• Riassunto automatico della rassegna stampa

    Riassunto automatico della rassegna stampa

    [Tempo di lettura: 4 minuti]

    Ricevi ogni giorno o ogni settimana un elenco di ritagli di giornale ma non sei sicuro che valga la pena di leggere tutto? L’intelligenza artificiale può aiutarti a concentrare la tua attenzione dove più ti serve.

    Immagina di avere un assistente super-veloce e instancabile che lavora per te. Quando la rassegna stampa arriva nella tua casella email, ecco cosa succede in un lampo:

    1. “Intercettazione” Intelligente: la tua email, appena arriva, viene automaticamente inoltrata a uno speciale processore di posta elettronica che riconosce subito che è la tua rassegna stampa e si mette all’opera.
    2. Caccia al Tesoro Digitale: con la velocità di un fulmine, esamina l’email originale e trova tutti i link ai ritagli di giornale in PDF. Una volta trovati, li scarica diligentemente uno per uno.
    3. Il “Cervello” Artificiale al Lavoro: a questo punto entra in gioco un modello di linguaggio avanzato (LLM) di Google, un’intelligenza artificiale potentissima. Non appena riceve un ritaglio PDF, questo “cervello” virtuale lo legge, analizza il contenuto e crea un riassunto calibrato per essere letto in un minuto per ciascun ritaglio. Riesce persino a “leggere” i PDF scannerizzati (quelli che sono in realtà immagini), estraendo il testo in autonomia.
    4. La Consegna Veloce: una volta che tutti i riassunti sono pronti, vengono impacchettati in una nuova email, inviata direttamente alla tua mailing list. E voilà! In pochi minuti hai la tua rassegna stampa pronta da leggere, risparmiando tempo prezioso.

    Aspetti tecnici

    Se sei un tecnico e desideri sapere qualcosa in più sul funzionamento di questo sistema, eccoti accontentato.

    Flusso Dati e Componenti

    Il cuore del sistema risiede in un processo automatizzato che si attiva all’arrivo di ogni nuova rassegna stampa. Il flusso può essere idealmente suddiviso in queste fasi principali:


    Inoltro e Innesco

    1. Ricezione Iniziale: l’email della rassegna stampa viene ricevuta da un qualunque server di posta elettronica (es. gmail) e, tramite una regola di inoltro configurata, reindirizzata a un indirizzo email dedicato su un Virtual Private Server (VPS) Linux.
    2. Orchestrazione Email: sul VPS, un agente di consegna locale (come procmail) intercetta l’email in arrivo. La sua configurazione specifica riconosce le caratteristiche dell’email della rassegna stampa e, anziché consegnarla a una casella di posta tradizionale, ne reindirizza il contenuto (l’intera email grezza) come input standard a uno script Python principale. Questo “passaggio di consegne” è cruciale per attivare la logica di elaborazione personalizzata.
    3. I contenuti della rassegna stampa vengono inviati, ad uno ad uno, a Google Gemini per OCR e generazione del riassunto.
    4. La risposta viene ripulita ed aggregata, preparando il corpo e l’oggetto di un messaggio SMTP.
    5. Da un file prefissato, si estrae la mailing list e si procede all’invio dell’email a ciascuno degli indirizzi indicati.

    Elaborazione del Contenuto

    1. Parsing Email: il modulo iniziale dello script Python si occupa di analizzare il formato dell’email grezza. Questo include l’estrazione dell’oggetto, del mittente e, soprattutto, del corpo del messaggio.
    2. Vengono identificati e isolati gli URL dei ritagli di giornale presenti nel testo o nel codice HTML dell’email.
    3. Scarico Risorse Esterne: per ogni URL identificato, un modulo di rete dedicato tenta di scaricare il contenuto corrispondente. Il sistema è ottimizzato per riconoscere e gestire specificamente i file in formato PDF. I file scaricati vengono salvati temporaneamente in una struttura di directory organizzata, basata su identificatori unici derivati dall’email originale, garantendo l’isolamento dei contenuti per ogni rassegna.
    4. Sintesi con Intelligenza Artificiale: questa è la fase computazionalmente più intensiva e innovativa. Ogni file PDF scaricato viene inviato a un servizio esterno di intelligenza artificiale generativa (un Large Language Model o LLM multimodale). Il sistema di IA è istruito per:
      • Eseguire automaticamente l’OCR (Optical Character Recognition) sul PDF, se necessario, per convertire il contenuto immagine in testo leggibile.
      • Analizzare il testo estratto per comprenderne il significato.
      • Generare un riassunto conciso, estrarre parole chiave e identificare il titolo principale, seguendo istruzioni specifiche per la formattazione dell’output.
    5. Il riassunto testuale prodotto viene quindi ricevuto dal nostro script e salvato in un file di testo associato al PDF originale.

