• Spunti per comunità dal paradigma della complessità

    Spunti per comunità dal paradigma della complessità

    [Tempo di lettura: 17 minuti]

    Breve rassegna di concetti con qualche umile spunto pratico per la vita in comunità.

    Il paradigma della complessità è un fenomeno culturale dalle proporzioni enormi, capace di comprendere la cultura scientifica tanto quanto quella umanistica.

    È capace di spiegare bene molti aspetti del tempo che viviamo e ci può dare utili consigli pratici per affrontare la complessa vita delle comunità.

    La verità è distribuita

    Per capirsi in quanto segue, è fondamentale un presupposto. Chi non è abituato alle stranezze del paradigma della complessità, che sposta il focus dagli individui alle relazioni, deve fare uno sforzo di apertura mentale. Cominciamo con lo smontare il concetto di verità.

    Da sempre, i racconti notturni attorno al fuoco, finite le attività pratiche della giornata, sono momento di socializzazione e di condivisione dei valori culturali. È il luogo in cui la comunità costruisce le proprie grandi verità, comprese quelle narrazioni ultraterrene che danno speranza nei momenti più bui della persona ed unità d’intento nei momenti bui della comunità.

    La verità è prodotto di paziente lavoro di accostamento di frammenti. Non è proprio come comporre un puzzle perché non c’è una precisa tassellazione. I frammenti si sovrappongono, s’incastrano, contengono impurità, sono danneggiati. Penso ai numerosi gialli d’investigazione che ho letto ed alle indagini giornalistiche che ho ascoltato. Penso alle testimonianze ed alle prove raccolte sulla scena del delitto.

    I frammenti sono le informazioni e le conoscenze di cui ciascuno è depositario. Nessun frammento è di per sé la verità su un certo fenomeno, su una certa vicenda.

    Più un’informazione o conoscenza è condivisa e più la consideriamo vera.

    Siamo fatti così. Punto. Alla base della nostra capacità di conoscere ci sono dei meccanismi che inevitabilmente scoprono il fianco ad errori ed omissioni. Si pensi, per esempio, all’illusione ottica della scacchiera di Adelson.

    I quadri A e B hanno lo stesso identico colore, la stessa sfumatura di grigio. Nell’immagine a destra, sono stati collegati da un rettangolo del loro colore. È inutile, non c’è nessun trucco. Ciò che percepiamo viene pre-elaborato prima di essere cosciente.

    Morale: solo col confronto e col dialogo possiamo comporre il quadro e conquistare, insieme, un po’ di verità.

    Tutto è connesso

    Quando ragiono su qualunque cosa, persona, vicenda, fenomeno etc. spesso dimentico che la realtà è unitaria ed è solo la mia mente che la “porziona”, suddividendola in cose, persone, vicende, fenomeni etc. Non c’è un modo univoco, unico per tutti di “porzionare” la realtà: dipende dalla mia cultura, dai miei scopi, da interferenze subite dal mio processo di elaborazione… In ogni caso, la mia attenzione è limitata e devo fare una selezione, non posso esaminare tutto contemporaneamente.

    Ma, sotto sotto, tutto è connesso. In base al microscopio o al macroscopio che uso, distinguo legami causa-effetto su diversi piani dell’esistenza. Col microscopio, vedo le singole pennellate del pittore sul quadro, perdo la visione d’insieme ma magari riesco a capire il perché di certi effetti specifici. Col macroscopio, perdo la cognizione di causa sulle dinamiche interne di ciò che sto attenzionando ma guadagno comprensione sulle interazioni tra l’osservato ed ambiente circostante; passo dal funzionamento e dalle funzionalità alla funzione ed alla collocazione dell’osservato (vedi “la rivoluzione olonica“).

    Molto bello, da questo punto di vista, il video breve “Cosmic eye” di Danail Obreschkow.

    La realtà è più importante dell’idea

    Posso esaminare una qualunque questione da vari punti di vista, non solo variandoli lungo l’asse micro – macro sul piano fisico, come mirabilmente proposto nel video di cui sopra, ma anche lungo l’asse concreto – astratto. Il piano più concreto è quello dalle percezioni dirette, dei miei sensi. Le informazioni sensoriali sono più certe, più vere del sentito dire perché sono basate su meccanismi biologici comuni a tutti gli esseri umani. In linea di massima, credo che chiunque al posto mio avrebbe le mie stesse percezioni, più o meno.

    Astraendo, si passa al piano delle sensazioni, poi a quello delle emozioni ed intuizioni e così via fino al piano dell’immaginario e virtuale per finire a quello spirituale.

    Quante volte mi è capitato, senza riflettere attentamente, di scambiare informazioni ottenute “per sentito dire” con dati sensoriali!

    Sistemi e fenomeni ben di rado sono rilevanti su un unico piano di astrazione. Penso a tutti i casi simili a quello del telefono senza fili: in una comunicazione si verifica un equivoco, si cerca di risolvere, si disputano torti e ragioni e magari la causa era un difetto della linea. Nel film “Domino” viene presa una decisione drastica che costa il braccio ad una persona. Ma la decisione comunicata non è la decisione presa, ed un tragico errore sorge su un banale disturbo della linea durante una telefonata.

    Ci sono indubbiamente intrecci causa-effetto tra un piano di astrazione e l’altro – non me ne devo mai dimenticare. Per esempio, una scelta maturata a seguito di un percorso di orientamento lavorativo è un fenomeno che si svolge nei miei piani più alti ma poi ha effetto anche sui miei spostamenti fisici perché mi porterà ad accettare un lavoro distante da casa.

    Molto insegna la pila ISO/OSI che codifica gli strati attraverso i quali avvengono le telecomunicazioni.

    Similmente ci insegna lo studio delle comunicazioni interne al nostro cervello, tra i tre strati formatisi nel corso dell’evoluzione biologica:

    • lo strato rettiliano, legato agli istinti di sopravvivenza;
    • quello limbico, legato agli stati emotivi;
    • la neocorteccia ove hanno sede le funzioni mentali superiori.

    Come mi ha detto di recente la nutrizionista, se misuro il Ph della saliva prima e dopo aver ascoltato tutti i dettagli organolettici del limone amalfitano, sorprendentemente lo trovo cambiato: le sensazioni evocate agiscono per via ormonale e mi preparano a cibarmi della prelibatezza immaginata.

    Ciò che accade nella comunicazione (“mettere in comune”) delle comunità non è dissimile. Se in una comunità le comunicazioni non sono fluide, facili ed ordinate, non posso certo aspettarmi una gran propensione alla collaborazione ed alla comunione.

    Per esempio, le comunità cristiane, che ben dovrebbero conoscere il termine “comunione”, col venir meno della cosiddetta “società cristiana”, si trovano in una condizione che richiede un adattamento. Sono come popolazioni che si concentrano sulle cime di montagne divenute isole perché le vallate si sono riempite d’acqua. Servono imbarcazioni per passare sopra ai luoghi in cui un tempo si camminava. Soprattutto, servono ponti.

    Dobbiamo costruire ponti. La tecnologia rende questo compito più facile, riducendo drasticamente limitazioni spazio-temporali ma questo serve solo per focalizzarsi sulle relazioni, il lavoro va comunque fatto e chiede fatica.

    Effetto Matteo

    Creare connessioni significa sia farsi prossimo sia fare rete. Le reti sono strutture che consentono lo sviluppo di processi complessi. Uno dei più interessanti e vistosi fenomeni delle reti sociali è il formarsi di nodi estremamente più connessi di altri. Penso ad internet e a nodi come Google o Amazon, capaci di reggere sfide globali come quelle a cui abbiamo partecipato durante la pandemia.

