osserviamo le interdipendenze ecologiche in atto, le interazioni dinamiche e gli scambi metabolici tra tessuti ed organi, i processi di identificazione nelle comunità e le evoluzioni delle reti di relazioni sociali.
Dal punto di vista della teoria dei sistemi, gli ecosistemi naturali sono considerati prototipi di sistemi aperti e complessi in continua evoluzione.
Uno studio pionieristico in questo senso è stato condotto da Eugene Odum negli anni ’50, introducendo il concetto di successioni ecologiche per descrivere il fluire dinamico delle interazioni all’interno degli ecosistemi nel tempo.
Successivi lavori di Prigogine mostrano come i sistemi naturali abbiano proprietà emergenti a livello macroscopico che non possono essere ridotte alla somma delle singole parti.
Gli ecosistemi dunque si prestano come esempio calzante di sistema profondamente integrato: sebbene possano essere analizzati gli elementi costitutivi in un dato istante, questo non è sufficiente per comprenderli nell’insieme.
Al contrario, la classificazione delinea categorie statiche di elementi, riflesso dell’approccio tipico dell’insieme. Questo va bene quando abbiamo il pieno controllo del sistema osservato, i legami causali sono identificabili e le interazioni sono misurabili. È come dire che abbiamo piena conoscenza, istante per istante, di ciascuno degli elementi dell’insieme corrispondente al sistema in esame. Avere un metodo di enumerazione consente di gestire, di redigere check-list, di calcolare in modo ottimizzato, di contabilizzare…
Dal punto di vista sistemico, è possibile comunque concepire un approccio basato sugli insiemi, che metta in evidenza:
la classificazione delle componenti di un sistema in categorie distinte e separate;
l’analisi delle proprietà e delle funzioni di ciascuna componente considerata individualmente;
la decomposizione gerarchica del sistema in sottosistemi e parti sempre più elementari;
la comprensione del sistema attraverso lo studio analitico delle interazioni fra gli insiemi costitutivi.
Dunque, focalizzando un aspetto alla volta, un approccio analitico basato sull’insiemistica può portare ad un’ampia conoscenza del sistema studiato. Il suo limite è di lasciare implicita la conoscenza profonda, di non considerare correlazioni e legami causali inespressi. Il rischio è quello di illudersi di avere il controllo, fornendo spiegazioni, a volte persino auto-coerenti, da singoli punti di vista, come se ciascuno di essi fosse l’unico possibile e contenesse tutte le certezze necessarie.
La scienza ci ha insegnato che esistono entità intrinsecamente probabilistiche e sistemi che non possiamo descrivere compiutamente in modo auto-coerente, come sancito dal teorema di incompletezza di Gödel. Dobbiamo accettare che in ogni sistema complesso c’è un incomprimibile quanto di mistero…
Fantamatematica
L’edificio matematico si fonda sulla teoria assiomatica di Zermelo Fraenkel. Si tratta di 7 – 8 assiomi… poca roba… Eppure reggono un peso enorme: algebra, geometria, topologia, teoria dei numeri, teoria delle probabilità, calcolo, combinatoria e analisi.
La teoria degli insiemi può essere vista come un caso particolare di una teoria matematica più generale basata sui flussi. Alcuni punti che avvalorano questa visione: i flussi…
…permettono di cogliere aspetti qualitativi e non solo quantitativi dei sistemi;
…consentono di formulare concetti matematici anche per realtà non discretizzabili come curve e campi;
…risultano più aderenti a sistemi dinamici e stocastici della fisica e altro.
Il lavoro da farsi è considerevole: andrebbero generalizzati concetti come funzione, limite, derivata da oggetti fissi a flussi continui.
Questo però potrebbe aprire nuove prospettive per estendere ulteriormente la matematizzazione a sistemi non coerenti con l’ottica insiemistica tradizionale.
Anche la Scienza dell’informazione trarrebbe giovamento dall’uso dei flussi. Le fondamenta della teoria classica, sviluppata da Shannon, sono insiemistiche ma tale teoria incorpora già nelle origini alcuni aspetti da flussi. Shannon stesso si rese conto che nella comunicazione reale i segnali sono flussi continui nel tempo e nello spazio. Introdusse quindi nozioni di derivate, integrali e variabili casuali continue. Le evoluzioni più recenti enfatizzano ulteriormente questa componente dinamica e continua. Teorie successive, come quella dell’informazione computazionale e dell’informazione quantistica, hanno ulteriormente spostato l’attenzione sui flussi. In ingegneria delle telecomunicazioni si usano sia modelli discreti che continui a seconda dell’applicazione.
Potrebbe essere fertile ripensare anche la logica formale proprio a partire dalla nozione più primaria di flusso, invece che da concetti prettamente insiemistici come variabili e valori di verità. Il “filo logico” di un ragionamento è appunto un flusso sequenziale di passaggi. La semantica denotazionale in logica si fonda sul concetto di flusso di informazioni in una dimostrazione. Alcuni concetti logico-formali potrebbero essere riconcettualizzati in termini di: flussi di informazioni, transizioni semantiche, evoluzioni temporali, dinamiche causali. Questo potrebbe aprire a una “logicizzazione” di concetti propri delle scienze dinamiche. Seppur complesso, può essere uno stimolo per ripensare in modo più aderente la natura “scorrevole” anche del pensiero logico-deduttivo.
Concludendo…
Sappiamo che la matematica attuale ha qualche problemino con la teoria della misura (v. paradosso di Banach-Tarski, dimostrato un secolo fa). Mettiamo nel calderone anche la misura della complessità algoritmica e quindi l’annosa questione della congettura “P=NP?”, risalente a mezzo secolo fa. Misurare ed individuare è proprio ciò che nel mondo degli insiemi è semplificato rispetto al mondo dei flussi: come abbiamo visto, negli insiemi si può sempre individuare ogni singolo elemento.
Sappiamo anche che la fisica e l’informatica trattano sostanzialmente flussi (materia, energia, informazione) e che il linguaggio matematico è basato sugli insiemi, non sui flussi. Questo spiegherebbe perché ci sono oggettive difficoltà, in fisica, a descrivere alcuni fenomeni – e se il dualismo onda-particella si risolvesse introducendo il concetto di flusso?
Abbiamo insomma alcuni indizi: ripartire dai flussi può rivelarsi un’opportunità. Occorre accettare l’idea di immergersi nella complessità – e matematizzarne il paradigma! – ed abbandonare eroicamente le tranquille sponde del semplice e del complicato.
Una ricetta di cucina, una ricetta chimica, una distinta base industriale, un programma per computer… sono tutte procedure e tutte vengono espresse sotto forma di elenco di istruzioni da eseguire. Gli informatici un tempo lo chiamavano: “listato”. Uno mi può obiettare che nella distinta base ci sono sia voci indicanti lavorazioni sia voci indicanti materiale. A ben vedere, anche queste ultime indicano indirettamente un’azione. Se la distinta base di produzione di una penna indica un cappuccio, quando consegno l’ordine di produzione al reparto, il personale sa che dovrà prelevare il cappuccio e disporlo nella confezione della penna. Istruzioni.
Accendiamo l’immaginazione su una ricetta o una distinta base o un programma per computer. Sogniamo che il listato fluttui nello spazio 3D ed introduciamo dei legami tra una riga e la sua successiva in modo da non perdere il filo quando il listato viene eseguito.
Infine aggiungiamo un’istruzione qualunque nello spazio circostante il nostro listato e colleghiamolo ad una delle istruzioni esistenti. Distinguiamo il nuovo legame dagli altri usando un colore diverso.
Se conveniamo di preferire i legami di un certo colore e di trascurare gli altri, la modifica che abbiamo apportato non altera il flusso esecutivo del listato.
Il colore può essere tradotto anche come peso, importanza relativa nell’esecuzione del flusso operativo. Generalizzando, possiamo avere non più solo una sequenza di esecuzione delle istruzioni corrispondente a quella costituita dal listato: si possono predisporre vari percorsi ed anche criteri per tarare l’importanza relativa delle connessioni, cioè attuare un apprendimento.
di primo acchito, puoi restare stupito o perplesso.
Significa che “1” e “0,999…” rappresentano la stessa quantità.
Siti web, video, libri… le diverse spiegazioni e dimostrazioni di questa uguaglianza, che è un fatto matematicamente accettato, hanno dato luogo a numerose riflessioni e discussioni. In comune, le varie dimostrazioni hanno il ricorso ad un tipo di passaggio matematico detto: “passaggio al limite”. È piuttosto intuitivo ma ha implicazioni non banali e, qualche volta, persino contro-intuitive. Se non lo conosci già, provo a spiegartelo qui di seguito.
Ecco un esempio basato sulle fette di torta. Supponiamo di avere a disposizione una certa quantità unitaria, per esempio una torta, e di poterla dividere in tante parti uguali quante ne vogliamo. Se divido per 2, otterrò due belle fettone grandi. Se divido per 3, ciascuna fetta sarà molto più piccola, se divido per 4 sarà ancora più piccola… Se divido per 1000, ogni fetta sarà probabilmente trasparente… Dunque se n è il numero di parti uguali in cui divido la torta, la dimensione della fetta, pari a 1/n, tende a diventare sempre più piccola, sempre più piccola…
n
1/n
rappr. decim.
1
1
1,000…
2
½
0,5000…
3
1/3
0,333…
4
1/4
0,25000…
…
…
…
100
1/100
0,01000…
…
…
…
100.000
1/100.000
0,000001000…
…
…
…
∞
1/∞
0,000…
Se potessi scrivere all’infinito e completare la tabella, riuscirei a scrivere anche l’ultima riga… ma non posso!
Possiamo immaginare che, al limite, quando n tende verso l’infinitamente grande, 1/n vale quasi 0. Per riassumere questa situazione possiamo dire che: “se n tende all’infinitamente grande, il limite di 1/n è 0″.
\lim_{n\rightarrow\infty}\frac{1}{n}=0
Torniamo alla nostra sorprendente uguaglianza tra 1 e 0,999… Come dicevo, in un modo o nell’altro, risulta che se si potessero scrivere tutte le infinite cifre del membro destro dell’uguaglianza (“0,999…”) allora si potrebbe descrivere compiutamente una quantità identica a quella espressa del membro sinistro con il solo simbolo “1”.
Sinceramente, faccio una gran fatica ad accettare che un ragionamento matematico si fondi su qualcosa che è impossibile. Se condividi, accompagnami in un brevissimo viaggio verso una maggiore profondità nell’oceano matematico.
Sul fondale dell’oceano troviamo gli schemi mentali comuni alla maggior parte degli esseri umani in quanto indotti da fattori fisiologici.
Uno di questi schemi, secondo me, è quello dell’errore controllato. La nostra mente è molto brava ad astrarre eliminando particolari inessenziali e riempiendo vuoti con contenuti plausibili. Praticamente ogni comunicazione, in qualunque forma, anche quella del linguaggio non verbale, sfrutta l’uso di percezioni sensoriali per trasmettere pensieri in modo indiretto, attraverso segni e simboli, compreso il linguaggio del corpo. Per esempio, la lettura della parola: “albero” evoca nella tua mente la tua idea di albero, che si è formata nella tua memoria per esperienza. Ciascuno degli alberi che hai visto assomiglia alla tua idea di albero. La nostra memoria fissa solo una piccola parte del dato sensoriale, sicché gli errori sono già alla fonte. Si tratta sempre e comunque di errori sotto controllo, cose che possiamo gestire. Se così non fosse, o meglio, quando occasionalmente comprendi male o apprendi in modo errato, possono accadere incidenti ed esperienze indesiderate o dolorose perché progetti comportamenti basandoti su modelli predittivi non aderenti alla realtà, non veritieri.
Propongo di rifare il ragionamento riguardante “1=0,999…” basandoci sull’idea di errore controllato anziché su quella di passaggio al limite. L’idea sottostante è che il passaggio al limite è reso paradossalmente possibile da una nostra limitazione: la capacità di discriminare tra due quantità indicate da altrettante scritture non è infinita, ha sempre e comunque una certa precisione. Oltre una certa precisione non arriviamo, sicché due scritture possono risultare confondibili, nel senso che tendiamo ad identificare le quantità o gli schemi da essi indicati, anche se non sono in tutto e per tutto identiche.
È vero o falso che “1” e “0,999…” rappresentano la stessa quantità? Lavorando sulla rappresentazione decimale, mi accorgo che qualunque metodo di controllo, qualunque procedura per misurare la differenza tra la quantità indicata da “1” e quella indicata da “0,999…” è destinato ad essere inconcludente o meglio ciclico, ripetitivo, rinviando ad ordini di grandezza sempre più bassi. Prima o poi però mi devo fermare, non c’è niente da fare: la mia natura è finita, qualunque tecnologia è basata su materia ed energia disponibili in quantità finita. Se non altro, mi fermerò perché non reggo la noia oltre un certo limite o perché intuisco che non potrà mai cambiare nulla, che le mie azioni mentali non potranno far altro che ripetersi.