    Consolidamento e Distribuzione

    1. Consolidamento dei Riassunti: una volta generati tutti i riassunti per una data rassegna stampa, un modulo di aggregazione entra in azione. Scansiona la directory temporanea, identifica tutti i file di riassunto e li concatena in un unico documento finale.
    2. Questo modulo si occupa anche di pre-processare il testo per aggiungere un indice iniziale dei titoli principali, migliorando la leggibilità e la navigazione per l’utente finale.
    3. Infine, un modulo di invio email prende il documento consolidato, lo formatta come corpo di una nuova email. Utilizzando un server SMTP locale, invia questa email a una lista di destinatari predefinita, letta da un file di configurazione separato. L’oggetto dell’email viene generato dinamicamente, includendo dettagli come la data della rassegna e il numero di articoli riassunti, fornendo un’immediata contestualizzazione all’utente.

    Questo design modulare garantisce non solo l’efficienza del processo ma anche la sua manutenibilità e scalabilità, consentendo future estensioni o integrazioni con altri servizi.


    Immagine di copertina di Nicola Granà, generata con Google Gemini

  • Da ore a minuti: come Ugo, assicuratore, ha trasformato il suo lavoro con l’IA in sole due ore

    Da ore a minuti: come Ugo, assicuratore, ha trasformato il suo lavoro con l’IA in sole due ore

    [Tempo di lettura: 4 minuti]

    Quante volte abbiamo pensato che per innovare il nostro modo di lavorare servano corsi interminabili, investimenti costosi e cambiamenti radicali? A volte, bastano due ore e la giusta guida per innescare una vera e propria rivoluzione. Oggi vi racconto la storia di Ugo (nome di fantasia), un assicuratore esperto e competente, che ha visto il suo approccio al cliente trasformarsi completamente in un solo pomeriggio.

    Il nostro incontro è durato esattamente due ore. L’obiettivo? Semplificare e potenziare il modo in cui presenta i prodotti assicurativi ai suoi clienti.

    Le basi per una comunicazione moderna e professionale

    Siamo partiti dai fondamentali. Il primo passo è stato abbandonare gli allegati pesanti e le presentazioni statiche. Ugo ha imparato a:

    • Creare presentazioni efficaci con Google Workspace: uno strumento on line, flessibile, collaborativo e accessibile da qualsiasi dispositivo.
    • Esportarle in PDF: per garantire la massima compatibilità e un aspetto professionale, ma soprattutto tracciare le versioni dei documenti informativi diffusi via WhatsApp ed Email.
    • Condividerle con un link pubblico in sola lettura: basta email intasate! Un semplice link permette al cliente di visualizzare la presentazione ovunque, senza poterla modificare. Massima sicurezza e praticità.
    • Usare WhatsApp Web: spostare la comunicazione dal piccolo schermo del cellulare al comfort del computer, scrivendo più velocemente e gestendo le chat in modo più ordinato mentre si lavora.

    Già solo questo primo passo ha rappresentato per Ugo un notevole salto in avanti in termini di efficienza. Ma, naturalmente, siamo andati ben oltre.

    La creatività incontra l’efficienza con l’IA Generativa

    “Vorrei delle immagini belle per le mie slide, ma non ho tempo di cercarle e non so usare Photoshop”. Questa è un’esigenza comune. La soluzione? L’intelligenza artificiale generativa per immagini.

    Ho mostrato a Ugo come, con una semplice descrizione testuale (es. “DANNO GRANDINE TETTO”), potesse ottenere in pochi secondi un’immagine unica e originale da inserire nelle sue presentazioni. Niente più immagini stock viste e riviste. Ora le sue slide hanno un tocco personale e un impatto visivo decisamente maggiore.

    La vera magia. L’IA che legge i contratti per te

    Questo è stato il momento della svolta. Chi lavora nel settore assicurativo sa bene cosa significhi spulciare decine di pagine di condizioni contrattuali in PDF per estrarre le informazioni chiave da presentare al cliente. Un lavoro lungo, meticoloso e a rischio di omissioni.