    Come mai alcuni nodi diventano hub, centri di comunicazione, mentre altri restano nettamente meno frequentati?

    Mi immagino che accada così. Un bel giorno, un nodo sorge. Cominciano a formarsi connessioni con qualche altro nodo. Ci sono anche altri nodi simili ma questo ha un piccolo vantaggio supplementare rispetto agli altri ed attira o facilita qualche interazione più degli altri. Avendo qualche connessione in più, essendo più raggiungibile, aumentano le interazioni che lo attraversano ed aumentano le probabilità che si formino ancora nuove connessioni. Come dire: “piove l’acqua sul bagnato”. Questa è la legge di potenza o di S. Matteo (vedi Mt 25,29).

    Essa mi fa capire che certi fenomeni hanno una soglia, sotto la quale le interazioni di un nodo finiscono per spostarsi verso nodi simili ma più attrattivi, che crescono esponenzialmente. Nella rete, se ci sono nodi del genere, non c’è il secondo arrivato: o sono il primo o soccombo. Nessuno sente parlare di concorrenti di Amazon.

    Nel mondo della finanza, questo ha portato all’esistenza dei cosiddetti unicorni: società con capitali ingenti, di proporzioni mai viste prima nella storia. Ma non serve andare nei mercati borsistici: anche nel piccolo tranquillo acquario della mia comunità locale riconosco la presenza di nodi centralizzanti e di soglie di accesso.

    Non competo contro i super-nodi, lascio che gli eventi fluiscano. Piuttosto, li sfrutto “epidemiologicamente”, per contagio. Se penso di avere un’idea migliore, potrò metterla in circolo proprio sfruttando questi concentratori. Essi mi consentono di accedere a sotto-reti sociali per me altrimenti irraggiungibili, fornendomi, loro malgrado, nuove opportunità per propagare la mia proposta, se è realmente buona.

    Crisi e catastrofi

    La comunità è costantemente in divenire. Si evolve, cambia sotto i miei occhi. Trovo molto utile discernere ciò che posso controllare ed influenzare rispetto a ciò che devo considerare come un dato da acquisire o monitorare.

    Particolarmente utile è poi riuscire a preconizzare i momenti critici, in cui il sistema subirà variazioni repentine per poi ri-stabilizzarsi raggiungendo una sorta di “nuova normalità”, piuttosto che esplodere o implodere.

    Qualche volta, certi rapporti e certi gruppi della comunità sono come quadri appesi a rovescio.

    È impossibile prevedere da che parte si muoverà il quadro per raggiungere il proprio equilibrio: ruoterà in senso orario o anti-orario?

    Immagine generata da un’intelligenza artificiale: “quadro appeso ad un muro con un chiodo”

    In ogni caso, si tratta di sorgenti di rischio / opportunità prossime ad avverarsi. Per prepararmi, cerco di immaginare qualche scenario, quelli più probabili, e di prevedere gli effetti nei vari casi. Nell’attesa dell’ineluttabile, cercherò senz’altro di influenzare il sistema come posso, in modo da indurlo a “cadere” nella direzione che ritengo più opportuna.

    Inoltre, cercherò di agire come se i casi più probabili fossero contemporaneamente veri sebbene uno solo verrà “selezionato” dalla realtà. Per esempio, se devo andare a comprare il pane ed il tempo è incerto, ipotizzo sia lo scenario: “pioverà” sia lo scenario: “non pioverà”. Decido di portare con me l’ombrello perché se è vero che pioverà allora l’ombrello mi sarà utile e se è vero che non pioverà, l’ombrello non sarà comunque un grande impiccio.

    Sono persuaso che prepararsi ai momenti critici prevenga conflitti. Correre ai ripari a posteriori, spinge alle chiacchiere, alle critiche, al senno di poi etc. Non ho quindi timore a proporre in comunità momenti di discernimento e sessioni di pianificazione, anche se non vengono molto spontanei…

    Il tempo del cuore

    Nel momento della crisi, un fitto intreccio di legami causali si manifestano compensandosi, contrastandosi e potenziandosi vorticosamente. Come orientarsi se ci si trova presi dentro?

    Non sono a scuola con i miei figli ma, in qualche modo, devo prendere decisioni inerenti il loro stare a scuola. Devo quindi conoscere la loro classe ed i loro insegnanti. Capitano situazioni complesse, in cui non è facile capire se l’insegnante sia troppo rigida o gli studenti troppo bravi nel raccontare i fatti. Per comprendere, si rende necessario interagire, rischiando di toccare una delle corde sensibili di un intrico di rapporti. L’osservatore influenza l’osservato. A voler calcolare tutte le possibilità, tutti gli scenari possibili, non si passerebbe mai all’azione.

    Sento parlare, in più ampia prospettiva, di un mondo sempre più VUCA (Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity), come se vivessi stabilmente nell’instabilità, in un crescendo di stimoli ed interazioni mediatiche e sociali.

    Per definizione, il nostro comprendonio è insufficiente: non ha tempo né spazio a disposizione per accogliere in sé tutte le informazioni, metabolizzarle e secernere decisioni ottimali. Non resta che affidarci all’intuito, armati di coraggio.

    Dopo l’era della forza “muscolare” e dopo quella della supremazia intellettiva, mi trovo nel tempo del cuore. Ora sono vincente se ho coraggio, se riesco a lanciare il cuore oltre il confine angusto del mio comprendonio, dove si trova l’altro.

    Quella della limitata capacità predittiva dei modelli deterministici è ormai una lezione ben consolidata persino dalla scienza. Tanto per fare un esempio, ricordo l’episodio delle previsioni del tempo calcolate col computer da Edward Lorenz, quello dell’effetto farfalla. Con la mente vado agli Anni ’60, un decennio prima della mia nascita. I meteorologi dell’epoca disponevano già di misure di pressione, umidità, velocità del vento, temperatura e così via raccolte tramite migliaia tra stazioni e palloni sonda. Un diluvio di dati umanamente intrattabile. Ma cominciavano ad essere disponibili i computer.

    Il modello di Lorenz, basato su una dozzina di variabili, richiedeva ore ed ore di calcolo, durante il quale era possibile esaminare la computazione in corso. Ad un certo momento, Lorenz si accorse che la computazione variava sorprendentemente, bruscamente. Bastò variare l’ultima cifra decimale, un nonnulla dovuto all’approssimazione dello strumento di calcolo, per ottenere previsioni opposte: dal bel tempo alla bufera.

    Una leggerissima differenza nel trattare le approssimazioni da parte di due sistemi di calcolo utilizzati, si è manifestata in previsioni del tempo diametralmente opposte a parità di procedura di calcolo!!! Questa è la tipica situazione caotica.

    Non è difficile costruire architetture caotiche: si pensi al pendolo doppio. Ma mi affascina in particolare il modello dei boids.

    Si tratta di un modello utilissimo nelle riflessioni riguardanti la comunità. Poche semplici regole descrivono omogeneamente il comportamento di tutti gli individui. Questo basta per restituirci lo schema complessivo del comportamento di un super-organismo, per nulla banale, come il movimento di uno sciame di insetti, di uno stormo di uccelli, di un branco di bufali o di pesci, della gente che gira a piedi in un centro commerciale, dei pensieri che migrano nelle nostre inquietudini etc. In rete si trovano numerosi simulatori dei boids con i quali divertirsi. Uno di questi è disponibile qui.

    La morale è che le situazioni caotiche sono quelle così sensibili alle condizioni di partenza che basta uno sguardo di troppo per condizionare lo svolgersi degli eventi scatenati, sfuggendo ad ogni mia previsione.