Rilevare che una procedura è ciclica è un’atto mentale fattibilissimo. Non sempre è facile: si pensi ad un numero decimale periodico con un periodo lungo mille cifre. La procedura che ci consente di calcolare la prossima cifra dello sviluppo decimale è ciclica ma accorgersene potrebbe risultare molto difficile. Nel nostro caso non è così: bastano pochi passaggi per accorgersene. Bastano pochi passaggi e ci accorgiamo che la produzione della prossima cifra di 0,999… comporta l’esecuzione di passi identici a quelli precedenti, salvo scendere di ordine di grandezza. Comunque, se la nostra precisione di calcolo è prefissata, non serve neppure l’abilità di rilevare ciclicità: basta calcolare una quantità di cifre decimali pari a quelle che la nostra precisione ci consente di gestire. Ad un certo punto, la differenza tra 1 e 0,999… sarà inferiore alla soglia di precisione.
Per chi conosce il principio d’induzione: ebbene sì, abbiamo una procedura (che si può scrivere in funzione della nostra soglia di precisione) che arriva sempre a costruire uno sviluppo decimale di 0,999… quantitativamente equivalente a 1 in relazione alla nostra capacita di discriminare tra quantità, riferita a quante cifre decimali riusciamo a gestire.
Possiamo allora concludere che “1” e “0,999…” sono confondibili, nel senso che indicano la stessa quantità, salvo un eventuale errore talmente piccolo da poter essere trascurato.
Attenzione! Non siamo costretti ad ammettere che “1” e “0,999…” siano la stessa scrittura o che siano due scritture intercambiabili, ma solo che indichino sostanzialmente la stessa quantità, sicché sono intercambiabili nei ragionamenti in cui non conta la forma ma la “sostanza”. Possiamo mantenere distinte le due relazioni di uguaglianza tra scritture “=” e di confondibilità “≈”, evitando di dare per scontato – potrebbe essere una forzatura – che siano la stessa cosa. Ammettiamo solamente, almeno per ora, che due scritture formalmente e computazionalmente diverse come “1” e “0,999….” siano confondibili nel senso che esprimono sostanzialmente la stessa quantità. Scriviamo dunque così per indicare la confondibilità:
1 ≈ 0,999…
Vorrei ora proporre una situazione un po’ particolare che ci aiuti a generalizzare l’idea di confondibilità e ad apprezzare la distinzione tra essa e l’uguaglianza algebrica, quella indicata con: “=”, in modo più generale.
Immaginiamo ora un nuovo tipo di numeri, rappresentabili in base 10 con un numero finito di cifre decimali, le cui ultime cifre decimali fluttuano nel tempo in modo casuale.
Per prima cosa, notiamo che le scritture indicanti quantità significano davvero qualcosa se c’è qualcuno che le legge e le interpreta. Ogni lettura è un atto concreto, un evento a se stante, irripetibile perché la nostra esistenza ha natura lineare. Due letture possono essere molto simili ma comunque c’è almeno una differenza: l’istante in cui vengono fatte o la persona che legge. In generale, non è garantito che ogni lettura dia sempre lo stesso identico effetto, che la scrittura sia interpretata sempre perfettamente allo stesso modo.
In altri termini, non è così assurdo concepire una scrittura indicante quantità che, se viene letta più volte, fornisca sempre le stesse prime cifre ma, sotto un certo ordine di grandezza, le restanti cifre possano variare potenzialmente ad ogni lettura in modo imprevedibile per chi le legge.
Non serve assumere sostanze psicotrope. Per esempio, si possono far scrivere le ultime cifre con una lente potente da un amico, per poi leggere le stesse cifre senza l’ausilio di nessuna lente. Quando faccio l’esame dall’oculista o dall’ottico succede qualcosa del genere. Ogni volta che provo a leggere una scrittura troppo piccola, tento di indovinare, interpretando ciò che percepisco in modo fluttuante.
Paziente: dottore, vedo una F ma forse è una R. Dottore: Sicuro? Non potrebbe essere una E o una B?
In informatica, non è per nulla difficile immaginare una situazione del genere, anzi è un problema in cui spesso si incappa. Capita per esempio di usare programmi per dati contabili con precisione di due cifre dopo la virgola, per poi trovarsi in difficoltà quando vengono coinvolti beni che si usano in grande quantità, per cui basta una fluttuazione di cifre decimali di ordine molto basso per causare effetti apprezzabili.
Ecco perché, per esempio, i prezzi dei combustibili alla pompa vengono indicati con 3 o 4 cifre dopo la virgola, anche se nella valuta corrente si trattano solo le prime due.
Recepire il concetto di confondibilità, di errore sotto controllo, di precisione limitata è, da un lato, matematicamente… spaventoso! Però apre un mondo di possibilità. Per esempio, fu proprio in conseguenza alla limitatezza nella precisione dei calcoli meteorologici che Edward Lorenz diede vita alla teoria matematica del caos. La riflessione sarebbe molto ampia, limitiamoci qui ad una situazione più specifica ma comunque significativa.
Attrattore strano di Lorenz. Il grafico rappresenta l’evoluzione di un sistema. Lo spazio geometrico della rappresentazione è chiamato “spazio delle fasi” ed ogni punto rappresenta una configurazione del sistema.
Tornando a questi nostri strani numeri con le ultime cifre fluttuanti, oggetto di questa piccola riflessione, diamo loro dignità attribuendo loro un nome, quello di “numeri fluttuanti” e chiediamoci se e come possiamo trattarli. Abbiamo già visto alcuni modi per crearli e per leggerli. Come possiamo farci dei calcoli? Quali attenzioni avere per manipolarli “rispettosamente”, senza perdere alcuna informazione e quindi preservare il più possibile il livello di precisione? Per esempio, come fare la somma tra due numeri fluttuanti?
Rivediamo più in dettaglio come possiamo interagire con un numero fluttuante. Ad ogni accesso in lettura al numero fluttuante otterremo come esito una sequenza di cifre che rappresenta un numero decimale in base 10 con una quantità di cifre superiore alla nostra capacità di distinguere tra quantità con simili rappresentazioni. Ciascuna delle scritture ottenute indica sostanzialmente sempre la stessa quantità. Le varie scritture, considerate nell’insieme, possono costituire una sequenza di interazioni in coinvolgenti un unico osservatore o possono essere una collezione di interazioni avvenute in parallelo coinvolgendo più di un osservatore. Questo, ai nostri fini, non importa. Ciò che conta è che possiamo sfruttare il lavoro già fatto dai matematici relativamente al calcolo numerico con approssimazione.
Per esempio, consideriamo l’algoritmo di Kahan detto anche della sommatoria compensata. Grazie ad esso, l’errore peggiore possibile è indipendente dal numero degli addendi, dunque un gran numero di valori possono essere sommati con un errore che dipende solo dalla precisione della rappresentazione in virgola mobile.
All’economia di questa nostra breve immersione nelle profondità matematiche, non serve approfondire la procedura di calcolo, ci basta sapere che si può fare. Idem per altre operazioni aritmetiche. Ciò che conta è sapere che i numeri fluttuanti sono trattabili.
Due scritture di numeri fluttuanti possono essere uguali o no, confondibili o no. Se sono confondibili ma non uguali, il loro trattamento aritmetico è fattibile, come detto, ma fa emergere alcune criticità.
Un numero fluttuante è un individuo o un insieme?
Cosa succede alla precisione, cioè alla quantità di informazione, della scrittura risultante a seguito di un computo (o calcolo, elaborazione aritmetica) su numeri fluttuanti? Come distinguere tra metodi che preservano la precisione da quelli che la riducono?
Durante l’immersione abbiamo assistito all’entrata in scena del soggetto pensante o del processore. Come si sviluppa la relazione tra processore e numeri fluttuanti? In che modo questo è correlato alla precisione?
Queste domande saranno argomento di altri post. La conclusione è che, toccato il fondale, possiamo iniziare a scavare!
Il paradigma della complessità può aiutare a comprendere cosa sia la consapevolezza e come acquisirla?
In questa breve riflessione, condotta con Stefania Zin e Paolo Mazzetto, vorrei focalizzarmi su un concetto del paradigma che mi sembra particolarmente utile allo scopo.
Cominciamo col richiamare alcuni concetti chiave del paradigma, per collocarci nel giusto contesto:
Emergenza. I sistemi complessi generano comportamenti emergenti che derivano dalle interazioni tra le loro componenti, non sono riducibili alle singole componenti e non possono essere predetti in anticipo.
Non linearità. Le interazioni all’interno dei sistemi complessi sono non lineari, causando comportamenti difficili da prevedere. Anche piccoli cambiamenti possono causare grandi effetti.
Auto-organizzazione. I sistemi complessi tendono ad auto-organizzarsi in maniera spontanea e bottom-up. Non sono progettati o gestiti in modo centralizzato.
Feedback. I sistemi complessi sono influenzati da forti feedback positivi e negativi che ne modificano il comportamento nel tempo.
Adattabilità. I sistemi complessi sono adattativi, possono cambiare e mutare per sopravvivere in ambienti dinamici.
Olocausalità. La complessità nega il riduzionismo cartesiano, sostenendo che il tutto è più della somma delle sue parti.
Biforcazioni. I sistemi complessi raggiungono punti di biforcazione in cui possono evolversi in diverse direzioni, generando futuri multipli e diversi.
Chiarito il riferimento al quadro concettuale, applichiamo il primo concetto alla psiche umana, un sistema estremamente complesso, modellato dagli studiosi in tanti modi. Generalmente, essi convergono su almeno questi componenti chiave:
La coscienza: comprende tutti gli stati mentali di cui siamo consapevoli, come pensieri, sentimenti, percezioni e ricordi.
L’inconscio: comprende tutti quegli aspetti della mente di cui non siamo consapevoli ma che influenzano comunque il nostro comportamento. Deriva in gran parte dal funzionamento dell’apparato neuronale.
Il Sé: il senso di identità personale e di continuità nel tempo. Deriva dall’interazione tra coscienza, memoria e percezione di sé.
Le emozioni: stati affettivi che influenzano i processi mentali e il comportamento. Derivano da fattori cognitivi (come pensieri ed esperienze) e fisiologici.
La personalità: tratti stabili e abitudini mentali che caratterizzano l’individualità di una persona.
Queste componenti interagiscono in modo intrecciato e dinamico, spesso in modi non lineari. Ad esempio:
Le emozioni influenzano i pensieri coscienti e lo sviluppo della personalità.
I processi inconsci influenzano l’umore, le percezioni coscienti e il comportamento.
Il senso di identità influenza ed è influenzato dalle emozioni, dalla memoria cosciente e dagli schemi mentali inconsci.
Pensieri e percezioni coscienti a loro volta influenzano gli aspetti inconsci della psiche umana.
Queste interazioni generano uno spazio, un nuovo livello in cui hanno luogo fenomeni (umore, senso di identità…) che seguono leggi in qualche modo riconducibili ma non riducibili alle leggi delle componenti della psiche. Posso intuire di che umore è l’amico con cui chiacchiero ma non riesco a calcolarlo a partire da singoli comportamenti. Un esempio ancora migliore è il gusto: il gradimento di un cibo o di una bevanda è legato persino a fattori estetici (“anche l’occhio vuole la sua parte”) e culturali (mai provato a degustare vino in compagnia di un sommelier esperto?), non è riducibile ai segnali trasmessi dalle papille gustative.
Cos’è lo spazio in cui hanno luogo questi fenomeni (il gustare il vino o la compagnia di un amico caro)? Di quale livello si tratta?
La coscienza emerge dall’interazione di grandezze psicologiche più elementari, come percezioni, emozioni, pensieri, ricordi. Queste componenti più semplici interagiscono in modo complesso per generare lo spazio che conosciamo per antonomasia: quello della coscienza.
La coscienza possiede proprietà che non possono essere ridotte alle sue componenti costitutive. Ha una qualità di soggettività e unità che vanno oltre le singole percezioni o ricordi. Ciascuna persona è unica anche se ha un gemello omozigote, perché ha comunque una storia, un percorso di vita a se stante.
La coscienza diventa manifesta solo ad un certo livello di complessità del sistema psichico, indicando che emerge da un insieme critico di componenti che interagiscono dinamicamente.
Cambiamenti nelle componenti psichiche di base (ad esempio percezioni, emozioni etc.) possono alterare o modificare lo spazio cosciente in modi imprevedibili, indicando che la coscienza dipende dalla dinamica dell’intero sistema, non dalle sue parti.