    Qui abbiamo introdotto un modello linguistico di grandi dimensioni (LLM), il cuore dell’intelligenza artificiale moderna. Ho preparato per Ugo un semplice “prompt” (un comando testuale) standardizzato. Il suo nuovo flusso di lavoro è sbalorditivo:

    1. Carica il PDF delle condizioni contrattuali nel sistema di intelligenza artificiale.
    2. Incolla il prompt che abbiamo definito, chiedendo all’IA di “leggere il documento, estrarre i punti chiave come massimali, esclusioni, franchigie, garanzie principali e secondarie, e riassumerli in formato di elenco puntato, pronto per una presentazione a schede”.
    3. Attende pochi istanti.
    4. L’IA restituisce un testo già strutturato e sintetizzato, con tutte le informazioni cruciali che Ugo prima cercava manualmente per ore.

    Il risultato? Quello che prima richiedeva ore di lettura e riscrittura, ora si risolve in pochi minuti di copia-incolla e rifinitura. Ugo può ora dedicare il suo tempo non più alla ricerca di dati, ma a quello che sa fare meglio: dare valore al cliente, spiegare i dettagli e offrire una consulenza di altissimo livello.

    Conclusione: non sostituzione, ma potenziamento

    La storia di Ugo è l’esempio perfetto di come la tecnologia, e in particolare l’intelligenza artificiale, non sia qui per sostituirci, ma per potenziarci. Ha trasformato un processo lungo e noioso in un’attività rapida e strategica.

    In due ore, Ugo, che non aveva mai fatto presentazioni, non ha solo imparato a usare nuovi strumenti; ha cambiato la percezione del suo stesso lavoro. Ha capito che può automatizzare le parti meccaniche per liberare tempo e risorse mentali da dedicare a ciò che conta davvero: la relazione umana e la consulenza esperta.


    E tu? C’è un’attività nel tuo lavoro che ti sembra un’infinita perdita di tempo? Forse la soluzione è più vicina e più semplice di quanto pensi.


    Immagini generate da Nicola Granà con Google Gemini e Midjourney

  • Intelligenza Artificiale Amichevole al Lavoro: Il Tuo Nuovo “Utensile” per Impresa e Studio – Conversazioni dall’Evento

    Intelligenza Artificiale Amichevole al Lavoro: Il Tuo Nuovo “Utensile” per Impresa e Studio – Conversazioni dall’Evento

    [Tempo di lettura: 8 minuti]

    Recentemente ho avuto il piacere di condurre un incontro sull’Intelligenza Artificiale, e non nel solito modo complicato, ma parlandone come un vero e proprio “attrezzo” nella nostra cassetta degli strumenti. L’obiettivo? Dimostrare come l’IA possa essere un aiuto concreto per lavorare meglio, sia nelle PMI che negli studi professionali. Voglio condividere con te, caro Lettore, le riflessioni emerse e, perché no, continuare la conversazione che si è creata durante la presentazione.


    Le Domande Chiave Che Ci Hanno Guidato (e Guideranno Noi)

    Durante l’incontro, abbiamo cercato risposte a tre domande fondamentali. Sono le stesse domande che voglio porre oggi, per stimolare la tua riflessione:

    • Oltre a ChatGPT, quali altri tipi di IA possono essere utili in azienda? 
    • Quando faremo il passo, quale sarà l’impatto reale sulla nostra organizzazione? 
    • Come possiamo prepararci in modo intelligente? 

    Oltre ChatGPT: Le IA che Contano per la Produttività Quotidiana

    Molti di noi ormai conoscono e magari utilizzano strumenti di IA che scrivono email, articoli o riassumono testi, i cosiddetti Large Language Models (LLM). Sono utili, certo, e anche su questo ci siamo confrontati attivamente durante la presentazione: 

    come utilizzate già oggi gli LLM nella vostra azienda o nel vostro studio? E quali sono le vostre prime impressioni?

    Tuttavia, le maggiori opportunità per le nostre realtà aziendali e professionali spesso risiedono altrove. Abbiamo esplorato insieme due tipi di IA “amica” che possono avere un impatto diretto sulla nostra produttività quotidiana, ben oltre la semplice generazione di testo.


    Come “Ragiona” e “Impara” un’IA: L’Apprendista Digitale al Nostro Servizio

    Prima di addentrarci nelle applicazioni pratiche, è fondamentale capire un minuto come funziona l’IA, senza entrare in tecnicismi esasperanti. Dimenticate i film di fantascienza; pensate piuttosto a un sistema che impara in modo sorprendentemente simile a noi.