    Intermezzo: i frattali – il caos e la bellezza

    La matematica è capace di costruire sistemi caotici. Il costrutto matematico caotico per eccellenza è il frattale. Ne posso concepire uno molto semplice usando l’iniziale del mio nome: N, che disegno tracciando tante N messe in fila, ciascuna delle quali è tracciata scrivendo la lettera N… e così via. Come si intuisce, se potessi procedere all’infinito con infinita precisione nel tracciare N, avrei fatto un disegno che, quasi magicamente, non cambia che io usi delle lenti di ingrandimento oppure no. Ciò che vedo si somiglia, a qualunque scala.

    In Natura esistono numerose strutture paesaggistiche (es. le linee costiere) o viventi che sono auto-somiglianti. Un esempio per tutti: il cavolo romanesco.

    Quando lo guardo, non posso non restare catturato dalla sua incredibile struttura geometrica.

    Passando dalla “N” e dal cavolo ad una curva matematica definita tramite equazioni, si ottengono immagini infinitamente articolate, che, come accadeva all’iniziale del mio nome, si ritrovano a differenti scale di ingrandimento. Talora le figure ottenute hanno forme che ricordano esseri viventi.

    Qui di seguito ecco un viaggio dentro un frattale di Mandelbrot.

    Viaggio dentro un oggetto matematico: un frattale di Mandelbrot, un costrutto infinito con dimensione frazionaria, basato sul concetto di auto-somiglianza.

    Tutto questo per dire che, in certi casi…

    imprevedibile è bello!

    Il tutto funziona grazie all’apporto di ogni sua parte

    A volte non resta che accettare l’impossibilità di mantenersi osservatori neutrali ed il fatto che, quindi, qualunque sarà l’azione che scelgo di intraprendere, ci saranno effetti prevedibili ed effetti non prevedibili. In ogni caso, non posso controllare da solo tutti gli aspetti ed ho necessità di comporre il mio sguardo ed il mio agire con quelli degli altri.

    Accettare la complessità senza buttare via nulla significa anche rinunciare ad un orchestratore, a qualcuno che imponga dall’alto indicazioni sul da farsi. Il percorso si costruisce insieme, cammin facendo.

    Per non perdere la bussola, c’è un modo. Di nuovo il paradigma della complessità offre spunti utilissimi. La questione è cruciale quindi mi soffermo snocciolando tre argomentazioni analoghe mutuate da domini del sapere disparati.

    La prima lezione ci viene dalla fisica: la sincronizzazione dei metronomi. È il tavolo che, oscillando sotto la loro spinta, li induce a sincronizzarsi.

    La seconda è quella della guerriglia dei nativi americani dell’epoca di Toro Seduto. Gruppi animati da un unico credo, profondi conoscitori del territorio, assalivano e scomparivano come fantasmi senza neppure bisogno di coordinarsi.

    La terza lezione è quella delle Lettere di S. Paolo (quelle autentiche, non le deutero-paoline, vedi per esempio 1 Cor 12), in cui è forte il richiamo alla figura della chiesa come corpo di Cristo (senza specificare che Cristo ne è il capo come fanno invece le lettere deutero-paoline). Paolo punta il dito sull’unitarietà nella differenziazione, sull’armonia delle parti che concorrono al tutto.

    Fare rete

    Creare connessioni nel tempo del cuore… Come?

    Le connessioni buone si creano come spiegato ai versetti da 25 a 37 del decimo capitolo del Vangelo secondo Luca: servono compassione, competenza e collaborazione. Sfruttando la rete stessa, più che lavorare per mantenermi connesso con Tizio, Caio e Sempronio separatamente, ottengo molto di più annettendoli tutti e tre alla rete che ho già. Il prezzo è quello di perdere un pochino il controllo e di lasciare che la rete si contamini e si evolva. L’importante è che il faro dell’unitarietà verso il quale guardare sia uno solo per tutti i membri della rete.

    Le connessioni tossiche si creano in tanti modi, per esempio quando si persegue il quieto vivere. Sotto la coltre del silenzio, del non detto, si cela il seme della rovina, pronto ad infestare appena le condizioni lo consentono. Prima, sembra tutto sotto controllo. Dopo, si capisce che era solo un’illusione. Interessante il video seguente.

    Provo a ragionare sulla dinamica esplosiva del quieto vivere usando il concetto fondamentale della cibernetica: quello degli anelli di retroazione.

    Immagino di essere il timoniere che conduce la barca nel flusso delle interazioni interpersonali. Sono concentrato sul correggere la rotta in base alla direzione desiderata ed a quella verso la quale, di volta in volta, la corrente mi spinge. Ad un certo momento, incappo in un rapporto interpersonale che decido di gestire con l’approccio del quieto vivere. Il comportamento di questo mio amico mi infastidisce ma tollero, aspettandomi comprensione e autonomo adattamento da parte sua. Lui invece si sente autorizzato a perseguire nel proprio comportamento. Si forma un vortice nella corrente, la mia imbarcazione si carica di energia cinetica, accelerando e vorticando su se stessa, finché… Bum! La relazione si incrina. Insomma, il quieto vivere è una strategia loose-loose!

    Al contrario, più tengo saldo il legame con una persona molto differente da me e più ho l’opportunità di vivere un’intensa dinamica di crescita. La contraddizione (negare ciò che si è divenendo ciò che non si è) è vitalità! Il simbolo yin-yang che, non a caso, tanto affascinava il fisico quantistico Niels Bohr, spiega benissimo il concetto.

    Ecco dunque un altro importante spunto operativo per aver cura delle comunità: laddove colgo una contraddizione, ho trovato un’opportunità.

    L’ologramma della comunità

    Cerco di comprendere gli ologrammi, affascinanti rappresentazioni tridimensionali, ma non è facile esaminare il loro funzionamento interno perché è basato su diffrazione ottica ed interferenza tra onde luminose.

    Tuttavia il comportamento tipico degli ologrammi ha strette analogie con fenomeni a me molto familiari, come, addirittura, la mia stessa mente. Lo colgo da episodi di vita quotidiana. Quando il sonno mi assale, i pensieri sbiadiscono, non spariscono uno per volta. Quando il sole tramonta, forme e colori diventano gradualmente confusi, non smetto di vedere un elemento paesaggistico alla volta. A mano a mano che l’informazione si riduce, nella mia mente la rappresentazione resta completa ma i dettagli sono sempre meno nitidi, più confusi.

    L’analogia tra la mente e l’ologramma può essere fatta in termini di come la conoscenza e le informazioni sono distribuite e organizzate all’interno di essa. Ogni parte della mente contiene informazioni sull’intero sistema mentale, e ogni porzione di esso può essere utilizzata per ricostruire l’immagine completa.

    Inoltre, alcuni ricercatori hanno proposto che la mente possa essere descritta come una sorta di codice olografico, in cui l’informazione è distribuita non limitatamente ad un punto specifico ma distribuita su tutto il sistema mentale (si dice “nonale”, contrario di “locale”).

    Questa analogia è stata utilizzata per descrivere alcune proprietà della mente, come la capacità di ricordare informazioni anche se solo una piccola parte dell’informazione originale è disponibile.

    La metafora vale anche tra ologramma e comunità, in termini di come l’informazione e la conoscenza sono distribuite all’interno di esse. In una comunità, la conoscenza e le informazioni possono essere condivise tra i membri, e ogni individuo può contribuire a creare una comprensione più completa della comunità stessa. Analogamente, in un ologramma, ogni parte contiene informazioni sull’intera immagine, e ogni porzione di esso può essere utilizzata per ricostruire l’immagine originale.

    Inoltre, in una comunità, ogni membro ha il proprio ruolo e contribuisce alla sua funzionalità, e una comunità non può esistere senza la partecipazione di tutti i suoi membri. Allo stesso modo, in un ologramma, ogni parte è necessaria per la sua creazione e funzionamento.