Rivediamo il ragionamento da un altro punto di vista e facciamo un passo in più per raggiungere, oltre la coscienza, la consapevolezza. In generale, una persona può essere considerata a vari livelli di astrazione o piani dell’esistenza:
Il livello fisico o materiale: le particelle elementari, molecole, cellule che compongono il corpo umano. Questo è il livello più basso.
Il livello biologico: i sistemi organici e fisiologici che permettono al corpo di funzionare.
Il livello psicologico: la mente, la personalità, le emozioni e i processi mentali. Qui iniziano a emergere proprietà che non possono essere ridotte puramente ai livelli biologico e fisico.
Il livello sociale: le relazioni e l’identità di una persona in quanto parte di una società e di una cultura.
Il livello spirituale o metafisico: la coscienza nel suo senso più ampio, la spiritualità e il senso di identità o unità con la realtà nel suo complesso. Questo è spesso considerato il livello più alto.
È facile intuire che la consapevolezza si colloca tra il terzo ed il quarto livello. Dunque andiamo ad analizzare più approfonditamente questa zona. Ci accorgiamo che si possono distinguere:
Il livello delle componenti psichiche pre-coscienti: percezioni, emozioni, pensieri, ricordi. Sono gli “ingredienti” che formano la coscienza ma di per sé non sono ancora coscienti.
Il livello della coscienza emergente: quando le componenti pre-coscienti interagiscono in modo complesso, emerge uno spazio di esperienza soggettiva unificata. Questa è la coscienza di base.
Il livello della consapevolezza emergente: quando la psiche diventa capace di pensare ai propri contenuti coscienti, emerge la consapevolezza. Questo implica capacità riflessive e intenzionali.
Il livello meta-consapevole: alcune persone sviluppano uno stato di consapevolezza approfondito e continuo, andando “al di là” della normale coscienza limitata. Questo è considerato il livello più alto.
Focalizziamo ulteriormente, distinguendo un ulteriore livello, posto in questa sequenza (dal basso verso l’alto): coscienza, consapevolezza, auto-coscienza, meta-coscienza.
La coscienza è il livello più basilare, consiste nel rendersi conto semplicemente di sé e dell’ambiente circostante.
La consapevolezza implica una conoscenza più riflessiva ed elaborata della propria coscienza, andando oltre la mera percezione.
L’auto-coscienza impone un ulteriore livello di conoscenza di sé come individuo unico e distinto dagli altri.
Infine, la meta-coscienza costituisce il livello più evoluto, permettendo di osservare i propri processi mentali e cognitivi, auto-regolandoli e modificandoli.
Ora abbiamo delimitato ben benino il perimetro della consapevolezza. Essa è caratterizzata dalla rappresentazione interna di sé nel proprio ambiente, in modo da poter progettare comportamenti secondo intenzione.
A questo punto possiamo tentare una risposta al quesito iniziale. Cosa accresce la propria consapevolezza o aiuta qualcun altro ad accrescerla?
Siccome si passa per una rappresentazione interna e per una progettualità, possiamo stabilire le qualità della consapevolezza:
coerenza: pensieri contraddittori sono sintomo che qualcosa ci sfugge;
completezza: se semplifichiamo troppo i ragionamenti, rischiamo di trascurare dettagli apparentemente irrilevanti ma con effetti sproporzionatamente importanti;
accuratezza: se ci accorgiamo che ciò che avevamo previsto non ha riscontro, anche su aspetti marginali, dobbiamo riflettere di più, meditare di più, ascoltare ed osservare di più;
aggiornamento: qualche volta l’ambiente interno o esterno cambia più velocemente di quanto immaginiamo e ci troviamo illusi.
Ecco infine alcune indicazioni ma sicuramente te ne vengono in mente molte altre:
[Suggerito da Paolo Mazzetto] Proprio per la complessità che caratterizza ogni essere umano, l’approccio empatico all’altro si coniuga necessariamente con un atteggiamento “umile”, in cui io mi muovo con sensibilità e circospezione in questo mondo complesso rappresentato dall’altro e, soprattutto nella relazione d’aiuto, lo affianco nell’esplorazione di sé per favorire una condizione di maggiore consapevolezza.
Praticare la meditazione. Anche una semplice meditazione di pochi minuti al giorno può aumentare la consapevolezza di sé e della propria mente. Può aiutare a rallentare i pensieri ed essere più presenti. La mindfulness è particolarmente efficace.
Fare autoesami. Porre domande su se stessi come: “Perché ho agito in quel modo?”, “Cosa mi ha spinto a dire quella cosa?” Può aiutare a comprendere meglio i propri comportamenti e motivazioni.
Osservare i propri pensieri. Prenditi un momento per osservare il flusso dei tuoi pensieri. Focalizza l’attenzione sui tuoi pensieri. Notare i pensieri che passano nella mente senza identificarsi con essi e senza giudicarli. Capisci da dove emergono e qual è il loro scopo. Può aiutare a prendere le distanze dai pensieri automatici.
Tenere un diario. Scrivere i propri pensieri ed emozioni può aiutare a comprenderli meglio e metterli in prospettiva.
Ascoltare gli altri. Ascoltare davvero gli altri in modo attivo e non giudicante può aumentare la consapevolezza della prospettiva altrui. Pratica l’ascolto attivo quando sei con gli altri. Concentrati interamente sull’altro, mettendo da parte i tuoi pensieri interni. Aiuta l’altra persona a sentirsi compresa.
Praticare la gratitudine. Prendersi del tempo per essere grati per le piccole cose della vita aumenta il senso di presenza e consapevolezza del momento.
Assumersi la responsabilità. Prendere la responsabilità delle proprie azioni ed emozioni, invece di incolpare gli altri o le circostanze, aumenta consapevolezza ed empowerment.
Diventa consapevole delle tue emozioni e sensazioni fisiche. Accoglile senza sopprimerle. Comprendi come emergono e in che modo influenzano il tuo modo di pensare e di agire.
Impara dai tuoi errori. Non rimproverarti, ma cerca di capire quali processi mentali ti hanno portato a compiere quella scelta e come migliorare in futuro.
Rivedi le tue abitudini e creane di nuove, più consapevoli. Ad esempio, mentre ti lavi i denti osserva i tuoi pensieri, oppure mangia stando interamente focalizzato sul cibo.
Parla apertamente di consapevolezza con gli altri. Condividere le nostre esperienze aiuta sia noi che gli altri ad approfondirle.
Leggi libri e materiali che ti aiutino a sviluppare la tua consapevolezza.
Suggerimenti ed attenzioni sull’uso di indicatori di crisi in sistemi complessi. L’importanza di non farsi stravolgere spiritualmente dalla malattia per favorire la guarigione.
Disequilibri, Crisi e Catastrofi
Sistemi complessi come quelli viventi sono sempre sull’orlo dell’equilibrio: per rimanere simili a se stessi, cambiano continuamente un pochino.
Ogni boccone di cibo metabolizzato, ogni respiro, ogni percezione sensoriale, ogni comunicazione… tutto ciò che entra, viene elaborato e produce impercettibili cambiamenti. Lo stesso vale per ciò che esce dal sistema, basti pensare alle cellule che muoiono (ne abbiamo tipi con ciclo di vita di pochi giorni ed altre che durano tutta la vita, in media 10-15 anni).
Ad ognuno di questi piccoli cambiamenti corrispondono catene di eventi interni al sistema, con intrecci ed anelli retroattivi, in cui l’effetto complessivo delle retroazioni è di smorzare gli effetti dell’innesco iniziale. Per esempio, l’impulso a mangiare viene meno proprio mangiando. Questo tende a riportare il sistema al suo equilibrio.
Cosa succederebbe, invece, se ci fossero retroazioni positive cioè di rinforzo anziché di inibizione? Come si dice, “la fame vien mangiando”! Un cambiamento che porta il sistema lontano dal proprio equilibrio è un disturbo e, se non viene in qualche modo frenato, diventa malattia. Ancora, se la crisi diventa insostenibile si può arrivare alla catastrofe, che porta ad un cambiamento irreversibile del sistema.
Indicatori di crisi a vari livelli
Quando si analizza una catastrofe in un sistema complesso, è importante porsi da diversi punti di vista e con diversi livelli di analisi, che vanno dal più analitico al più sintetico, dal materiale al trascendente, dal subatomico al cosmico.
Per comprendere appieno una catastrofe, è necessario analizzare le dinamiche e le interazioni tra i diversi componenti del sistema. Ciò può coinvolgere l’analisi a livello microscopico o analitico dei componenti specifici del sistema, nonché l’analisi a livello macroscopico o sintetico delle proprietà emergenti del sistema nel suo complesso.
In ciascun livello si possono definire degli indicatori di crisi, alcuni dei quali misurabili strumentalmente o con criteri oggettivi, altri determinabili solo come stima o addirittura solo ipotizzabili.
Ad esempio, nell’ambito di una crisi economica, potrebbero essere considerati indicatori microeconomici come la disoccupazione, l’inflazione o il tasso di fallimento delle imprese, nonché indicatori macroeconomici come il PIL, il debito pubblico o l’andamento del mercato azionario.
In ambito psicologico, possiamo porci su tre livelli usando:
misurazioni fisiologiche;
questionari e test psicometrici;
osservazioni comportamentali.
Se invece ci occupiamo di politica locale:
Livello socioeconomico, indicatori di disuguaglianza economica: divario tra ricchezza e povertà, distribuzione del reddito, il tasso di disoccupazione, l’accesso ai servizi di base e l’insicurezza alimentare.
Livello ambientale, indicatori di sostenibilità ambientale: la qualità dell’aria e dell’acqua, la gestione dei rifiuti, la conservazione delle risorse naturali, l’adattamento ai cambiamenti climatici e l’impatto delle attività umane sull’ecosistema locale.
Livello sociale, indicatori di coesione sociale: l’incidenza di conflitti sociali, la segregazione o discriminazione, l’isolamento sociale, la violenza, il degrado urbano e il deterioramento delle relazioni comunitarie.
Livello politico, indicatori di stabilità politica: la polarizzazione politica, la corruzione, la mancanza di partecipazione democratica, la perdita di fiducia nelle istituzioni pubbliche e il deterioramento dello stato di diritto.
Esiste una relazione tra gli indicatori di crisi misurati a livelli diversi, poiché i diversi livelli di un sistema complesso sono interconnessi e influenzano reciprocamente.
La relazione tra gli indicatori di crisi misurati a livelli diversi può essere complessa e dipende dal contesto specifico. In alcuni casi, gli indicatori a livello microscopico possono essere considerati sintomi o segnali precoci di una crisi a livello macroscopico. Ad esempio, un aumento dei tassi di fallimento delle imprese può essere un segnale precoce di una recessione economica imminente.
Allo stesso tempo, gli indicatori a livello macroscopico possono influenzare i componenti a livello microscopico del sistema. Ad esempio, le politiche macroeconomiche adottate dal governo possono influire sulle decisioni aziendali e sulle opportunità di lavoro a livello microscopico.
L’analisi a vari livelli consente di ottenere una visione più completa e approfondita della catastrofe in un sistema complesso. L’interazione tra gli indicatori di crisi a livelli diversi può fornire informazioni utili per comprendere le cause, le dinamiche e gli effetti di una catastrofe e può essere utile per sviluppare strategie di mitigazione o di risposta.
Malattia e Guarigione
Tutti noi sperimentiamo in prima persona piccole e grandi catastrofi in modo molto diretto e personale: le malattie.
Indicatori di crisi:
livello materiale/fisico, crisi fisica: sintomi o segni evidenti come dolore cronico, perdita di peso non intenzionale, affaticamento persistente, febbre alta, disabilità fisica o ferite gravi;
livello emotivo/psicologico, crisi emotiva: ansia eccessiva, depressione persistente, attacchi di panico, sentimenti di disperazione, pensieri suicidi, perdita di interesse per le attività quotidiane o difficoltà di regolazione emotiva;
livello sociale/relazionale, crisi sociale: rottura o la disfunzione delle relazioni interpersonali, il senso di isolamento sociale, la mancanza di supporto sociale, la violenza domestica, il bullismo o la discriminazione;
livello spirituale/trascendente, crisi spirituale: mancanza di senso di scopo o significato nella vita, conflitti spirituali interni, perdita di fede o senso di connessione spirituale, disorientamento esistenziale o crisi di valori.
Viceversa, può capitare di arrivare alla sofferenza fisica a partire da una crisi spirituale.
Stress e risposta fisiologica: una crisi spirituale che coinvolge conflitti interni, dubbi o la ricerca di senso può innescare una risposta di stress nel corpo. Il corpo può reagire a questo stress con sintomi fisiologici come aumento della frequenza cardiaca, tensione muscolare, disturbi del sonno, cambiamenti nell’appetito o problemi gastrointestinali.
Impatto sull’equilibrio emotivo: una crisi spirituale che provoca sentimenti di disorientamento, vuoto o disconnessione può contribuire allo sviluppo di disturbi dell’umore come l’ansia o la depressione, che, a loro volta, possono avere conseguenze fisiche, come affaticamento, disturbi del sonno o problemi di salute correlati.