    • La Rete Neurale Artificiale: Al suo interno, l’IA ha una struttura ispirata al cervello umano, composta da milioni di “neuroni” digitali e connessioni. Ma all’inizio, è come il cervello di un neonato: una “tabula rasa”, non sa assolutamente nulla. La “forza” di queste connessioni determina il suo “ragionamento”.
    • Il Metodo del “Maestro” (Backpropagation): L’IA impara dall’esperienza, esattamente come facciamo noi. Le mostriamo migliaia di esempi (immaginate foto di fatture, testi, suoni). Per ogni esempio, la rete prova a dare una risposta. Se sbaglia, un algoritmo che chiamiamo “maestro” la corregge, inviando un segnale all’indietro (la famosa “backpropagation”) che le dice: “Hai sbagliato, modifica leggermente le tue connessioni interne per non rifare questo errore”.
    • Specializzazione e Limiti: Dopo aver ripetuto questo processo milioni di volte, la rete diventa un’esperta assoluta in quel compito specifico. Ma questo ci porta a un punto cruciale: l’IA risponderà sempre e solo in base al suo addestramento. Non può “creare” conoscenza dal nulla o ragionare fuori dal suo campo di esperienza. Questo la rende incredibilmente potente per compiti specifici, ma allo stesso tempo limitata, ed è proprio questo che rende il nostro controllo umano così fondamentale.

    Le IA “Amiche” per la Tua Attività: Esempi Concreti

    Durante l’incontro, abbiamo visto come l’IA possa trasformarsi in un valido alleato.

    1. L’IA che Vede e Organizza: Il Tuo Assistente per i Lavori Noiosi
      • Questa intelligenza artificiale è in grado di leggere i documenti al posto nostro e automatizzare i compiti ripetitivi. Immaginate la lettura automatica di fatture, bolle, ordini. Non è fantascienza: estrae i dati (fornitore, importo, IVA) e pre-compila registrazioni contabili.
      • Secondo studi della Harvard Business Review, l’automazione dei processi amministrativi e di back-office è uno degli usi più comuni e di maggior valore dell’IA nelle aziende. È un modo per liberare tempo prezioso.
      • Durante la presentazione, abbiamo visto insieme un breve filmato che mostra esattamente di cosa stiamo parlando: un software di IA che acquisisce una fattura in PDF, ne estrae i dati e pre-compila una registrazione contabile. Si è anche osservato che se l’IA è addestrata su dati generici non raggiunge l’affidabilità di un’IA addestrata su dati specifici dell’azienda in cui è attiva. Lo scarto si riduce nel tempo, anche di 15 – 20 punti percentuali ma resta di quasi 10 punti percentuali meno affidabile.
    1. L’IA che Prevede: Decidere Meglio Guardando i Numeri
      • Questo secondo tipo di IA è come avere un consulente sempre a disposizione, capace di analizzare i vostri dati di vendita o produzione e mostrarvi correlazioni e tendenze che a occhio nudo non vedreste.
      • Pensa a domande come: “Quale prodotto vende di più in questo periodo?” “Quale cliente è a rischio di abbandono?” “Quando è il momento migliore per fare le scorte di magazzino?” L’IA trasforma i dati che già possediamo in informazioni utili per decisioni più rapide e informate.
      • Molte volte capita di avere un grosso foglio di calcolo con parecchi dati ma che, per comprenderne il contenuto, sia necessario ricorrere a persone esperte e comunque ad un certo impegno. Ora, invece, è possibile scrivere le domande in linguaggio naturale ed ottenere risposte affidabili.

    Quale Sarà l’Impatto Reale Sulla Tua Organizzazione? 

    Nessuna Sostituzione, Solo Valorizzazione

    Questa è una delle domande più frequenti e più importanti. L’impatto non è, come molti temono, un taglio di posti di lavoro. Al contrario, è uno spostamento strategico:

    • Meno tempo su compiti a basso valore (archiviare, trascrivere, ecc.).
    • Più tempo su compiti ad alto valore (parlare con i clienti, risolvere problemi complessi, fare strategia e innovazione).
    • Le persone non vengono sostituite, ma valorizzate: la loro esperienza diventa cruciale per controllare, affinare e usare al meglio le informazioni fornite dall’IA.