    Come per la mente, noto che l’informazione è distribuita in modo non locale, ovvero non limitata ad un punto specifico ma distribuita su tutta la comunità.

    Complessivamente, la comunità è in grado di esprimere proprietà emergenti, non riducibili alla somma dei contributi dei singoli. Eccone qualche esempio.

    1. Cooperazione: raggiungere obiettivi comuni, come lo sviluppo economico, che non sarebbero stati raggiunti da ciascun individuo agendo da solo.
    2. Cultura: sviluppare una propria cultura, proprie tradizioni, valori e norme sociali, che non sarebbero stati creati dai singoli individui.
    3. Solidarietà: senso di sostanziale convergenza o identità di interessi, idee, sentimenti tra i membri della comunità, che può portare ad azioni di aiuto reciproco in caso di bisogno.
    4. Comunicazione: canali e reti utilizzati per scambiare informazioni e coordinare le azioni.
    5. Identità: immagine di sé distinta dalle altre comunità, basata su un insieme di caratteristiche, quali la cultura, la storia, i valori, le tradizioni.
    6. Intelligenza collettiva: capacità di risolvere problemi, prendere decisioni, generare conoscenza e innovazione, grazie alla interazione e alla cooperazione dei propri membri.
    7. Amore reciproco: Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri. (Gv 13,34-35)

    Soluzioni integrali

    C’è un valore rispetto al quale cerco di ispirare ogni azione e progetto che impatta sulla vita comunitaria: la sostenibilità, intesa come capacità di progettare ed attuare consapevolmente modelli di sviluppo economico-lavorativo e sociale-relazionale in equilibrio nello spazio e nel tempo, con vantaggio complessivo.

    Ora, considero che il mondo in cui vivo è piccolo (small word), tanto che nella rete sociale globale è stato stimato che la “distanza sociale” tra un cittadino italiano qualsiasi, me compreso, e il presidente degli USA è mediamente di sei strette di mano.

    La conclusione di questo percorso partito dalla scacchiera di Adelson è che le soluzioni sostenibili, quando si vuole far crescere una comunità, sono sempre integrali: non si può lasciare indietro nessuno. La comunità va considerata nella sua interezza.

    Certo, è una sfida grande quella di ripensare la comunità di cui faccio parte cercando di ricomprendervi tutto e tutti. La tentazione di semplificare e selezionare è forte. Ma non è necessario che io capisca e controlli tutto e tutti, solo che comprenda, che prenda dentro, che consideri la comunità nel complesso, cioè, come suggerisce l’etimologia, nel suo inestricabile intreccio, preparandomi anche ad accettare novità impreviste.

    Della serie: “Dio c’è ma non sei tu. Dunque, rilassati!”.

  • Informazione e conoscenza in divenire

    Informazione e conoscenza in divenire

    [Tempo di lettura: 5 minuti]

    Nei progetti di cambiamento delle organizzazioni, nelle aule dei tribunali, nella ricerca scientifica, nei luoghi della politica… la verità costruita insieme è alla base delle decisioni. I dati sono più utili quanto più vengono correlati con altri, integrando i vari punti di vista. In questo senso, non esistono in linea di principio dati esatti ma dati più o meno circostanziati, attendibili, compatibili con i vincoli stabiliti.

    Costruire verità componendo tasselli

    Quando trattiamo informazione e conoscenza in divenire, formuliamo delle ipotesi o degli scenari ipotetici ed immaginiamo il loro evolversi o lo simuliamo con sistemi simbolici o informatici.

    Se ci accorgiamo che gli scenari ipotizzabili sono troppi o conducono a conseguenze troppo diverse tra loro, sentiamo il bisogno di acquisire altre informazioni, altri tasselli del puzzle che si sta via via componendo.

    Talvolta, le competenze necessarie sono troppe e non c’è il tempo utile per acquisirle, e ci rivolgiamo a chi ne sa di più. Ogni volta che andiamo dal medico o che ci rivolgiamo ad un altro consulente per avere una sua valutazione, dobbiamo ovviamente prima condividere con questa figura ciò che sappiamo. Poi entra in gioco il consulente ed ecco che i punti di vista sono diventati due, i vincoli sul sistema da modellare sono aumentati, gli scenari ipotetici si sono sfrondati e riusciamo anche a prevederne più accuratamente la loro evoluzione.

    In aggiunta, o, se non c’è possibilità di coinvolgere un consulente, in sostituzione, è utile confrontarsi con un nostro pari, che potrebbe non saperne di più ma sicuramente ha un’esperienza ed una sensibilità propri. Le modalità di coinvolgimento sono simili, come pure i risultati ottenuti. La differenza è che più questa persona ci è vicina e più sono le informazioni di contesto già condivise. Sull’effettiva utilità del confronto con un pari nel recuperare informazione e conoscenza in divenire, le aspettative sono naturalmente minori. Non è però opportuno sottovalutarle: addirittura, spesso gli esperti apprezzano l’apporto degli “incompetenti” anche solo per le questioni che sollevano o perché mettono in evidenza aspetti che l’esperto considerava scontati.

    Quando si trattano informazione e conoscenza in divenire, l’unione fa la forza!

    Osservare sistemi che cambiano nel tempo

    Mentre siamo al lavoro sulla costruzione del nostro modello mentale o matematico o informatico, mentre in nostri ingranaggi cerebrali sferragliano e neuroni e bit lampeggiano, non è detto che il sistema da modellare resti immutato, in attesa che noi possiamo trarre le conclusioni o fare qualche altra osservazione. Ci sono addirittura situazioni in cui è l’atto stesso di rilevare e misurare ad interferire con l’evoluzione di ciò che si vorrebbe osservare. Si pensi alla somministrazione di un questionario ad una persona o alla determinazione di velocità e posizione di una particella subatomica.

    Come consulente informatico, per me, lavorare con informazione e conoscenza in divenire è la norma! Si fanno riunioni per definire come sarà una certa interfaccia utente, quali sono i dati da trattare, quali gli obiettivi, eccetera eccetera. Si comincia a sviluppare il software e si fa vedere qualche bozza al committente, la cui immaginazione viene stimolata verso una maggiore consapevolezza.

    Mentre il cantiere informatico è in pieno svolgimento, le specifiche possono cambiare, portando a rilavorazioni. Il fatto è che, per i non addetti ai lavori, immaginare un percorso di trattamento dati tramite strumenti informatici è difficile. Quando si vedono le prime schermate funzionare, le “celluline grige” ricevono stimoli creativi. È normale che si cambi idea.

    Questo schema è trasversale rispetto alle varie discipline, non è specifico dell’ambito informatico. Per fare un altro esempio, si consideri il piano alimentare prodotto da un nutrizionista o dietologo: gli effetti di variazioni dell’alimentazione su un sistema complesso, com’è quello del mio corpo, sono difficili da prevedere ed è più efficace assestare il piano alimentare a mano a mano che emergono discrepanze tra effetti previsti ed effetti rilevati.

    Conviene accogliere la prospettiva che ci saranno modifiche in corso d’opera ed organizzare apposite sessioni di approfondimento d’analisi ed affinamento del modello. Le attività da svolgere non possono che essere precisate cammin facendo. Di conseguenza, anche l’offerta economica dovrà essere precisata in itinere.

    La complessità va abbracciata.