Coping e stili di vita: alcune persone potrebbero cercare modi inadeguati per far fronte alla crisi, come l’abuso di sostanze o comportamenti di evitamento, che aumentano il rischio di malattie o condizioni associate all’abuso di sostanze o all’autolesionismo.
Al contrario, la ricerca di significato e la resilienza spirituale possono anche promuovere il benessere fisico. La fede, la spiritualità e le pratiche di cura di sé possono essere risorse preziose per affrontare lo stress, migliorare l’adattamento e favorire stili di vita sani, come l’attività fisica regolare, una buona alimentazione e il riposo adeguato.
Alcuni studi epidemiologici sulle cosiddette zone blu come Ogliastra in Sardegna e Okinawa in Giappone hanno esaminato le abitudini delle popolazioni locali ed hanno evidenziato che queste comunità mostrano livelli significativamente più elevati di longevità rispetto ad altre parti del mondo. Tra le varie abitudini di vita associate a queste popolazioni, la pratica di forme di meditazione, preghiera o di partecipazione a rituali spirituali è del loro stile di vita. Se ancora non sei convinto, considera la storia della Mindfulness ed protocollo medico MBSR.
Nella mia esperienza di vita, sbagliando in prima persona o partecipando alle vicende dei miei cari, ho imparato un paio di cosette che possono essere lette con la lente del paradigma della complessità.
È capitato anche a te? Gli indicatori di crisi della mia salute, pur essendo “in presa diretta” cioè direttamente accessibili alla mia coscienza , mi è capitato di collocare mentalmente la crisi a livello sbagliato, finché non è diventata intensa. Per esempio, attribuivo uno stato emotivo negativo persistente ad un cambiamento in ambito lavorativo ed invece la vera causa stava in un problema auto-immunitario! Quando i sintomi sono emersi anche sulla pelle, non ho potuto non accorgermi di aver fatto un grosso errore di valutazione. Rendersene conto è stato un pochino umiliante ma anche liberatorio.
La prima lezione che ho imparato è che devo riflettere, meditare, avere pazienza ed articolare un’analisi multilivello… su me stesso!
La seconda è che si possono davvero disperdere molte energie e per molto tempo, usando risorse sbagliate nel tentativo di guarire.
È possibile che la guarigione inizi ad un livello diverso da quello in cui la crisi è emersa. I sistemi complessi, inclusi quelli che riguardano la salute e il benessere umano, sono caratterizzati da molteplici interazioni e influenze reciproche tra i vari livelli e sottosistemi.
Quando una crisi si verifica a un certo livello, può innescare una serie di cambiamenti e adattamenti in tutto il sistema. Questi cambiamenti possono coinvolgere sia il livello in cui la crisi è emersa che i livelli circostanti. Inoltre, le risposte e le risorse disponibili per affrontare la crisi possono variare tra i diversi livelli del sistema.
Di conseguenza, la guarigione e il recupero possono iniziare a un livello diverso da quello in cui si è verificata la crisi iniziale. Ad esempio, una crisi emotiva o psicologica può avere un impatto sul livello sociale e relazionale di una persona, portando a un deterioramento delle relazioni interpersonali. In tal caso, la guarigione potrebbe richiedere un lavoro sui legami sociali, sulla comunicazione e sulla costruzione di nuove relazioni, anche se la crisi iniziale era di natura emotiva.
Inoltre, l’affrontare la crisi a un livello può anche influenzare gli altri livelli del sistema. Ad esempio, lavorare sulla guarigione fisica attraverso un trattamento medico appropriato può avere un impatto positivo sull’aspetto emotivo o psicologico di una persona.
È importante considerare la complessità dei sistemi umani e riconoscere che le interazioni tra i diversi livelli possono giocare un ruolo significativo nella guarigione e nel recupero. Un approccio complessivo che tiene conto di tutti i livelli e dei loro rapporti reciproci può essere utile nel promuovere la guarigione e il benessere complessivo della persona.
Spiritualità per la Guarigione
Vorrei concludere condividendo quanto mi abbia colpito la testimonianza di un collega, resa nell’ambito di un ciclo di seminari organizzati dal team ORA – Orientamento Relazione Ascolto in tema di sostenibilità.
La malattia grave di una persona è in relazione con il fluire degli eventi della sua rete di affetti, è una crisi che scatena catene di eventi che formano intrecci ed anelli di retroazioni. La crisi può essere così intensa da impattare sulla struttura della propria rete sociale: qualche amico caro si allontana incapace di affrontare la sofferenza (non è così facile distinguere tra la propria e quella dei propri cari), qualcun altro sorprende per la costante vicinanza.
Quando si è in balia di medici e medicine per mantenere la propria vita materiale, si può comunque mantenere il controllo. La cosa interessante è che lo si può fare in modo “proporzionale all’altezza del livello”. In parole povere, se considero i livelli della mia esistenza a partire dal livello materiale e salgo gradualmente fino al livello spirituale, a mano a mano che soffermo nei vari piani, mi accorgo che la possibilità di controllare ciò che accade piano per piano è in aumento. Giunto ai piani del trascendente, mi accorgo capace di fare ancora molte cose, di poter gestire molta parte del mio percorso spirituale.
In queste situazioni è naturale e di buon senso dar fondo a tutte le risorse di guarigione, a tutti i livelli. Ma allora… se mi hai seguito fin qui, ti sarà allora chiaro perché è così importante agire a livello spirituale quando la malattia fisica è grave.
La famiglia è un universo contenuto in un altro (la comunità, la società) e contenente degli universi: i suoi membri. La famiglia è un super-organismo in continua evoluzione, sempre sull’orlo dell’equilibrio, che fornisce supporto emotivo, sociale ed economico ai suoi membri. È un sistema complesso che scambia materia, energia ed informazioni con il proprio ambiente. Internet e cellulari ne sono ormai parte integrante, ma portano anche rischi per la sostenibilità umana e sociale.
Le ultime novità offerte dall’informatica e dal web, come l’apprendimento automatico, l’elaborazione del linguaggio naturale e il data journalism, possono essere d’aiuto per la vita quotidiana di una famiglia in diversi modi. In particolare, possono fornire informazioni utili e consigli personalizzati sulla base dei dati disponibili.
La famiglia tecnologica
Assistente virtuale: l’apprendimento automatico e l’elaborazione del linguaggio naturale sono alla base dei moderni assistenti virtuali, come Siri di Apple, Google Assistant e Amazon Alexa. Questi assistenti possono aiutare una famiglia a gestire la sua vita quotidiana, fornendo informazioni sui metodi di cottura, suggerimenti per la casa, promemoria per appuntamenti e scadenze, e molto altro ancora.
Monitoraggio della salute: l’elaborazione del linguaggio naturale può essere utilizzata per analizzare le informazioni sanitarie e fornire consigli sulla prevenzione di alcune malattie. Ad esempio, un’applicazione di monitoraggio della salute potrebbe utilizzare l’elaborazione del linguaggio naturale per analizzare i record medici della famiglia e fornire consigli su come ridurre il rischio di malattie come il diabete o le malattie cardiache.
Analisi dei dati: il data journalism può essere utilizzato per analizzare i dati e fornire informazioni sulle tendenze sociali e di mercato. Ad esempio, un’analisi dei dati potrebbe rivelare che una determinata area ha un alto tasso di criminalità, o che una certa categoria di prodotti è in forte crescita. Queste informazioni possono aiutare una famiglia a prendere decisioni informate sulla propria sicurezza e sui propri acquisti.
Ci sono molti strumenti informatici e servizi online che possono aiutare la famiglia nella vita quotidiana.
App di gestione delle attività
App come Trello, Asana e Todoist possono aiutare la famiglia a gestire le attività quotidiane, come la preparazione dei pasti, la pulizia della casa e la gestione delle scadenze.
Servizi di consegna a domicilio
Servizi come Instacart, Amazon Fresh e FreshDirect possono aiutare la famiglia a risparmiare tempo facendo la spesa online e facendo consegnare la spesa direttamente a casa.
Piattaforme di streaming video
Servizi come Netflix, Hulu e Amazon Prime Video consentono alla famiglia di guardare film e programmi TV in streaming, senza dover pagare per la TV via cavo o per il noleggio di DVD.
La TV come la intendavamo, con il suo palinsesto e le sue interruzioni pubblicitarie, ha perso da tempo il suo ruolo educativo e fatica a mantenere un residuo ruolo informativo.
È diventata soprattutto uno sfondo a momenti di assopimento dopo una lunga giornata di lavoro, o una distrazione per chi non ha la possibilità di sviluppare relazioni sociali reali (anziani soli, carcerati etc).
I siti di streaming, al contrario, offrono all’utente, compresi coloro che hanno ruoli educativi, la possibilità di scegliere cosa e quando e quanto guardare.
La nuova insidia è l’ottimizzazione psicologica dei video pubblicati, volta ad indurre l’utente a restare il più possibile davanti allo schermo, utilizzando persino le sofisticate tecniche del neuromarketing.
App di comunicazione e social network
App come WhatsApp, Skype e Zoom consentono alla famiglia di comunicare in tempo reale, indipendentemente dalla posizione geografica, e di partecipare a videoconferenze e videochiamate.
Veicolano la condivisione di foto, ricordi, opinioni etc tra parenti, amici, genitori degli studenti di una classe… In caso di trasferte, lontananza, temporaneo isolamento etc, questi strumenti possono aiutare persino a mantenere i legami affettivi, annullando tempo e spazio. Per contro, rischiano di impedire le dinamiche dell’attesa, tipiche dei rapporti più importanti ed intimi.
App di monitoraggio della salute
App come MyFitnessPal, Headspace e Calm possono aiutare la famiglia a monitorare la propria salute e il proprio benessere, fornendo informazioni e suggerimenti personalizzati.
Calendario condiviso
I principali fornitori di servizi di collaborazione come Google Workspace, Microsoft 360 etc comprendono la possibilità di condividere un calendario, con i principali eventi di famiglia. In caso di impresa familiare, questo tipo di applicazioni può avere spiacevoli effetti collaterali. Da un lato, un calendario condiviso può aiutare a prevenire conflitti e a rispettare i limiti personali e lavorativi di ciascun membro della famiglia che lavora nell’impresa. Ad esempio, se tutti i membri della famiglia utilizzano il calendario per segnalare le proprie assenze o impegni personali, sarà più facile organizzare il lavoro e prevenire sovrapposizioni. Inoltre, un calendario condiviso può favorire la trasparenza e la comunicazione all’interno dell’impresa familiare, facilitando il coordinamento tra i vari membri e riducendo il rischio di fraintendimenti. D’altro canto, l’uso di un calendario condiviso potrebbe anche favorire l’insorgere di conflitti, ad esempio se non tutti i membri della famiglia sono disposti a rispettare gli impegni e le necessità degli altri. Inoltre, potrebbe esserci il rischio che alcuni membri della famiglia si sentano controllati o limitati dal calendario condiviso, il che potrebbe generare ulteriori tensioni.
App per la lista della spesa
Queste app, come Bring!, facilitano la compilazione e la spunta della lista della spesa, consentendo a tutti i membri della famiglia di contribuire. Nel tempo, acquisiscono informazioni sulle abitudini e velocizzano il compito di preparazione della lista.
Software per il controllo genitoriale
Programmi che consentono di misurare e limitare l’uso di app e dispositivi da parte dei figli, nonché di geolocalizzarli. La dieta digitale è importante, così come, in caso di emergenza o di urgenza, conoscere la posizione dei familiari. Il controllo genitoriale può essere regolato in base all’autonomia di ciascun figlio, accompagnandone la crescita.
Sistemi di tele-vigilanza
Telecamere connesse via wi-fi che aiutano a tenere sotto controllo gli ambienti, specie se in casa c’è un anziano solo.
Si possono anche installare citofoni connessi, che consentono di rispondere col proprio cellulare quando qualcuno suona il campanello. Si può per esempio rispondere al corriere Amazon e fornire istruzioni anche se non si è a casa.
Occhio, però, alla cyber security: i sistemi di tele-vigilanza si prestano ad alcuni tipi di attacco hacker. È importante individuare fornitori di dispositivi ben supportati dal punto di vista software.
Un altro rischio da tenere sotto controllo è la tentazione di affidarsi alla tele-vigilanza per sbrigare qualche commissione lasciando solo un minore troppo piccolo per fronteggiare eventuali emergenze. Ricordare sempre la legge di Murphy…
Siti istituzionali delle scuole e registro elettronico
Aiutano i genitori a partecipare più consapevolmente al percorso didattico dei figli e a gestire gli appuntamenti con gli insegnanti.
