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Il paradigma della complessità può aiutare a comprendere cosa sia la consapevolezza e come acquisirla?

In questa breve riflessione, condotta con Stefania Zin e Paolo Mazzetto, vorrei focalizzarmi su un concetto del paradigma che mi sembra particolarmente utile allo scopo.

Cominciamo col richiamare alcuni concetti chiave del paradigma, per collocarci nel giusto contesto:

  • Emergenza. I sistemi complessi generano comportamenti emergenti che derivano dalle interazioni tra le loro componenti, non sono riducibili alle singole componenti e non possono essere predetti in anticipo.
  • Non linearità. Le interazioni all’interno dei sistemi complessi sono non lineari, causando comportamenti difficili da prevedere. Anche piccoli cambiamenti possono causare grandi effetti.
  • Auto-organizzazione. I sistemi complessi tendono ad auto-organizzarsi in maniera spontanea e bottom-up. Non sono progettati o gestiti in modo centralizzato.
  • Feedback. I sistemi complessi sono influenzati da forti feedback positivi e negativi che ne modificano il comportamento nel tempo.
  • Adattabilità. I sistemi complessi sono adattativi, possono cambiare e mutare per sopravvivere in ambienti dinamici.
  • Olocausalità. La complessità nega il riduzionismo cartesiano, sostenendo che il tutto è più della somma delle sue parti.
  • Biforcazioni. I sistemi complessi raggiungono punti di biforcazione in cui possono evolversi in diverse direzioni, generando futuri multipli e diversi.

Chiarito il riferimento al quadro concettuale, applichiamo il primo concetto alla psiche umana, un sistema estremamente complesso, modellato dagli studiosi in tanti modi. Generalmente, essi convergono su almeno questi componenti chiave:

  • La coscienza: comprende tutti gli stati mentali di cui siamo consapevoli, come pensieri, sentimenti, percezioni e ricordi.
  • L’inconscio: comprende tutti quegli aspetti della mente di cui non siamo consapevoli ma che influenzano comunque il nostro comportamento. Deriva in gran parte dal funzionamento dell’apparato neuronale.
  • Il : il senso di identità personale e di continuità nel tempo. Deriva dall’interazione tra coscienza, memoria e percezione di sé.
  • Le emozioni: stati affettivi che influenzano i processi mentali e il comportamento. Derivano da fattori cognitivi (come pensieri ed esperienze) e fisiologici.
  • La personalità: tratti stabili e abitudini mentali che caratterizzano l’individualità di una persona.

Queste componenti interagiscono in modo intrecciato e dinamico, spesso in modi non lineari. Ad esempio:

  • Le emozioni influenzano i pensieri coscienti e lo sviluppo della personalità.
  • I processi inconsci influenzano l’umore, le percezioni coscienti e il comportamento.
  • Il senso di identità influenza ed è influenzato dalle emozioni, dalla memoria cosciente e dagli schemi mentali inconsci.
  • Pensieri e percezioni coscienti a loro volta influenzano gli aspetti inconsci della psiche umana.

Queste interazioni generano uno spazio, un nuovo livello in cui hanno luogo fenomeni (umore, senso di identità…) che seguono leggi in qualche modo riconducibili ma non riducibili alle leggi delle componenti della psiche. Posso intuire di che umore è l’amico con cui chiacchiero ma non riesco a calcolarlo a partire da singoli comportamenti. Un esempio ancora migliore è il gusto: il gradimento di un cibo o di una bevanda è legato persino a fattori estetici (“anche l’occhio vuole la sua parte”) e culturali (mai provato a degustare vino in compagnia di un sommelier esperto?), non è riducibile ai segnali trasmessi dalle papille gustative.

Cos’è lo spazio in cui hanno luogo questi fenomeni (il gustare il vino o la compagnia di un amico caro)? Di quale livello si tratta?

La coscienza emerge dall’interazione di grandezze psicologiche più elementari, come percezioni, emozioni, pensieri, ricordi. Queste componenti più semplici interagiscono in modo complesso per generare lo spazio che conosciamo per antonomasia: quello della coscienza.

La coscienza possiede proprietà che non possono essere ridotte alle sue componenti costitutive. Ha una qualità di soggettività e unità che vanno oltre le singole percezioni o ricordi. Ciascuna persona è unica anche se ha un gemello omozigote, perché ha comunque una storia, un percorso di vita a se stante.

La coscienza diventa manifesta solo ad un certo livello di complessità del sistema psichico, indicando che emerge da un insieme critico di componenti che interagiscono dinamicamente.

Cambiamenti nelle componenti psichiche di base (ad esempio percezioni, emozioni etc.) possono alterare o modificare lo spazio cosciente in modi imprevedibili, indicando che la coscienza dipende dalla dinamica dell’intero sistema, non dalle sue parti.

Rivediamo il ragionamento da un altro punto di vista e facciamo un passo in più per raggiungere, oltre la coscienza, la consapevolezza. In generale, una persona può essere considerata a vari livelli di astrazione o piani dell’esistenza:

  1. Il livello fisico o materiale: le particelle elementari, molecole, cellule che compongono il corpo umano. Questo è il livello più basso.
  2. Il livello biologico: i sistemi organici e fisiologici che permettono al corpo di funzionare.
  3. Il livello psicologico: la mente, la personalità, le emozioni e i processi mentali. Qui iniziano a emergere proprietà che non possono essere ridotte puramente ai livelli biologico e fisico.
  4. Il livello sociale: le relazioni e l’identità di una persona in quanto parte di una società e di una cultura.
  5. Il livello spirituale o metafisico: la coscienza nel suo senso più ampio, la spiritualità e il senso di identità o unità con la realtà nel suo complesso. Questo è spesso considerato il livello più alto.