    Verità inconoscibile, rischi ed opportunità

    Quando si sta elaborando informazione e conoscenza in divenire, può capitare che una parte della verità risulti definitivamente sfuggente. Ecco qualche esempio:

    • assoluzione per insufficienza di prove:
    • impossibilità di conoscere con precisione contemporaneamente velocità e posizione di una particella;
    • iniziare a sviluppare un sistema software senza sapere quali saranno le effettive necessità degli utenti, in futuro;
    • un’improvvisa inversione di una tendenza di mercato, proprio nel settore principale della nostra azienda.

    Ci tocca accettare il fatto di non essere onniscenti e di dover comunque prendere decisioni ed andare avanti. Ogniqualvolta lo facciamo, ci assumiamo rischi ed opportunità, cioè sappiamo che il sistema che ci siamo mentalmente rappresentati potrà evolversi in vario modo, più o meno favorevole.

    Compiere un’analisi dei rischi e delle opportunità consiste essenzialmente nell’identificare e misurare i nessi causali tra eventi inerenti il sistema osservato. Particolarmente utile è focalizzarsi sui percorsi circolari, cioè retroattivi, e cercare di capire se tendono all’equilibrio o all’esplosione. Queste sorgenti di complessità e disordine sono solitamente proprio

    Rappresentare informazione e conoscenza in divenire

    L’informatica ci consente di superare un tradizionale limite dei modelli matematici entrando nel mondo della simulazione. Per esempio, la chimica computazionale consente di progettare molecole al computer, accelerando a dismisura il processo di ricerca e sviluppo. Per fare un altro esempio, il web-to-rendering, analogo al “web-to-print“, consente di produrre immagini tridimensionali foto-realistiche a supporto di processi decisionali. In qualche senso, questo consente di fruire già di un prodotto sebbene ancora non esista. Per rappresentare processi aziendali progressivamente, ci si può avvalere di strumenti come Connexio.

    1=0,9999….?

    Per concludere questo percorso, vorrei portare l’attenzione del lettore sul fatto matematico che 1 è uguale a “0,999…”. L’uguaglianza si può dimostrare a partire dal fatto che “0,999…” è 0,9 + 0,09 + 0,009 +… ovvero che 0,999… è 9/10 + 9/100 + 9/1000 +…. Attingendo all’analisi matematica, si può applicare la formula per la somma delle serie geometrica, cioè una serie in cui si mantiene costante il rapporto tra un termine ed il successivo, si può concludere quanto affermato.

    Si noti però che questa uguaglianza è di natura topologica. Algebricamente non è per nulla scontato. Ed ora apriamo una finestra sulla complessità. Notiamo che 0,999… indica una procedura iterativa divergente, cioè senza fine:

    1. scrivi zero;
    2. scrivi virgola;
    3. scrivi nove;
    4. torna al passo precedente.

    La procedura è impraticabile, proprio perché è senza fine. Quindi se noi cercassimo di sostituire 1 con 0,999… in un qualunque calcolo matematico, lo renderemmo inconcludente!

  • Termini correlati al concetto di flusso

    Termini correlati al concetto di flusso

    [Tempo di lettura: 4 minuti]

    Il concetto di flusso è fondamentale ed è uno strumento che non può mancare nella cassetta degli arnesi di chi si occupa del Paradigma della Complessità. Potrebbe persino precedere quelli di tempo e spazio. Per studiarlo, comincio con un piccolo glossario dei termini correlati al concetto di flusso.

    A
    Affluire
    Scorrere verso un luogo.
    Archivio
    Insieme organizzato di dati di consultazione omogenei, aggiornato costantemente o periodicamente, da cui un sistema di elaborazione o di documentazione automatica può ricavare indici, tabelle, ecc. Un archivio di grandi dimensioni e accessibile a un pubblico più o meno vasto è chiamato banca dati
    C
    Condensatore elettrico
    Componente elettrico che ha la capacità di immagazzinare l’energia elettrostatica associata a un campo elettrostatico.
    Confluire
    Giungere a scorrere insieme unendosi.
    D
    Defluire
    Fuoriuscire, scorrere via, uscire.
    Diramarsi
    Dividersi in rami.
    E
    Effluire
    Scorrere fuori.
    F
    Flusso
    Movimento continuo di persone o cose (anche astratte) che susciti l’immagine dello scorrere. Insieme organizzato di dati omogenei che intervengono o sono sottoposti a elaborazione. Alta marea. scorrimento di un liquido o altro fluido su una superficie o attraverso un determinato condotto. La massa di un liquido organico in movimento nei proprî organi e vasi.
    Foce
    Il punto terminale di un corso d’acqua che s’immette nel mare, in un lago, o in un altro corso d’acqua.
    Fondo
    L’insieme dei mezzi monetari che un individuo, una categoria d’individui, un’impresa, una collettività detengono o richiedono in un dato periodo per uno scopo determinato.
    I
    Influire
    Scorrere verso un luogo. Di cosa che insieme con altra concorre a produrre un determinato effetto.
    M
    Magazzino
    Struttura logistica in grado di ricevere le merci, conservarle (stoccaggio) e renderle disponibili per lo smistamento, la spedizione e la consegna.
    P
    Punti di vista lagrangiano ed euleriano
    La misura di un flusso è una quantità soggetta a variazioni spazio-temporali, dove per spazio intendiamo un qualunque sistema costante o quasi agli occhi dell’osservatore, mentre per tempo intendiamo un susseguirsi di interazioni tra osservato ed osservatore.
    La variazione della misura può essere esaminata da un osservatore solidale allo spazio o al tempo. I due punti di vista sono, nell’ordine, quello euleriano e quello lagrangiano.
    Eulero si mette in riva al fiume ed osserva come cambiano i parametri fisici delle particelle che passano in un punto dato. Lagrange fissa l’attenzione su una particella e segue la sua evoluzione nel suo percorso.
    R
    Rifluire
    Scorrere indietro. Scorrere di nuovo.
    S
    Scorrere
    Muoversi dentro una guida, un tracciato.
    V
    Vaso di Espansione o Polmone
    Componente idraulico presente nelle caldaie per il riscaldamento domestico. Ha la funzione di contenere le variazioni improvvise di pressione del circuito evitando sbalzi e colpi d’ariete, che altrimenti dovrebbero essere assorbiti dall’impianto, con possibili danni allo stesso.

    I termini correlati al concetto di flusso sono utilizzabili in numerosissimi contesti: geografia, biologia, chimica, fisica, demografia… A riprova di quanto questo concetto sia fondamentale.

  • La verità si costruisce insieme

    [Tempo di lettura: 3 minuti]

    Le verità che conosci sono quelle che hai condiviso con altri. Non ci sono verità che conosci solo ed esclusivamente tu. Il punto di vista della singola persona non è sufficiente per produrre una verità. Può sembrare un’affermazione brutale, quasi arrogante. Però, rifletti…

    Il fatto è che la nostra percezione è condizionata da ciò che abbiamo già in mente. Per questo esistono illusioni ottiche come quella della scacchiera di Adelson.

    Puoi farlo anche tu…

    Prendi due fogli di carta, uno di carta bianca e l’altro di carta grigia. Dividili ciascuno dei due fogli in quadrati precisi e disponi i quadrati ottenuti a scacchiera, tenendo un quadrato grigio in più da parte. Poggia su un angolo della scacchiera un oggetto cilindrico con diametro grande circa come il doppio del lato dei quadrati e colloca l’illuminazione in modo che l’ombra del cilindro si proietti sulla diagonale della scacchiera. Poggia il quadrato grigio aggiuntivo su un quadrato bianco in ombra ed il gioco è fatto. Disponi l’osservatore in modo che il suo sguardo sia lungo la diagonale perpendicolare a quella dell’ombra del cilindro.

    Finché non sposti il quadrato aggiuntivo e non lo sovrapponi ad un quadrato grigio tra quelli ben illuminati, l’osservatore crederà che il quadrato aggiuntivo è grigio anziché bianco.