Ad oggi manca un adeguato sistema a supporto della collaborazioni tra genitori e tra genitori e scuola ma ci sono progetti in vista. La tecnologia c’è tutta, occorre superare la naturale tendenza dei servizi software on line di creare barriere tecnologiche escludendo l’inter-operabilità.
App di gestione delle finanze
Ci sono molte app disponibili per la gestione delle finanze, come Mint, YNAB e Personal Capital. Queste app possono aiutare la famiglia a tenere traccia delle spese, a pianificare il budget e a risparmiare denaro.
Gestione utenze on line
Siti di internet banking, dei fornitori delle classiche utenze domestiche (rifiuti, energia elettrica, gas, telefonia etc): aiutano a gestire le risorse finanziarie ed i rapporti con i fornitori.
App e siti web per turismo e viaggi
Aiutano la famiglia ad organizzare, gestire e fronteggiare gli imprevisti nelle occasioni, così importanti, in cui sono a spasso per visitare parenti o apprezzare quanto di più bello le città e la natura offrano.
Il CECAN è il “Centre for the Evaluation of Complexity Across the Nexus”. L’elenco di immagini sotto riportate è rilasciato in licenza Creative Commons.
Vi ho aggiunto una diciasettesima immagine che rappresenta una caratteristica fondamentale dei sistemi complessi non ben intercettata dai pittogrammi del CECAN: l’interazione tra osservato ed osservatore.
RETROAZIONE
Si ha quando ciò che produce un processo alimenta o influenza lo stesso processo in modo diretto o indiretto. Si distinguono retroazioni positive e negative a seconda che il cambiamento venga accelerato o frenato. L’esempio per eccellenza di retroazione negativa è la correzione di rotta apportata dal timoniere (in greco: kybernetes [κυβερντης], da cui “cibernetica”).
EMERGENZA
Nuove ed inattese proprietà d’insieme si manifestano senza poter essere direttamente ricondotte al comportamento di specifici componenti. Per esempio, nel libero mercato, il prezzo di scambio di un prodotto emerge dall’interazione di offerenti e richiedenti. Anche la vita e la coscienza sorgono per emergenza.
AUTO-ORGANIZZAZIONE
Schemi ordinati ad alto livello, riconducibili a regole riguardanti il reciproco comportamento dei singoli, emergono senza dover essere calati dall’alto. Se una parte del sistema viene distrutta o è disfunzionale, non è detto che l’intero sistema ceda.
LEVE E FULCRI
Ci possono essere componenti cruciali, che influenzano il sistema complessivo in modo particolare, a causa della struttura della loro rete di legami. Possono accelerare i cambiamenti e possono rappresentare punti deboli del sistema, vulnerabilità.
NON-LINEARITÀ
La non-linearità riguarda l’andamento di un fenomeno che cambia di direzione oppure che cambia di intensità in modo non proporzionale alla forza applicata.
DOMINI DI STABILITÀ
Condizioni di equilibrio, configurazioni che il sistema tende a mantenere resistendo al cambiamento in assenza di uno stimolo che superi una certa soglia.
ADATTAMENTO
Cambiamento del comportamento del sistema in risposta ad interventi o stimoli. Si pensi alla resistenza agli antibiotici sviluppata dai batteri o all’attuazione di nuove tattiche di evasione fiscale quando cambia la normativa.
DIPENDENZA DAL PERCORSO
Cambiamenti del sistema condizionati da cambiamenti precedenti, come negli origami. La dipendenza dal percorso diventa storia fatta di momenti di svolta, ed è ciò che rende unico ed irripetibile un sistema complesso.
PUNTI DI NON-RITORNO
Punti critici del percorso evolutivo di un sistema, passaggi irreversibili attraverso cambiamenti profondi. Si pensi all’aumento dei disordini sociali che, ad un certo momento, diventano rivolta e portano improvvisamente e violentemente ad un cambiamento di regime.
VARIABILITÀ
I sistemi complessi sono sempre all’orlo dell’equilibrio. Per esempio, un sistema giuridico, un codice normativo, si adatta nel tempo alle novità sociali a mano a mano che si consolidano.
APERTURA
Non c’è un sistema complesso che non interagisca con l’ambiente che lo circonda scambiando energia, materia o informazione. Una qualunque azienda operante nel libero mercato è un sistema complesso aperto.
IMPREDICIBILITÀ
Se si potesse prevedere l’evolversi di un sistema, questo non potrebbe essere qualificato come complesso ma al massimo come complicato. Dentro un sistema complesso sempre si cela un mistero, qualcosa di fondamentalmente inconoscibile. Ne vediamo il manifestarsi nel percorso evolutivo del sistema ma resta sfuggente agli sforzi cognitivi dell’analista.
INCOGNITE
Da un sistema complesso ci si aspettano sorprese. Non sono noti tutti i legami di causa-effetto, né si ha controllo sull’ambiente esterno. Ci sono quindi incognite ineliminabili. Ad una nostra azione, può sempre corrispondere una reazione diversa da quella prevista.
CONTROLLO DISTRIBUITO
L’assenza di un direttore d’orchestra è un aspetto tipico dei sistemi complessi. Se anche c’è, esso non ha accesso all’informazione completa cui invece, ma ciascuno per propria parte, hanno accesso dei componenti subordinati. Si pensi all’organizzazione della sanità italiana, con i distretti ed i medici di famiglia per presidiare il territorio.
SISTEMI INNESTATI
Cambiando lente, possiamo scoprire che i sottosistemi del sistema complesso sono a loro volta sistemi complessi. In natura è proprio così, basta immaginare l’universo e la sua complessità, un pianeta e la sua complessità, uno stagno e la sua complessità…
MULTI-LIVELLO
Tentare di studiare un sistema complesso rimanendo ad un unico livello è illusorio. Occorre esaminare le interazioni tra livelli diversi, su scale diverse. Se un computer ha un bit di memoria bruciato, è inutile insistere col debug del software: il problema è ad un livello più basso. A volte siamo di malumore senza ragione apparente, magari è solo il nostro sistema immunitario sotto pressione.
EFFETTO OSSERVATORE
L’osservatore e l’osservato sono più o meno fortemente accoppiati. Il fotone usato per misurare la posizione di un protone ne altera la quantità di moto; l’odore del naturalista che scruta il branco di gazzelle nella savana, al girar del vento, fa scappare le gazzelle; lo psicologo che somministra un questionario risulta avere un aspetto antipatico a pelle al compilatore….
Vorrei motivare un pochino l’introduzione del diciasettesimo pittogramma, cioè l’idea che l’effetto osservatore è una caratteristica universale dei sistemi complessi.
Immaginiamo una situazione in cui ci siano un osservatore, diciamo Alice, che sta analizzando un sistema, chiamiamolo ∑. Inoltre, un altro osservatore Bruno assiste alla scena.
Con molta pazienza ed estrema attenzione, Bruno scruta per tutta la durata del lavoro di Alice su ∑. Alla fine, Bruno certifica che l’osservazione di Alice non ha in alcun modo influenzato il comportamento di ∑.
Possiamo concludere che ∑, il sistema osservato, non è un sistema complesso?
Secondo me non possiamo.
I sistemi complessi possono interagire in modi imprevedibili e non manifestare l’effetto osservatore in alcune circostanze specifiche.
Inoltre, il fatto che Bruno, il secondo osservatore, non rilevi alcuna interazione tra Alice e ∑ potrebbe essere dovuto al fatto che l’effetto osservatore non è sufficientemente evidente o che non ha un impatto significativo sul comportamento del sistema in quella particolare situazione.
In generale, la complessità di un sistema non può essere determinata solo dall’osservazione esterna, ma richiede un’analisi dettagliata del sistema stesso e delle sue interazioni con l’ambiente circostante.
Non si può concludere che ∑ non sia complesso solo perché non si manifesta l’effetto osservatore in questa situazione. Sono necessarie ulteriori indagini per determinare la sua natura e le sue proprietà.
Sostenibilità, persona centrata su se stessa, trattamento dell’informazione e della conoscenza non sembrano 3 parole chiave correlate. Invece, il ragionamento sulla sostenibilità delle interazioni tra persona ed internet riguarda la quotidianità. Poniamoci insieme qualche domanda: quali sono le criticità in questo rapporto, quale l’impatto, quali le situazioni umane in cui l’impatto diventa insostenibile, cosa si può fare concretamente. Su quest’ultimo aspetto, ci focalizzeremo sull’applicazione della linguistica computazionale, che si traduce nella tecnologia dell’elaborazione del linguaggio naturale ed avvicina la macchina alla persona.
Quali sono le principali difficoltà nelle interazioni tra persona e computer?
Queste le principali sfide della vita quotidiana:
Difficoltà di comprensione: i messaggi che compaiono sugli schermi dei computer spesso si presentano in una lingua tecnica e complicata che può essere difficile da comprendere per gli utenti. In particolare, possono comparire messaggi di errore ambigui o poco chiari, che rendono difficile per gli utenti capire cosa è andato storto e come risolvere il problema.
Difficoltà di utilizzo: l’interfaccia del computer può essere troppo complessa, rendendo difficile per gli utenti trovare le funzioni e le opzioni di cui hanno bisogno. Inoltre, i dispositivi di input come mouse e tastiera possono essere poco ergonomici e poco intuitivi.
Problemi di accessibilità: i computer e le applicazioni possono essere difficili da usare per le persone con disabilità, come le persone non vedenti o non udenti; o, similmente, per persone normodotate ma in condizioni operative inadeguate, che ne limitano le normali abilità.
Sicurezza: l’uso di computer ed internet espone a rischi per la sicurezza, come il furto di informazioni personali, l’accesso non autorizzato a sistemi e dati sensibili e la propagazione di virus e malware.
Mancanza di reattività: i computer possono fornire un feedback limitato o inesistente durante le interazioni, che può rendere difficile per gli utenti capire se le loro azioni hanno avuto successo o meno.
Problemi di prestazioni: i computer possono diventare lenti o bloccarsi durante le interazioni, rendendo difficile per gli utenti completare le loro attività.
Ci sono anche altre sfide come la complessità dei sistemi, la mancanza di standardizzazione, l’incompatibilità tra diversi dispositivi e programmi, la gestione delle informazioni, ecc.
Quali categorie sociali risentono maggiormente di queste difficoltà?
Possono variare a seconda del contesto e del tipo di tecnologia utilizzata, ma sicuramente le categorie particolarmente in difficoltà sono quelle con meno istruzione, meno risorse finanziarie e meno tecnologia, nonché quelle che si trovano in situazioni di svantaggio sociale o economico.
Anziani: possono avere difficoltà nell’utilizzo dei computer a causa della complessità delle interfacce, della mancanza di familiarità con la tecnologia, dei problemi di vista e dell’artrite, che possono rendere difficile l’uso di tastiere e mouse.
Disabili: le persone con disabilità possono riscontrare difficoltà nell’uso dei computer se le interfacce non sono accessibili o non sono adatte alle loro esigenze specifiche. Ad esempio, le persone non vedenti potrebbero avere difficoltà nell’utilizzo di una interfaccia basata sull’uso del mouse, mentre le persone con disturbi della lettura potrebbero avere difficoltà nell’utilizzo di testi troppo piccoli o con contrasto insufficiente.
Indigenti: le persone a basso reddito potrebbero non avere accesso a dispositivi aggiornati o a connessioni Internet ad alta velocità, il che può limitare la loro capacità di utilizzare servizi e risorse online.
Analfabeti digitali: le persone con bassa alfabetizzazione digitale potrebbero avere difficoltà nell’utilizzo dei computer a causa della loro mancanza di familiarità con le tecnologie digitali. Ad esempio, potrebbero non sapere come navigare su Internet o utilizzare correttamente le funzioni di un software per scrivere testi.
Stranieri: le persone che parlano lingue diverse potrebbero avere difficoltà nell’utilizzo dei computer se le interfacce sono disponibili solo in una lingua con cui non sono familiari. A questo problema non sempre si riesce a sopperire con la traduzione automatica, non sempre affidabile, rendendo difficile la comprensione di testi o messaggi di errore.
Se una persona è in difficoltà nell’interagire con i computer e con l’internet, quali conseguenze negative subisce nella sua vita quotidiana dai punti di vista affettivo, relazionale, sociale, lavorativo e civile?
Un difficile l’accesso alla tecnologia è un ostacolo a cogliere le opportunità digitali. L’impatto su vari aspetti della vita dell’individuo, sulla vita quotidiana e sulla partecipazione alla comunità e alla società civile può essere significativo. Ecco alcuni esempi:
Equilibrio interiore: le difficoltà nell’utilizzo dei computer e di Internet possono causare stress e frustrazione, che possono influire negativamente sull’umore e sulla salute mentale della persona. Inoltre, se la persona si sente isolata o esclusa dalla società a causa delle sue difficoltà tecniche, ciò può portare a problemi di autostima e ad una percezione di solitudine.