È facile intuire che la consapevolezza si colloca tra il terzo ed il quarto livello. Dunque andiamo ad analizzare più approfonditamente questa zona. Ci accorgiamo che si possono distinguere:

  1. Il livello delle componenti psichiche pre-coscienti: percezioni, emozioni, pensieri, ricordi. Sono gli “ingredienti” che formano la coscienza ma di per sé non sono ancora coscienti.
  2. Il livello della coscienza emergente: quando le componenti pre-coscienti interagiscono in modo complesso, emerge uno spazio di esperienza soggettiva unificata. Questa è la coscienza di base.
  3. Il livello della consapevolezza emergente: quando la psiche diventa capace di pensare ai propri contenuti coscienti, emerge la consapevolezza. Questo implica capacità riflessive e intenzionali.
  4. Il livello meta-consapevole: alcune persone sviluppano uno stato di consapevolezza approfondito e continuo, andando “al di là” della normale coscienza limitata. Questo è considerato il livello più alto.

Focalizziamo ulteriormente, distinguendo un ulteriore livello, posto in questa sequenza (dal basso verso l’alto): coscienza, consapevolezza, auto-coscienza, meta-coscienza.

  • La coscienza è il livello più basilare, consiste nel rendersi conto semplicemente di sé e dell’ambiente circostante.
  • La consapevolezza implica una conoscenza più riflessiva ed elaborata della propria coscienza, andando oltre la mera percezione.
  • L’auto-coscienza impone un ulteriore livello di conoscenza di sé come individuo unico e distinto dagli altri.
  • Infine, la meta-coscienza costituisce il livello più evoluto, permettendo di osservare i propri processi mentali e cognitivi, auto-regolandoli e modificandoli.

Ora abbiamo delimitato ben benino il perimetro della consapevolezza. Essa è caratterizzata dalla rappresentazione interna di sé nel proprio ambiente, in modo da poter progettare comportamenti secondo intenzione.

A questo punto possiamo tentare una risposta al quesito iniziale. Cosa accresce la propria consapevolezza o aiuta qualcun altro ad accrescerla?

Siccome si passa per una rappresentazione interna e per una progettualità, possiamo stabilire le qualità della consapevolezza:

  • coerenza: pensieri contraddittori sono sintomo che qualcosa ci sfugge;
  • completezza: se semplifichiamo troppo i ragionamenti, rischiamo di trascurare dettagli apparentemente irrilevanti ma con effetti sproporzionatamente importanti;
  • accuratezza: se ci accorgiamo che ciò che avevamo previsto non ha riscontro, anche su aspetti marginali, dobbiamo riflettere di più, meditare di più, ascoltare ed osservare di più;
  • aggiornamento: qualche volta l’ambiente interno o esterno cambia più velocemente di quanto immaginiamo e ci troviamo illusi.

Ecco infine alcune indicazioni ma sicuramente te ne vengono in mente molte altre:

  1. [Suggerito da Paolo Mazzetto] Proprio per la complessità che caratterizza ogni essere umano, l’approccio empatico all’altro si coniuga necessariamente con un atteggiamento “umile”, in cui io mi muovo con sensibilità e circospezione in questo mondo complesso rappresentato dall’altro e, soprattutto nella relazione d’aiuto, lo affianco nell’esplorazione di sé per favorire una condizione di maggiore consapevolezza.
  2. Praticare la meditazione. Anche una semplice meditazione di pochi minuti al giorno può aumentare la consapevolezza di sé e della propria mente. Può aiutare a rallentare i pensieri ed essere più presenti. La mindfulness è particolarmente efficace.
  3. Fare autoesami. Porre domande su se stessi come: “Perché ho agito in quel modo?”, “Cosa mi ha spinto a dire quella cosa?” Può aiutare a comprendere meglio i propri comportamenti e motivazioni.
  4. Osservare i propri pensieri. Prenditi un momento per osservare il flusso dei tuoi pensieri. Focalizza l’attenzione sui tuoi pensieri. Notare i pensieri che passano nella mente senza identificarsi con essi e senza giudicarli. Capisci da dove emergono e qual è il loro scopo. Può aiutare a prendere le distanze dai pensieri automatici.
  5. Tenere un diario. Scrivere i propri pensieri ed emozioni può aiutare a comprenderli meglio e metterli in prospettiva.
  6. Ascoltare gli altri. Ascoltare davvero gli altri in modo attivo e non giudicante può aumentare la consapevolezza della prospettiva altrui. Pratica l’ascolto attivo quando sei con gli altri. Concentrati interamente sull’altro, mettendo da parte i tuoi pensieri interni. Aiuta l’altra persona a sentirsi compresa.
  7. Praticare la gratitudine. Prendersi del tempo per essere grati per le piccole cose della vita aumenta il senso di presenza e consapevolezza del momento.
  8. Assumersi la responsabilità. Prendere la responsabilità delle proprie azioni ed emozioni, invece di incolpare gli altri o le circostanze, aumenta consapevolezza ed empowerment.
  9. Diventa consapevole delle tue emozioni e sensazioni fisiche. Accoglile senza sopprimerle. Comprendi come emergono e in che modo influenzano il tuo modo di pensare e di agire.
  10. Impara dai tuoi errori. Non rimproverarti, ma cerca di capire quali processi mentali ti hanno portato a compiere quella scelta e come migliorare in futuro.
  11. Rivedi le tue abitudini e creane di nuove, più consapevoli. Ad esempio, mentre ti lavi i denti osserva i tuoi pensieri, oppure mangia stando interamente focalizzato sul cibo.
  12. Parla apertamente di consapevolezza con gli altri. Condividere le nostre esperienze aiuta sia noi che gli altri ad approfondirle.
  13. Leggi libri e materiali che ti aiutino a sviluppare la tua consapevolezza.