    È facile sbagliarsi! Finché non si cambia punto di vista, la scena è ingannevole.

    Ogni punto di vista fornisce un indizio. Cooperando, si costruisce progressivamente la verità.

    Mentre un puzzle riguarda un’immagine statica e limitata, la realtà cambia ed è immensamente più vasta delle esperienze dell’intera vita di una persona.

    Il lavorio di riflessione, comunicazione, studio etc. dura, salvo impedimenti, finché non ci sembra di aver raggiunto sufficiente capacità di predire il comportamento di ciò che stiamo cercando di conoscere.

    Principali errori

    Escludere, non ascoltare, ignorare… Siamo tentati di semplificare per prendere controllo. Finiamo con l’ingannarci, credendo di vedere legami causa-effetto che non ci sono. Si parla di pregiudizi.
    Sia chiaro: i pregiudizi sono utili quando occorre agire prontamente. Non è difficile immaginare situazioni in cui tardare a reagire può condurre a conseguenze peggiori di quelle incorse prendendo una decisione imprecisa o sbagliata.
    Fissarsi su un’interpretazione è normale. Se durante una travagliata discussione o riflessione si finisce per tornare su una stessa posizione, si tende a concludere che tale posizione è corretta. Però si può incappare in un auto-inganno: possiamo aver ripetuto lo stesso errore, anche da percorsi differenti! L’effetto di ri-conoscere la posizione assomiglia purtroppo alla sensazione di aver avuto un’intuizione. Occorre dunque provare a smuoverci dalla fissità, scuoterci introducendo nei nostri pensieri personali o condivisi un elemento esterno, nuovo: uno stimolo creativo.

    Tra il pregiudizio e la verità si sviluppa la dinamica della riflessione e della comunicazione

    Attraverso la comunicazione e la riflessione, il modello che ci siamo fatti in testa interagisce virtualmente con la realtà. Cosa succederebbe se bevessi del detersivo? Posso conoscere la risposta studiando o parlando con qualche esperto, non serve provare direttamente!!! Che io provi direttamente o che io sfrutti le esperienze di altri, in qualche modo ho messo a sistema la mia rappresentazione mentale con la realtà.
    Ecco spiegato perché le verità che ci sembrano più vere sono quelle espresse con numeri e formule: la matematica è ciò che conferisce il sapore di esattezza alle cosiddette scienze esatte. Il suo linguaggio è convenzionale e condiviso in modo amplissimo, tanto da superare le ambiguità degli schemi linguistici delle lingue naturali.

    In conclusione, possiamo dire che persino la matematica è un’opinione, solo che è la più condivisa in assoluto!

  • Introduzione al paradigma della complessità

    Introduzione al paradigma della complessità

    [Tempo di lettura: 3 minuti]

    Cos’è il paradigma della complessità? Da dove cominciare per studiarlo? Cosa leggere, quali video guardare? Con chi confrontarsi? A cosa serve? Come utilizzarlo nel lavoro, in famiglia, in comunità, in società? Che rapporto c’è con l’approccio olistico?

    Cos’è il paradigma della complessità?

    Un paradigma del pensiero scientifico è costituito da regole metodologiche, modelli esplicativi, criteri di soluzione di problemi. Una rivoluzione scientifica è un cambio di paradigma. Le nuove mentalità o paradigmi cognitivi sono indotte dalle rivoluzioni scientifiche, si pensi alla teoria della relatività e al relativismo.

    L’ultimo paradigma è quello della complessità.

    Il paradigma della complessità, come l’approccio olistico, rifiuta l’idea semplicistica secondo la quale un sistema si spiega come semplice somma delle parti. Gli intrecci tra le parti del sistema rendono il tutto superiore alla somma delle parti. La vita, per esempio, non si può spiegare come semplice composto chimico ma è organizzazione, è uno schema che tende a conservarsi e replicarsi.

    In più, rispetto all’approccio olistico, il paradigma della complessità fa entrare in gioco il rapporto tra osservatore ed osservato, ammettendo la possibilità di modellare anche quando il controllo dell’osservatore non è completo. Un sistema in cui le parti interagiscono tra loro può essere complicato ma, finché l’osservatore ritiene di averne il controllo completo, non varca la soglia della complessità.

    Materiali per iniziare comprendere il paradigma della complessità

    woman in white long sleeved shirt holding a pen writing on a paper

    Pagine Web da leggere

    Dipinti

    Di fronte a molte delle opere di Pollock o Kandisky, il cervello non è in grado di riconoscere caratteristiche pre-codificate: non focalizza l’oggetto.

    woman in brown scoop neck long sleeved blouse painting
    pexels-photo.jpg

    Video

    Libri

    • Auto-organizzazioni di Alberto F. De Toni, Luca Comello, Lorenzo Ioan
    • Nexus di Mark Buchanan
    • Visual Complexity di Manuel Lima
    • Ciclo di Dune, saga fantascientifica di Frank Herbert: Dune (1965), Messia di Dune (1969), I figli di Dune (1977), L’imperatore-dio di Dune (1981), Gli eretici di Dune (1984), La rifondazione di Dune (1985)
    pile of books

    Immagine di copertina: Foto di Pete Linforth da Pixabay

  • Principi Generali della Teoria dei Flussi

    [Tempo di lettura: 3 minuti]

    Premessa

    Avvertenza: questo articolo è in continua revisione. La Teoria dei Flussi è in allestimento e, probabilmente, resterà tale per anni. I principi generali, inizialmente si formulano in modo approssimativo e sovrabbondante; quindi si selezionano e si consolida ciò che resta alla prova dei fatti. Se non ci fosse questa retroazione tra riscontri pratici e principi generali, l’evoluzione della stessa TdF sarebbe priva di intelligenza.

    I meta-principio della Teoria dei Flussi: l’evolversi della TdF stessa è un flusso e comporta retroazioni nel proprio interno.

    Quando si modellano concetti così fondamentali, è facilissimo cadere nella trappola della definizione circolare. Ecco un esempio. Proviamo a definire: “sistema” seguendo la via dei dizionari linguistici.

    Sistema = connessione di elementi in un tutto organico e funzionalmente unitario.

    Elemento = ciascuna delle parti che concorrono a formare un tutto organico.

    Si vede subito che la prima definizione dipende dalla seconda che dipende dalla prima, quindi in totale non abbiamo definito un bel niente.

    Per non cadere in trappola, dovremo cercare di definire concetti spiegando come si usano nei ragionamenti, secondo lo stile assiomatico: si parte dal presupposto di un linguaggio semplice e chiaro, dato per scontato, si aggiungono nuovi termini e si formulano assiomi, cioè proposizioni o schemi di proposizioni ritenuti sensati.