Relazioni strette: le difficoltà nell’uso dei computer possono influire negativamente sulle relazioni personali e familiari, specialmente se gli altri membri della famiglia sono in grado di utilizzare la tecnologia in modo efficace. Ciò può portare a conflitti e malintesi, rendendo difficile per la persona comunicare e partecipare alla vita della famiglia.
Relazioni sociali: la difficoltà nell’utilizzo dei computer può limitare l’accesso ai servizi e alle risorse online, come l’accesso alle informazioni, alle opportunità di formazione o di lavoro, ai servizi di assistenza sanitaria e così via. Ciò può limitare la partecipazione della persona alla società e alla comunità, portando a un senso di esclusione sociale e di isolamento.
Lavoro: la mancanza di competenze informatiche può limitare le opportunità di lavoro e di carriera, specialmente in settori dove la tecnologia è essenziale. Inoltre, le difficoltà nell’utilizzo dei computer possono influire negativamente sulla produttività e sulla qualità del lavoro, portando a problemi di carriera e di reddito.
Cittadinanza: la mancanza di competenze informatiche può limitare l’accesso ai servizi pubblici online e ai servizi di governo elettronico. Ciò può portare a difficoltà nell’accesso a servizi essenziali come la prenotazione di appuntamenti, la richiesta di documenti e così via.
Cos’è la NLP o elaborazione del linguaggio naturale? Potrebbe essere d’aiuto per chi ha difficoltà nell’interagire con computer ed internet?
La NLP (Natural Language Processing) o Elaborazione del Linguaggio Naturale è un campo dell’intelligenza artificiale che si occupa dello sviluppo di algoritmi e di modelli computazionali in grado di analizzare, comprendere e generare il linguaggio umano. L’obiettivo della NLP è quello di permettere alle macchine di interagire con gli esseri umani in modo naturale e di comprendere il significato del linguaggio parlato o scritto.
Può rappresentare un valido strumento per rendere l’interazione con i computer ed Internet più semplice e intuitiva per chi ha difficoltà nell’utilizzo della tecnologia, migliorando l’accessibilità e l’inclusione digitale per tutti.
Ad esempio, le applicazioni di chatbot o di assistenti virtuali basati sulla NLP possono rispondere alle domande dell’utente in modo più efficiente, comprendendo il contesto e il significato delle parole usate. Inoltre, la NLP può essere utilizzata per sviluppare sistemi di traduzione automatica, di sintesi vocale e di riconoscimento vocale, rendendo l’interazione con i computer più accessibile ed inclusiva per chi ha difficoltà nella comprensione o produzione del linguaggio.
Se la società è composta da individui, ci sono categorie sociali svantaggiate perché gli individui che vi appartengono sono più in difficoltà degli altri nell’interagire con computer ed internet.
L’accesso e l’uso della tecnologia possono dipendere da diversi fattori socio-economici, come il reddito, l’istruzione, l’età, il genere e la posizione geografica. Ad esempio, le persone con un basso reddito o un’istruzione limitata possono avere meno accesso a dispositivi elettronici e a una connessione a internet, mentre le persone anziane o con disabilità possono avere difficoltà a utilizzare la tecnologia.
Di conseguenza, queste categorie sociali svantaggiate possono essere escluse o limitate nell’accesso alle informazioni, alle opportunità di lavoro, all’istruzione e alla partecipazione sociale e politica. Il divario digitale può aumentare le disuguaglianze sociali e limitare le possibilità di sviluppo per le persone svantaggiate.
Per ridurre il divario digitale e promuovere una maggiore inclusione digitale, sono necessarie politiche pubbliche che facilitino l’accesso alla tecnologia e alla formazione per le categorie sociali svantaggiate. Ad esempio, possono essere offerti programmi di formazione specifici per anziani o disabili, o possono essere sviluppate politiche di inclusione digitale per le comunità rurali o remote.
Inoltre, le tecnologie stesse possono essere progettate in modo più inclusivo, tenendo conto delle diverse capacità e bisogni degli utenti. Ad esempio, possono essere utilizzati colori contrastanti e caratteri di grandi dimensioni per facilitare la lettura, o possono essere fornite funzionalità di accessibilità come la sintesi vocale o la tecnologia Braille per persone non vedenti o ipovedenti.
Tutto questo ci fa capire che la sostenibilità individuale è strettamente correlata con quella sociale.
Ci sono esempi di applicazione della NLP significativi per quanto riguarda la sostenibilità?
Si, in particolare per quanto riguarda la gestione delle risorse naturali, la riduzione dell’inquinamento e la mitigazione del cambiamento climatico. Può essere utilizzata per analizzare grandi quantità di dati testuali in modo efficiente e accurato, fornendo informazioni preziose. Ciò può aiutare a supportare la realizzazione degli obiettivi di sostenibilità in modo più efficace ed efficiente.
Monitoraggio ambientale: la NLP può essere utilizzata per analizzare testi provenienti da fonti come social media, articoli di notizie e rapporti governativi per monitorare la qualità dell’aria, il consumo di acqua, l’inquinamento delle acque e altri problemi ambientali. I dati raccolti possono essere utilizzati, ad esempio, per identificare le aree geografiche che necessitano di maggiore attenzione e di maggiori interventi di mitigazione.
Energia sostenibile: con fonti dati analoghe alle precedenti, la NLP può essere utilizzata per analizzare grandi quantità di dati testuali, per identificare le tendenze e le opportunità nel settore dell’energia sostenibile. Ciò può aiutare a guidare gli investimenti nelle energie rinnovabili, nonché a identificare soluzioni innovative per l’efficienza energetica e la riduzione delle emissioni di gas serra.
Gestione dei rifiuti: la NLP può essere utilizzata per analizzare grandi quantità di dati testuali sui rifiuti, tra cui report governativi, dati sui rifiuti urbani e dati delle compagnie di smaltimento dei rifiuti. Ciò può aiutare a identificare le aree geografiche che necessitano di maggiori investimenti nella gestione dei rifiuti, nonché a identificare soluzioni innovative per la gestione dei rifiuti.
Agricoltura sostenibile: la NLP può essere utilizzata per analizzare grandi quantità di dati testuali sulla produzione agricola, compresi dati sulle colture, la qualità del terreno e le pratiche di gestione agricola. Se ne otterrebbe un supporto per le decisioni di pianificazione dell’agricoltura ed un aiuto a identificare soluzioni innovative per la riduzione degli sprechi alimentari, la gestione dell’acqua e la riduzione delle emissioni di gas serra nell’agricoltura.
L’agenda ONU 2030 comprende 17 obiettivi. La NLP può essere d’aiuto per alcuni di essi?
Sì, in particolare per quanto riguarda tutto ciò che ha a che fare con la raccolta e l’analisi dei dati testuali e della lingua naturale, la comunicazione efficace e l’accesso alle informazioni.
Obiettivo 3: salute e benessere – La NLP può essere utilizzata per analizzare grandi quantità di testi medici e sanitari, aiutando a individuare tendenze e modelli, facilitando la diagnosi e il trattamento di malattie.
Monitoraggio e prevenzione delle malattie: la NLP può essere utilizzata per analizzare grandi quantità di dati testuali sui sintomi, i trattamenti e la diffusione delle malattie. Ciò può aiutare a identificare le regioni geografiche che necessitano di maggiore attenzione e di maggiori interventi per la prevenzione e il controllo delle malattie. Inoltre, la NLP può essere utilizzata per identificare i sintomi precoci delle malattie, consentendo interventi precoci e migliorando la prognosi per i pazienti.
Monitoraggio della salute mentale: la NLP può essere utilizzata per monitorare i sentimenti e le emozioni espressi in conversazioni sui social media e altri forum online. Ciò può aiutare a identificare le persone che potrebbero avere bisogno di supporto psicologico e interventi tempestivi.
Obiettivo 4: istruzione di qualità– La NLP può essere utilizzata per sviluppare applicazioni di apprendimento basate sulla lingua naturale, consentendo l’accesso all’istruzione per tutti, anche per coloro che hanno difficoltà di apprendimento.
Valutazione dell’apprendimento: la NLP può essere utilizzata per analizzare i risultati degli esami scolastici e altri strumenti di valutazione dell’apprendimento. Ciò può aiutare gli insegnanti e gli amministratori scolastici a identificare le aree in cui gli studenti stanno lottando e a fornire supporto mirato per aiutare gli studenti a raggiungere il loro potenziale.
Personalizzazione dell’istruzione: la NLP può essere utilizzata per analizzare i dati di apprendimento degli studenti e fornire feedback personalizzato per aiutare gli studenti a migliorare il loro apprendimento.
Obiettivo 5: parità di genere – La NLP può essere utilizzata per analizzare la presenza e il ruolo dei generi nei testi, migliorando la comprensione della rappresentazione di genere in vari contesti, come nei media e nelle pubblicità.
Analisi del linguaggio sessista: la NLP può essere utilizzata per analizzare il linguaggio utilizzato nei media, nei social media e in altri forum online al fine di identificare e contrastare la discriminazione di genere e la violenza di genere. Ad esempio, l’analisi del linguaggio può aiutare a identificare gli annunci di lavoro sessisti e le descrizioni di lavoro che scoraggiano le donne dall’entrare in certe professioni.
Monitoraggio delle violazioni dei diritti umani: la NLP può essere utilizzata per analizzare i dati sui diritti umani e sui casi di violenza di genere, ad esempio i rapporti della polizia e i rapporti delle organizzazioni non governative. Ciò può aiutare a identificare le aree geografiche e le situazioni in cui la violenza di genere è più diffusa e a fornire soluzioni e interventi mirati.
Obiettivo 8: lavoro dignitoso e crescita economica – La NLP può essere utilizzata per analizzare grandi quantità di testi legati al mercato del lavoro, aiutando ad identificare le tendenze del mercato del lavoro, le competenze richieste e le opportunità di lavoro.
Analisi del mercato del lavoro: la NLP può essere utilizzata per analizzare i dati del mercato del lavoro, come le offerte di lavoro e le richieste di competenze, al fine di identificare le carenze e le opportunità del mercato del lavoro. Ciò può aiutare a sviluppare programmi di formazione mirati che forniscono le competenze necessarie per le attività più richieste dal mercato.
Miglioramento della comunicazione aziendale: la NLP può essere utilizzata per analizzare le conversazioni e le recensioni dei clienti sui social media e in altri forum online. Ciò può aiutare le aziende a comprendere meglio le esigenze dei clienti e a migliorare la comunicazione e il servizio clienti.
Obiettivo 9: industria, innovazione ed infrastrutture – migliorare la gestione dei dati in vari settori, come l’industria manifatturiera, la logistica e l’energia, al fine di ottimizzare le attività e ridurre gli sprechi.
Miglioramento della gestione dei dati: la NLP può essere utilizzata per l’analisi di grandi quantità di dati non strutturati e l’identificazione di modelli nascosti. Ciò può aiutare le aziende a prendere decisioni più informate e a sviluppare nuove soluzioni innovative.
Assistenza tecnica automatizzata: la NLP può essere utilizzata per sviluppare assistenti virtuali e chatbot che forniscono assistenza tecnica automatizzata. Ciò può aiutare a ridurre i tempi di inattività e migliorare l’efficienza delle attività industriali.
Automazione della diagnosi: l’analisi dei dati non strutturati sui problemi dell’impianto di produzione può aiutare a identificare rapidamente le anomalie e a prevenire la fermo della produzione.
Obiettivo 11: città e comunità sostenibili – migliorare la pianificazione urbana e lo sviluppo delle comunità sostenibili.
Analisi dei commenti sui social media: la NLP può essere utilizzata per analizzare i commenti dei residenti sulle piattaforme di social media e identificare le principali preoccupazioni e sfide che devono affrontare le comunità. Questo può aiutare le autorità locali a prendere decisioni più informate per migliorare la qualità della vita nelle città e nelle comunità.
Rilevamento e prevenzione della criminalità: la NLP può essere utilizzata per l’analisi di dati non strutturati sui crimini e per identificare i modelli di comportamento dei criminali. Ciò può aiutare a migliorare la prevenzione della criminalità e la risposta alle emergenze.
Obiettivo 16: pace, giustizia e istituzioni solide – La NLP può essere utilizzata per analizzare grandi quantità di testi legali, aiutando a identificare tendenze e modelli nell’ambito della giustizia e delle istituzioni legali.
Analisi dei dati dei tribunali: la NLP può essere utilizzata per analizzare i dati dei tribunali e identificare le tendenze nei casi giudiziari. Ciò può aiutare a migliorare la trasparenza e l’efficienza del sistema giudiziario.
Monitoraggio delle violazioni dei diritti umani: la NLP può essere utilizzata per l’analisi di dati non strutturati sui diritti umani e per il monitoraggio delle violazioni dei diritti umani. Ciò può aiutare a identificare le aree in cui sono necessari interventi per proteggere i diritti umani.