    Principi

    1. Il pensiero è un flusso. Ciascun pensiero è un flusso. Ciascuna cosa pensata da chiunque è un flusso.
    2. Il passare del tempo soggettivo è lo scorrere dei pensieri rispetto a quello delle percezioni sensoriali.
    3. Un flusso è oggettivo se e solo se è identificabile da chiunque. Necessariamente, sono coinvolte delle percezioni.
    4. Il tempo oggettivo è lo scorrere del tempo di tutte le persone, coordinato tramite convenzioni sulla base delle percezioni sensoriali.
    5. I flussi di conoscenza analitica confluiscono nel flusso di conoscenza complessivo. Il flusso complessivo di conoscenza defluisce in flussi di conoscenza analitica.
    6. L’attenzione è limitata: si seleziona una parte di tutto ciò che percepiamo o immaginiamo e si ragiona su quella. Concentrarsi comporta trascurare ciò che non è attenzionato. Ampliare la prospettiva comporta trascurare dettagli.
    7. Porre attenzione è selezionare. Ciò che descriviamo e modelliamo è ciò che percepiamo di ciò che sta nello spazio informazionale selezionato.
    8. Input e output sono flussi. L’esecuzione di un programma inizia e termina senza memoria. Noi potremmo accumulare i flussi input e album e farli retroagire con il flusso esecutivo. Semantica tra logica di flusso esecutivo e logica di algoritmo.
    9. I dati sono flussi e i programmi sono dati. I dati possono essere incerti, correlati, intrecciati… quindi anche i programmi.
    10. Il pensiero è il risultato di un interferenza, non può che essere ologrammatico. Quando mi assopisco, l’intensità di ciò che penso viene meno; riducendo la luce, ricevo meno stimolo visivo ed aumenta l’incertezza, la stabilità dell’interpretazione delle immagini che mentalizzo.
    11. La determinatezza di un dato corrisponde all’intensità del suo afflusso esecutivo.
    12. Contare presume distinguere ma talvolta le forme percepite fluttuano, i loro contorni sono parzialmente indistinti. In quale momento della mitosi la cellula è diventata due cellule? Per il libro della Genesi, l’uomo è immagine di Dio da solo o solamente quando è in relazione (a sua immagine lo creò, maschio e femmina li creò)? La fluttuazione può essere in ciò che osservo o nel mio osservare, non importa. Fintantoché c’è fluttuazione, l’interazione con le parti è anche interazione col tutto e viceversa.
    13. All’estremo, flussi con i quali si interagisce con tutti loro o con nessuno di loro sono totalmente confondibili. Questo misura l’unione di una coppia di sposi.
    14. Il fenomeno del collasso degli stati nel momento della valutazione o misura avviene quando si cristallizza la scelta valutativa, quando si astrae, quando si passa da una logica in cui si hanno entità solidali i cui legami sono fuori controllo ad una in cui è tutto esplicito. Questa è l’essenza della semantica, nel bene e nel male. Questo va formalizzato definendo una semantica tra logica di base e logica classica.
    15. Il concetto di determinatezza di un flusso si concretizza con l’omogeneità delle interazioni con tale flusso.
    16. Nella logica dei livelli di astrazione, l’energia di un flusso concreto può essere diffusa in tanti flussi ed emergere come energia di un flusso astratto. Così la persona consacrata trasfigura la sua energia relazionale. Così ha senso l’esclusività del rapporto nuziale.
  • Pensiero e Percezione

    [Tempo di lettura: 2 minuti]

    I cervelli delle persone, sebbene siano unici, hanno in comune le leggi biologiche e quelle dell’attività bio-neurale. Non so se, qualora fossimo capaci di riprodurre atomo per atomo la configurazione di un cervello, si possa clonare la mente ma sicuramente le menti possono condividere pensieri (nel senso di pensare pensieri analoghi) grazie alle basi materiali ed esperienziali comuni ed ai linguaggi. Non ci sono prove scientifiche di eventi telepatici, che io sappia. Dunque si può presupporre che ogni mente abbia un’intimità inaccessibile. Questo fatto lascia la porta aperta al libero arbitrio, all’anima ed alla metafisica in generale. Soprattutto, traccia una linea di confine oltre il quale non portare le riflessioni sulla Teoria dei Flussi, almeno nella fase della loro fondazione.

    La forma di pensiero più facile da condividere (nel senso sopra specificato) è la percezione.

    Le percezioni si manifestano nella mente ma sono flussi di informazione originate dai sensi. Parlandosi, tutte le persone che guardano il cielo limpido converranno che esso è celeste, eventualmente traducendo dalle varie lingue. Se la conversazione prosegue, ciascuno potrà arricchire la propria percezione con le sfumature dipinte dai pensieri degli altri. Se l’osservato non è qualcosa di molto semplice, però, scopriamo molto prima la bellezza del confronto.

    Volendo fondare una Teoria, devo aver chiaro che essa ha natura convenzionale: è vera nella misura in cui tante persone ci credono, ovvero rilevano corrispondenza tra pensieri formulati nella Teoria e pensieri indotti dalla percezione della realtà.

    Anziché nello spazio sociale / relazionale, si potrebbe ritenere vera una Teoria basandosi sul tempo: per una singola persona, la Teoria è vera nella misura in cui riesce a spiegare molte sue esperienze.

    Per “credere” e “spiegare” possiamo intendere: “formulare modelli predittivi efficaci”.

    Questa breve riflessione serve per fissare un punto molto semplice: le percezioni sono pensieri, si manifestano nella mente e si possono trasmettere da mente a mente linguisticamente in modo approssimativo. La mente è il luogo in cui, tra le altre cose, si rappresenta la realtà.

    Veritas est adaequatio intellectus et rei

  • Dal concetto di insieme a quello di flusso

    [Tempo di lettura: 3 minuti]

    Insiemistica è un termine matematico che fa pensare solamente agli insiemi ma, in realtà, tratta la relazione tra insieme ed elemento, tra pluralità ed individualità. Tutta la matematica si fonda sulla teoria degli insiemi, così com’è stata formulata da Zermelo e Fraenkel nel 1908 (v. Teoria degli insiemi di Zermelo-Fraenkel). Essa consiste solamente in una decina tra assiomi (affermazioni assunte come vere) e schemi assiomatici (regole utilizzabili al contempo sia per costruire assiomi sia per controllare se un’affermazione è un assioma).

    Gli assiomi si esprimono in termini di “insieme”, “elemento”, “appartenenza” e di connettivi logici.

    Ecco per esempio l’assioma di estensionalità: “Due insiemi sono uguali se e solo se hanno gli stessi elementi”. Esso definisce un criterio preciso per stabilire se due insiemi sono uguali o no.

    La realtà ci pone spesso di fronte a situazioni in evoluzione, confuse o, addirittura, sfuggenti, nel senso che ciò che osserviamo richiede strumenti più rapidi, precisi o meno invasivi di quelli che abbiamo a disposizione.

    Nelle situazioni complesse, farebbe comodo un aiuto da parte della matematica: dov’è applicabile, trasforma ciò che è complesso in complicato e quindi, se ci si applica con pazienza e strumentazione adeguata, controllabile. Invece, salta uno degli assiomi di ZF, spesso proprio l’assioma di estensionalità, e l’intero apparato matematico non è più applicabile. Non è un peccato?

    Armati di una certa caparbietà, scienziati ed ingegneri si adoperano per far rientrare dalla finestra la matematica uscita dalla porta, per così dire. Si ricorre alla topologia, alla teoria della misura etc. e, al prezzo di utilizzare formalismi piuttosto pesanti, in qualche modo si riesce a mettere in piedi un qualche sistema di calcolo.

    E se invece…

    E se, invece, passassimo dal pensiero insiemistico, che presuppone un livello di controllo pressoché assoluto, ad un pensiero in cui ci sia spazio per la complessità? In cui si accetta di perdere un pochino il controllo? In cui non tutto è immutabile, non tutto è esplicitabile?

    L’idea che ho in mente è di candidare il concetto di flusso come base per una qualche entità simile alla matematica.

    Il flusso va concepito, a mio avviso, come qualcosa che emerge nella dinamica osservato – osservatore. L’osservatore che costruisce o rifinisce la rappresentazione dell’osservato, distingue parti di questo, nel suo evolversi. Si noti come questa concezione comprenda il tempo. Più precisamente, il tempo potrebbe risultare – è un’ipotesi di lavoro – come proprietà emergente della suddetta dinamica.

    Ragionando in modo molto grossolano in vari settori del sapere, potrebbe funzionare:

    • Che cos’è che è al contempo un’onda ed una particella? Un flusso!
    • Se al posto di trattare la relazione tra due categorie di entità condannate ad esistere su piani separati (insiemi ed elementi), trattiamo la relazione parte-tutto nel mondo dei flussi ecco che trova spazio l’approccio olistico / olonico.
    • Se si congela il tempo e se si fissa il livello di precisione dell’osservatore, i flussi sono riducibili ad elementi ed insiemi.
    • L’informazione è un flusso, quindi formalizzare il concetto di flusso può aiutare a fornire un fondamento alla Teoria dell’Informazione.
    • Il pensiero è flusso. Il linguaggio comunica pensiero: trasmette flusso.
    • Nei linguaggi formali, anche informatici, i segni per variabili indicano flussi di dati o di incognite.

    Questa ricerca va sviluppata lungo tre direttrici: realtà, intelletto e verità nel senso di adaequatio rei et intellectus. La prima direttrice è quella della raccolta di esempi in base ai quali definire i concetti che ci servono; la seconda si occupa del formalismo, della codifica in linguaggio e convenzione; la terza è quella dell’applicazione del modello concettuale formalizzato, in modo da validarlo o perfezionarlo.

  • Commento all’analogia delle 5 palline del CEO di Google, Sundar Pichai

    Commento all’analogia delle 5 palline del CEO di Google, Sundar Pichai

    [Tempo di lettura: 3 minuti]

    A seguito di una riflessione aperte da Paolo Mazzetto, su suggerimento di Nicola Zuliani, leggo sui social network che il CEO di Google, Sundar Pichai, oppure quello di Coca Cola, Brian Dyson, ha fatto un discorso molto incisivo, dove ha detto:

    Immagina la tua vita come se fossero 5 palline da far girare in aria cercando di non farle cadere. Una di queste palline è di gomma, altre 4 sono di vetro. Queste 5 palline sono: lavoro, famiglia, salute, amici, anima. Il lavoro è la pallina di gomma. Ogni volta che cadrai sul lavoro potrai saltare di nuovo (e anche meglio di prima) in un altro lavoro. Se invece a cadere sarà una delle altre, non ritornerà alla sua forma di prima. Sarà rotta, danneggiata, crepata. È importante diventare consapevoli di questo il prima possibile ed adattare adeguatamente le nostre vite. Come? Gestisci con efficacia il tuo orario di lavoro, concediti del tempo per te, per …

    Sinceramente, non ho verificato che il frammento di discorso provenisse effettivamente da Sundar o da Dyson, ma vorrei focalizzarmi sul pensiero espresso; non cambia molto sapere chi sia l’autore.

    Parto da un presupposto:

    La consapevolezza è la rappresentazione, nella mia mente, dell’ambiente in cui sono e di me stesso in tale ambiente. In questo modo, quando vivo un’esperienza, la struttura dell’esperienza corrisponde alla struttura rappresentata nella consapevolezza.

    Posso quindi riflettere sul mio tempo ed ha senso classificarlo in vario modo. In particolare, lo posso suddividere per grado di vicinanza:

    1. rapporto con me stesso,
    2. con la cerchia ristretta degli affetti (amici e parenti),
    3. con gruppi di interesse (associazioni, movimenti, community on line…),
    4. con la comunità (parrocchia, quartiere…),
    5. con l’umanità/divinità (per un non credente, l’Umanità è un’entità collettiva ed ha senso riflettere sul proprio rapporto con essa)

    …e per piano dell’esistenza, dal più concreto al più astratto:

    1. materiale,
    2. psico-affettivo-cognitivo…,
    3. morale-spirituale,
    4. metafisico – religioso,

    ottenendo uno schema con un numero di elementi ben più elevato e variegato di “5 palline danzanti nell’aria”, almeno 5×4=20.

    Per esempio, una delle combinazioni è il tempo che dedico sul piano psico-affettivo-cognitivo ai miei familiari, come quando aiuto i figli a fare i compiti. Ci sono anche combinazioni sorprendenti, alle quali la maggior parte delle persone che conosco pensano poco, come il tempo che dedico sul piano materiale al mio rapporto con la Divinità o l’Umanità.

    Personalmente, ho bisogno di ricordarmi che si tratta solo di una classificazione e che, in ultima analisi,

    il mio tempo è unitario.

    Dunque le palline non possono essere di vetro, metallo o gomma, non sono “modulari” bensì si compenetrano. Sono più come nuvole di vapore. Inoltre, la pallina, o, meglio, nuvoletta, del lavoro, come tutte le altre palline o nuvolette, si può rovinare, può non essere facile da ripristinare alla forma originaria e può “tirare giù” anche le altre.

    Sull’unitarietà del mio tempo (la mia vita) ho un nervo scoperto e la visione modulare e naive presentata da Sundar o Dyson, di primo acchito, provoca in me una reazione negativa.

    Ragionando con più calma, andando oltre l’analogia, colgo però un aspetto interessante: abbiamo più controllo sulla nostra dimensione lavorativa che sulle altre.

    Per spiegarmi meglio, estremizzo:

    • se un lavoro proprio non mi va, posso cambiarlo;
    • se un gruppo d’interesse non mi va più, posso rinunciare, non senza dispiacere.
    • se nella comunità in cui vivo (condominio, quartiere, parrocchia…) sono sorti conflitti insanabili, posso isolarmi o cambiare casa, ma è gran fatica;
    • se un figlio o un genitore proprio non mi va…

    Senza estremizzare, la questione si traduce in un invito, a me gradito, a vigilare sulle giuste priorità su scala quotidiana, settimanale etc.

    Non è sempre facile mantenersi focalizzati sui propri valori: per farlo, ho bisogno di fermarmi a riflettere laddove mi verrebbe spontaneo continuare a correre, a testa bassa, col rischio di trovarmi, senza sapere bene perché, con le 5 palline malconce…

  • Informatica Quantistica

    [Tempo di lettura: 2 minuti]
    I computer quantistici si stanno affacciando sul panorama tecnologico e presto saranno disponibili sul mercato. Il loro principio di funzionamento è molto complesso perché si basa sulla meccanica quantistica, scienza di cuial momento non vengono insegnati i fondamenti né alle scuole superiori né nei corsi universitari che non sianospecialistici come Fisica o AstronomiaLa situazione è molto simile a quella che si delineò alla fine degli anni ’50, quando chi non aveva le basi di elettronica non poteva in alcun modo ambire a comprendere il funzionamento di un calcolatore elettronico. Sebbene la conoscenza dell’elettronica sia fondamentale ancora oggi per chi voglia fare dell’informatica la propriaprofessione, è vero che è possibile programmare un computer anche senza conoscere questa disciplinaIn questo libro, l’autore estrapola dalla meccanica quantistica solo i principi base necessari per la comprensionedel nuovo paradigma di programmazione. Il risultato è l’apertura della possibilità di comprendere le basi della programmazione di algoritmi quantistici anche a chi non ha studiato FisicaPer ogni argomento trattato il libro propone i relativi esercizi di computazione quantistica. Dal momento che i computer quantistici non sono ancora diffusi, nel testo vengono presentati degli esercizi scritti in il linguaggio C, usando i quali è possibile mettere in pratica i concetti appresi. Gli autoriFrancesco Sisini è laureato in fisica, ha un master in Fisica nucleare e un dottorato di ricerca in tecniche radioisotopiche. Hainiziato a seguire il mondo informatico dalle scuole medie e si occupa attivamente di didattica e formazione aziendale nel campo del Machine Learning e delle reti neurali. E’ primo autore di diversi pubblicazioni su riviste scientifiche internazionaliValentina Sisini è studentessa di informatica. E’ responsabile dei prodotti di Scuola Sisini.
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