In sintesi, la NLP può essere utilizzata in modo efficace per supportare gli obiettivi dell’agenda 2030 in una varietà di modi, tra cui la prevenzione e il controllo delle malattie, il miglioramento dell’istruzione, la promozione della parità di genere, la creazione di lavoro dignitoso ed economia, la gestione dei dati, l’assistenza tecnica, la prevenzione della criminalità, la trasparenza e l’efficienza del sistema giudiziario e il monitoraggio dei diritti umani.
Breve rassegna di concetti con qualche umile spunto pratico per la vita in comunità.
Il paradigma della complessità è un fenomeno culturale dalle proporzioni enormi, capace di comprendere la cultura scientifica tanto quanto quella umanistica.
È capace di spiegare bene molti aspetti del tempo che viviamo e ci può dare utili consigli pratici per affrontare la complessa vita delle comunità.
La verità è distribuita
Per capirsi in quanto segue, è fondamentale un presupposto. Chi non è abituato alle stranezze del paradigma della complessità, che sposta il focus dagli individui alle relazioni, deve fare uno sforzo di apertura mentale. Cominciamo con lo smontare il concetto di verità.
Da sempre, i racconti notturni attorno al fuoco, finite le attività pratiche della giornata, sono momento di socializzazione e di condivisione dei valori culturali. È il luogo in cui la comunità costruisce le proprie grandi verità, comprese quelle narrazioni ultraterrene che danno speranza nei momenti più bui della persona ed unità d’intento nei momenti bui della comunità.
La verità è prodotto di paziente lavoro di accostamento di frammenti. Non è proprio come comporre un puzzle perché non c’è una precisa tassellazione. I frammenti si sovrappongono, s’incastrano, contengono impurità, sono danneggiati. Penso ai numerosi gialli d’investigazione che ho letto ed alle indagini giornalistiche che ho ascoltato. Penso alle testimonianze ed alle prove raccolte sulla scena del delitto.
I frammenti sono le informazioni e le conoscenze di cui ciascuno è depositario. Nessun frammento è di per sé la verità su un certo fenomeno, su una certa vicenda.
Più un’informazione o conoscenza è condivisa e più la consideriamo vera.
Siamo fatti così. Punto. Alla base della nostra capacità di conoscere ci sono dei meccanismi che inevitabilmente scoprono il fianco ad errori ed omissioni. Si pensi, per esempio, all’illusione ottica della scacchiera di Adelson.
I quadri A e B hanno lo stesso identico colore, la stessa sfumatura di grigio. Nell’immagine a destra, sono stati collegati da un rettangolo del loro colore. È inutile, non c’è nessun trucco. Ciò che percepiamo viene pre-elaborato prima di essere cosciente.
Morale: solo col confronto e col dialogo possiamo comporre il quadro e conquistare, insieme, un po’ di verità.
Tutto è connesso
Quando ragiono su qualunque cosa, persona, vicenda, fenomeno etc. spesso dimentico che la realtà è unitaria ed è solo la mia mente che la “porziona”, suddividendola in cose, persone, vicende, fenomeni etc. Non c’è un modo univoco, unico per tutti di “porzionare” la realtà: dipende dalla mia cultura, dai miei scopi, da interferenze subite dal mio processo di elaborazione… In ogni caso, la mia attenzione è limitata e devo fare una selezione, non posso esaminare tutto contemporaneamente.
Ma, sotto sotto, tutto è connesso. In base al microscopio o al macroscopio che uso, distinguo legami causa-effetto su diversi piani dell’esistenza. Col microscopio, vedo le singole pennellate del pittore sul quadro, perdo la visione d’insieme ma magari riesco a capire il perché di certi effetti specifici. Col macroscopio, perdo la cognizione di causa sulle dinamiche interne di ciò che sto attenzionando ma guadagno comprensione sulle interazioni tra l’osservato ed ambiente circostante; passo dal funzionamento e dalle funzionalità alla funzione ed alla collocazione dell’osservato (vedi “la rivoluzione olonica“).
Molto bello, da questo punto di vista, il video breve “Cosmic eye” di Danail Obreschkow.
La realtà è più importante dell’idea
Posso esaminare una qualunque questione da vari punti di vista, non solo variandoli lungo l’asse micro – macro sul piano fisico, come mirabilmente proposto nel video di cui sopra, ma anche lungo l’asse concreto – astratto. Il piano più concreto è quello dalle percezioni dirette, dei miei sensi. Le informazioni sensoriali sono più certe, più vere del sentito dire perché sono basate su meccanismi biologici comuni a tutti gli esseri umani. In linea di massima, credo che chiunque al posto mio avrebbe le mie stesse percezioni, più o meno.
Astraendo, si passa al piano delle sensazioni, poi a quello delle emozioni ed intuizioni e così via fino al piano dell’immaginario e virtuale per finire a quello spirituale.
Quante volte mi è capitato, senza riflettere attentamente, di scambiare informazioni ottenute “per sentito dire” con dati sensoriali!
Sistemi e fenomeni ben di rado sono rilevanti su un unico piano di astrazione. Penso a tutti i casi simili a quello del telefono senza fili: in una comunicazione si verifica un equivoco, si cerca di risolvere, si disputano torti e ragioni e magari la causa era un difetto della linea. Nel film “Domino” viene presa una decisione drastica che costa il braccio ad una persona. Ma la decisione comunicata non è la decisione presa, ed un tragico errore sorge su un banale disturbo della linea durante una telefonata.
Ci sono indubbiamente intrecci causa-effetto tra un piano di astrazione e l’altro – non me ne devo mai dimenticare. Per esempio, una scelta maturata a seguito di un percorso di orientamento lavorativo è un fenomeno che si svolge nei miei piani più alti ma poi ha effetto anche sui miei spostamenti fisici perché mi porterà ad accettare un lavoro distante da casa.
Molto insegna la pila ISO/OSI che codifica gli strati attraverso i quali avvengono le telecomunicazioni.
Similmente ci insegna lo studio delle comunicazioni interne al nostro cervello, tra i tre strati formatisi nel corso dell’evoluzione biologica:
lo strato rettiliano, legato agli istinti di sopravvivenza;
quello limbico, legato agli stati emotivi;
la neocorteccia ove hanno sede le funzioni mentali superiori.
Come mi ha detto di recente la nutrizionista, se misuro il Ph della saliva prima e dopo aver ascoltato tutti i dettagli organolettici del limone amalfitano, sorprendentemente lo trovo cambiato: le sensazioni evocate agiscono per via ormonale e mi preparano a cibarmi della prelibatezza immaginata.
Ciò che accade nella comunicazione (“mettere in comune”) delle comunità non è dissimile. Se in una comunità le comunicazioni non sono fluide, facili ed ordinate, non posso certo aspettarmi una gran propensione alla collaborazione ed alla comunione.
Per esempio, le comunità cristiane, che ben dovrebbero conoscere il termine “comunione”, col venir meno della cosiddetta “società cristiana”, si trovano in una condizione che richiede un adattamento. Sono come popolazioni che si concentrano sulle cime di montagne divenute isole perché le vallate si sono riempite d’acqua. Servono imbarcazioni per passare sopra ai luoghi in cui un tempo si camminava. Soprattutto, servono ponti.
Dobbiamo costruire ponti. La tecnologia rende questo compito più facile, riducendo drasticamente limitazioni spazio-temporali ma questo serve solo per focalizzarsi sulle relazioni, il lavoro va comunque fatto e chiede fatica.
Effetto Matteo
Creare connessioni significa sia farsi prossimo sia fare rete. Le reti sono strutture che consentono lo sviluppo di processi complessi. Uno dei più interessanti e vistosi fenomeni delle reti sociali è il formarsi di nodi estremamente più connessi di altri. Penso ad internet e a nodi come Google o Amazon, capaci di reggere sfide globali come quelle a cui abbiamo partecipato durante la pandemia.
Come mai alcuni nodi diventano hub, centri di comunicazione, mentre altri restano nettamente meno frequentati?
Mi immagino che accada così. Un bel giorno, un nodo sorge. Cominciano a formarsi connessioni con qualche altro nodo. Ci sono anche altri nodi simili ma questo ha un piccolo vantaggio supplementare rispetto agli altri ed attira o facilita qualche interazione più degli altri. Avendo qualche connessione in più, essendo più raggiungibile, aumentano le interazioni che lo attraversano ed aumentano le probabilità che si formino ancora nuove connessioni. Come dire: “piove l’acqua sul bagnato”. Questa è la legge di potenza o di S. Matteo (vedi Mt 25,29).
Essa mi fa capire che certi fenomeni hanno una soglia, sotto la quale le interazioni di un nodo finiscono per spostarsi verso nodi simili ma più attrattivi, che crescono esponenzialmente. Nella rete, se ci sono nodi del genere, non c’è il secondo arrivato: o sono il primo o soccombo. Nessuno sente parlare di concorrenti di Amazon.
Nel mondo della finanza, questo ha portato all’esistenza dei cosiddetti unicorni: società con capitali ingenti, di proporzioni mai viste prima nella storia. Ma non serve andare nei mercati borsistici: anche nel piccolo tranquillo acquario della mia comunità locale riconosco la presenza di nodi centralizzanti e di soglie di accesso.
Non competo contro i super-nodi, lascio che gli eventi fluiscano. Piuttosto, li sfrutto “epidemiologicamente”, per contagio. Se penso di avere un’idea migliore, potrò metterla in circolo proprio sfruttando questi concentratori. Essi mi consentono di accedere a sotto-reti sociali per me altrimenti irraggiungibili, fornendomi, loro malgrado, nuove opportunità per propagare la mia proposta, se è realmente buona.
Crisi e catastrofi
La comunità è costantemente in divenire. Si evolve, cambia sotto i miei occhi. Trovo molto utile discernere ciò che posso controllare ed influenzare rispetto a ciò che devo considerare come un dato da acquisire o monitorare.
Particolarmente utile è poi riuscire a preconizzare i momenti critici, in cui il sistema subirà variazioni repentine per poi ri-stabilizzarsi raggiungendo una sorta di “nuova normalità”, piuttosto che esplodere o implodere.
Qualche volta, certi rapporti e certi gruppi della comunità sono come quadri appesi a rovescio.
È impossibile prevedere da che parte si muoverà il quadro per raggiungere il proprio equilibrio: ruoterà in senso orario o anti-orario?
Immagine generata da un’intelligenza artificiale: “quadro appeso ad un muro con un chiodo”
In ogni caso, si tratta di sorgenti di rischio / opportunità prossime ad avverarsi. Per prepararmi, cerco di immaginare qualche scenario, quelli più probabili, e di prevedere gli effetti nei vari casi. Nell’attesa dell’ineluttabile, cercherò senz’altro di influenzare il sistema come posso, in modo da indurlo a “cadere” nella direzione che ritengo più opportuna.
Inoltre, cercherò di agire come se i casi più probabili fossero contemporaneamente veri sebbene uno solo verrà “selezionato” dalla realtà. Per esempio, se devo andare a comprare il pane ed il tempo è incerto, ipotizzo sia lo scenario: “pioverà” sia lo scenario: “non pioverà”. Decido di portare con me l’ombrello perché se è vero che pioverà allora l’ombrello mi sarà utile e se è vero che non pioverà, l’ombrello non sarà comunque un grande impiccio.
Sono persuaso che prepararsi ai momenti critici prevenga conflitti. Correre ai ripari a posteriori, spinge alle chiacchiere, alle critiche, al senno di poi etc. Non ho quindi timore a proporre in comunità momenti di discernimento e sessioni di pianificazione, anche se non vengono molto spontanei…
Il tempo del cuore
Nel momento della crisi, un fitto intreccio di legami causali si manifestano compensandosi, contrastandosi e potenziandosi vorticosamente. Come orientarsi se ci si trova presi dentro?
Non sono a scuola con i miei figli ma, in qualche modo, devo prendere decisioni inerenti il loro stare a scuola. Devo quindi conoscere la loro classe ed i loro insegnanti. Capitano situazioni complesse, in cui non è facile capire se l’insegnante sia troppo rigida o gli studenti troppo bravi nel raccontare i fatti. Per comprendere, si rende necessario interagire, rischiando di toccare una delle corde sensibili di un intrico di rapporti. L’osservatore influenza l’osservato. A voler calcolare tutte le possibilità, tutti gli scenari possibili, non si passerebbe mai all’azione.
Sento parlare, in più ampia prospettiva, di un mondo sempre più VUCA (Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity), come se vivessi stabilmente nell’instabilità, in un crescendo di stimoli ed interazioni mediatiche e sociali.
Per definizione, il nostro comprendonio è insufficiente: non ha tempo né spazio a disposizione per accogliere in sé tutte le informazioni, metabolizzarle e secernere decisioni ottimali. Non resta che affidarci all’intuito, armati di coraggio.
Dopo l’era della forza “muscolare” e dopo quella della supremazia intellettiva, mi trovo nel tempo del cuore. Ora sono vincente se ho coraggio, se riesco a lanciare il cuore oltre il confine angusto del mio comprendonio, dove si trova l’altro.
Quella della limitata capacità predittiva dei modelli deterministici è ormai una lezione ben consolidata persino dalla scienza. Tanto per fare un esempio, ricordo l’episodio delle previsioni del tempo calcolate col computer da Edward Lorenz, quello dell’effetto farfalla. Con la mente vado agli Anni ’60, un decennio prima della mia nascita. I meteorologi dell’epoca disponevano già di misure di pressione, umidità, velocità del vento, temperatura e così via raccolte tramite migliaia tra stazioni e palloni sonda. Un diluvio di dati umanamente intrattabile. Ma cominciavano ad essere disponibili i computer.
Il modello di Lorenz, basato su una dozzina di variabili, richiedeva ore ed ore di calcolo, durante il quale era possibile esaminare la computazione in corso. Ad un certo momento, Lorenz si accorse che la computazione variava sorprendentemente, bruscamente. Bastò variare l’ultima cifra decimale, un nonnulla dovuto all’approssimazione dello strumento di calcolo, per ottenere previsioni opposte: dal bel tempo alla bufera.
Una leggerissima differenza nel trattare le approssimazioni da parte di due sistemi di calcolo utilizzati, si è manifestata in previsioni del tempo diametralmente opposte a parità di procedura di calcolo!!! Questa è la tipica situazione caotica.
Non è difficile costruire architetture caotiche: si pensi al pendolo doppio. Ma mi affascina in particolare il modello dei boids.
Si tratta di un modello utilissimo nelle riflessioni riguardanti la comunità. Poche semplici regole descrivono omogeneamente il comportamento di tutti gli individui. Questo basta per restituirci lo schema complessivo del comportamento di un super-organismo, per nulla banale, come il movimento di uno sciame di insetti, di uno stormo di uccelli, di un branco di bufali o di pesci, della gente che gira a piedi in un centro commerciale, dei pensieri che migrano nelle nostre inquietudini etc. In rete si trovano numerosi simulatori dei boids con i quali divertirsi. Uno di questi è disponibile qui.
La morale è che le situazioni caotiche sono quelle così sensibili alle condizioni di partenza che basta uno sguardo di troppo per condizionare lo svolgersi degli eventi scatenati, sfuggendo ad ogni mia previsione.
Intermezzo: i frattali – il caos e la bellezza
La matematica è capace di costruire sistemi caotici. Il costrutto matematico caotico per eccellenza è il frattale. Ne posso concepire uno molto semplice usando l’iniziale del mio nome: N, che disegno tracciando tante N messe in fila, ciascuna delle quali è tracciata scrivendo la lettera N… e così via. Come si intuisce, se potessi procedere all’infinito con infinita precisione nel tracciare N, avrei fatto un disegno che, quasi magicamente, non cambia che io usi delle lenti di ingrandimento oppure no. Ciò che vedo si somiglia, a qualunque scala.
In Natura esistono numerose strutture paesaggistiche (es. le linee costiere) o viventi che sono auto-somiglianti. Un esempio per tutti: il cavolo romanesco.
Quando lo guardo, non posso non restare catturato dalla sua incredibile struttura geometrica.
Passando dalla “N” e dal cavolo ad una curva matematica definita tramite equazioni, si ottengono immagini infinitamente articolate, che, come accadeva all’iniziale del mio nome, si ritrovano a differenti scale di ingrandimento. Talora le figure ottenute hanno forme che ricordano esseri viventi.
Qui di seguito ecco un viaggio dentro un frattale di Mandelbrot.
Viaggio dentro un oggetto matematico: un frattale di Mandelbrot, un costrutto infinito con dimensione frazionaria, basato sul concetto di auto-somiglianza.
Tutto questo per dire che, in certi casi…
imprevedibile è bello!
Il tutto funziona grazie all’apporto di ogni sua parte
A volte non resta che accettare l’impossibilità di mantenersi osservatori neutrali ed il fatto che, quindi, qualunque sarà l’azione che scelgo di intraprendere, ci saranno effetti prevedibili ed effetti non prevedibili. In ogni caso, non posso controllare da solo tutti gli aspetti ed ho necessità di comporre il mio sguardo ed il mio agire con quelli degli altri.
Accettare la complessità senza buttare via nulla significa anche rinunciare ad un orchestratore, a qualcuno che imponga dall’alto indicazioni sul da farsi. Il percorso si costruisce insieme, cammin facendo.
Per non perdere la bussola, c’è un modo. Di nuovo il paradigma della complessità offre spunti utilissimi. La questione è cruciale quindi mi soffermo snocciolando tre argomentazioni analoghe mutuate da domini del sapere disparati.
La prima lezione ci viene dalla fisica: la sincronizzazione dei metronomi. È il tavolo che, oscillando sotto la loro spinta, li induce a sincronizzarsi.
La seconda è quella della guerriglia dei nativi americani dell’epoca di Toro Seduto. Gruppi animati da un unico credo, profondi conoscitori del territorio, assalivano e scomparivano come fantasmi senza neppure bisogno di coordinarsi.
La terza lezione è quella delle Lettere di S. Paolo (quelle autentiche, non le deutero-paoline, vedi per esempio 1 Cor 12), in cui è forte il richiamo alla figura della chiesa come corpo di Cristo (senza specificare che Cristo ne è il capo come fanno invece le lettere deutero-paoline). Paolo punta il dito sull’unitarietà nella differenziazione, sull’armonia delle parti che concorrono al tutto.
Fare rete
Creare connessioni nel tempo del cuore… Come?
Le connessioni buone si creano come spiegato ai versetti da 25 a 37 del decimo capitolo del Vangelo secondo Luca: servono compassione, competenza e collaborazione. Sfruttando la rete stessa, più che lavorare per mantenermi connesso con Tizio, Caio e Sempronio separatamente, ottengo molto di più annettendoli tutti e tre alla rete che ho già. Il prezzo è quello di perdere un pochino il controllo e di lasciare che la rete si contamini e si evolva. L’importante è che il faro dell’unitarietà verso il quale guardare sia uno solo per tutti i membri della rete.
Le connessioni tossiche si creano in tanti modi, per esempio quando si persegue il quieto vivere. Sotto la coltre del silenzio, del non detto, si cela il seme della rovina, pronto ad infestare appena le condizioni lo consentono. Prima, sembra tutto sotto controllo. Dopo, si capisce che era solo un’illusione. Interessante il video seguente.
Provo a ragionare sulla dinamica esplosiva del quieto vivere usando il concetto fondamentale della cibernetica: quello degli anelli di retroazione.
Immagino di essere il timoniere che conduce la barca nel flusso delle interazioni interpersonali. Sono concentrato sul correggere la rotta in base alla direzione desiderata ed a quella verso la quale, di volta in volta, la corrente mi spinge. Ad un certo momento, incappo in un rapporto interpersonale che decido di gestire con l’approccio del quieto vivere. Il comportamento di questo mio amico mi infastidisce ma tollero, aspettandomi comprensione e autonomo adattamento da parte sua. Lui invece si sente autorizzato a perseguire nel proprio comportamento. Si forma un vortice nella corrente, la mia imbarcazione si carica di energia cinetica, accelerando e vorticando su se stessa, finché… Bum! La relazione si incrina. Insomma, il quieto vivere è una strategia loose-loose!
Al contrario, più tengo saldo il legame con una persona molto differente da me e più ho l’opportunità di vivere un’intensa dinamica di crescita. La contraddizione (negare ciò che si è divenendo ciò che non si è) è vitalità! Il simbolo yin-yang che, non a caso, tanto affascinava il fisico quantistico Niels Bohr, spiega benissimo il concetto.
Ecco dunque un altro importante spunto operativo per aver cura delle comunità: laddove colgo una contraddizione, ho trovato un’opportunità.
L’ologramma della comunità
Cerco di comprendere gli ologrammi, affascinanti rappresentazioni tridimensionali, ma non è facile esaminare il loro funzionamento interno perché è basato su diffrazione ottica ed interferenza tra onde luminose.
Tuttavia il comportamento tipico degli ologrammi ha strette analogie con fenomeni a me molto familiari, come, addirittura, la mia stessa mente. Lo colgo da episodi di vita quotidiana. Quando il sonno mi assale, i pensieri sbiadiscono, non spariscono uno per volta. Quando il sole tramonta, forme e colori diventano gradualmente confusi, non smetto di vedere un elemento paesaggistico alla volta. A mano a mano che l’informazione si riduce, nella mia mente la rappresentazione resta completa ma i dettagli sono sempre meno nitidi, più confusi.
L’analogia tra la mente e l’ologramma può essere fatta in termini di come la conoscenza e le informazioni sono distribuite e organizzate all’interno di essa. Ogni parte della mente contiene informazioni sull’intero sistema mentale, e ogni porzione di esso può essere utilizzata per ricostruire l’immagine completa.
Inoltre, alcuni ricercatori hanno proposto che la mente possa essere descritta come una sorta di codice olografico, in cui l’informazione è distribuita non limitatamente ad un punto specifico ma distribuita su tutto il sistema mentale (si dice “nonale”, contrario di “locale”).
Questa analogia è stata utilizzata per descrivere alcune proprietà della mente, come la capacità di ricordare informazioni anche se solo una piccola parte dell’informazione originale è disponibile.
La metafora vale anche tra ologramma e comunità, in termini di come l’informazione e la conoscenza sono distribuite all’interno di esse. In una comunità, la conoscenza e le informazioni possono essere condivise tra i membri, e ogni individuo può contribuire a creare una comprensione più completa della comunità stessa. Analogamente, in un ologramma, ogni parte contiene informazioni sull’intera immagine, e ogni porzione di esso può essere utilizzata per ricostruire l’immagine originale.
Inoltre, in una comunità, ogni membro ha il proprio ruolo e contribuisce alla sua funzionalità, e una comunità non può esistere senza la partecipazione di tutti i suoi membri. Allo stesso modo, in un ologramma, ogni parte è necessaria per la sua creazione e funzionamento.
Come per la mente, noto che l’informazione è distribuita in modo non locale, ovvero non limitata ad un punto specifico ma distribuita su tutta la comunità.
Complessivamente, la comunità è in grado di esprimere proprietà emergenti, non riducibili alla somma dei contributi dei singoli. Eccone qualche esempio.
Cooperazione: raggiungere obiettivi comuni, come lo sviluppo economico, che non sarebbero stati raggiunti da ciascun individuo agendo da solo.
Cultura: sviluppare una propria cultura, proprie tradizioni, valori e norme sociali, che non sarebbero stati creati dai singoli individui.
Solidarietà: senso di sostanziale convergenza o identità di interessi, idee, sentimenti tra i membri della comunità, che può portare ad azioni di aiuto reciproco in caso di bisogno.
Comunicazione: canali e reti utilizzati per scambiare informazioni e coordinare le azioni.
Identità: immagine di sé distinta dalle altre comunità, basata su un insieme di caratteristiche, quali la cultura, la storia, i valori, le tradizioni.
Intelligenza collettiva: capacità di risolvere problemi, prendere decisioni, generare conoscenza e innovazione, grazie alla interazione e alla cooperazione dei propri membri.
Amore reciproco: Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri. (Gv 13,34-35)
Soluzioni integrali
C’è un valore rispetto al quale cerco di ispirare ogni azione e progetto che impatta sulla vita comunitaria: la sostenibilità, intesa come capacità di progettare ed attuare consapevolmente modelli di sviluppo economico-lavorativo e sociale-relazionale in equilibrio nello spazio e nel tempo, con vantaggio complessivo.
Ora, considero che il mondo in cui vivo è piccolo (small word), tanto che nella rete sociale globale è stato stimato che la “distanza sociale” tra un cittadino italiano qualsiasi, me compreso, e il presidente degli USA è mediamente di sei strette di mano.
La conclusione di questo percorso partito dalla scacchiera di Adelson è che le soluzioni sostenibili, quando si vuole far crescere una comunità, sono sempre integrali: non si può lasciare indietro nessuno. La comunità va considerata nella sua interezza.
Certo, è una sfida grande quella di ripensare la comunità di cui faccio parte cercando di ricomprendervi tutto e tutti. La tentazione di semplificare e selezionare è forte. Ma non è necessario che io capisca e controlli tutto e tutti, solo che comprenda, che prenda dentro, che consideri la comunità nel complesso, cioè, come suggerisce l’etimologia, nel suo inestricabile intreccio, preparandomi anche ad accettare novità impreviste.
Della serie: “Dio c’è ma non sei tu. Dunque, rilassati!”.
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