    Un titolare di uno studio professionale ha raccontato un’esperienza molto calzante: a seguito dell’uscita di una figura chiave, sono riusciti a sopperire alla mancanza combinando l’uso strategico di un LLM con l’esperienza consolidata del titolare stesso. Questo dimostra come l’IA possa essere un potente strumento di supporto in situazioni critiche.


    Attenzione alla “Trappola del MIT”: Usarla Bene per Non Diventare “Pigri”

    C’è un modo giusto e un modo sbagliato di usare questi strumenti. L’IA è un aiuto, non una scorciatoia per non pensare.

    Uno studio del prestigioso MIT ha evidenziato un rischio concreto: un uso passivo e acritico dell’IA (il classico copia-incolla senza comprensione) può ridurre le nostre capacità critiche. Le persone diventano più brave a ottenere risposte, ma meno brave a capirle.

    Su questo punto, la discussione è stata molto vivace: siete tecno-ottimisti o tecno-pessimisti riguardo all’impatto dell’IA sulle nostre capacità?


    La Regola d’Oro: L’Esperienza Umana Guida la Macchina

    La soluzione a questa “trappola” è semplice e ci mette al centro. Siamo noi, con la nostra esperienza, a dover guidare, controllare e usare il risultato del lavoro dell’IA.

    • L’IA propone, l’umano decide.
    • L’IA analizza i dati, l’umano interpreta il contesto.
    • L’IA esegue il compito, l’umano verifica la qualità.

    È un rapporto di potenziamento reciproco. Come ha sottolineato una persona attiva nel mondo della formazione sulla sicurezza, la diffusione dell’IA ci permette di liberare energie per concentrarci sulla “cura del rapporto tra le persone”, un aspetto fondamentale che nessuna macchina potrà mai sostituire.


    Da Dove Iniziamo? 

    Il Metodo Semplice per un Primo Passo

    Non servono grandi rivoluzioni o investimenti faraonici per iniziare. Il percorso che abbiamo suggerito è semplice e replicabile:

    1. OSSERVARE: Identificare UN solo problema specifico nel vostro lavoro quotidiano. Qual è quell’attività…
      • …noiosa? 
      • …ripetitiva? 
      • …o dove si fanno più errori? 
      • …che sareste felici di non fare più? 
    2. PROVARE: Cercare uno strumento di IA che possa risolvere quel problema e testarlo. Spesso esistono versioni gratuite o periodi di prova. L’investimento iniziale è il tempo che dedicate alla prova, non necessariamente denaro. Un piccolo suggerimento: provate a usare l’IA del vostro smartphone per dettare una mail, è un primo passo semplicissimo!
    3. COINVOLGERE: Non sottovalutate l’importanza di parlarne con i vostri collaboratori. La loro esperienza è fondamentale per identificare i problemi reali e per l’adozione degli strumenti.

    E voi, se doveste fare un piccolissimo primo passo domani, quale potrebbe essere?


    In Sintesi: Tre Idee da Portare a Casa

    Siamo arrivati alla fine di questa riflessione. Se dovessimo portarci a casa tre idee chiave, sarebbero queste:

    • L’IA è un aiuto concreto, non fantascienza. È un utensile, non un capo.
    • Il valore più grande è liberare tempo per attività più importanti e a più alto valore.
    • Il segreto è partire in piccolo e mantenere sempre il controllo umano. L’esperienza non viene sostituita, ma potenziata. Il manico di questo utensile resta saldamente nelle nostre mani.

    Appendice: che differenza c’è tra Large Language Model e Sistema Esperto?

    Sistema Esperto:

    Un Sistema Esperto è un programma che simula il processo decisionale di un esperto umano in un dominio specifico.

    È composto da:

    • Base di conoscenza: regole del tipo “SE condizione ALLORA azione”
    • Motore inferenziale: algoritmo che applica le regole ai dati

    Funziona come un esperto umano digitalizzato: riceve input, applica le regole programmate e fornisce conclusioni spiegabili.

    Esempio: un sistema medico che con sintomi specifici suggerisce diagnosi seguendo protocolli codificati.

    LLM:

    Un LLM (Large Language Model) è una rete neurale addestrata su enormi quantità di testo per predire la parola successiva in una sequenza.

    Attraverso questo processo apparentemente semplice, sviluppa la capacità di comprendere e generare linguaggio naturale, acquisendo conoscenze e abilità cognitive che emergono dai pattern statistici del testo.

    In sostanza: un sistema che ha imparato a “continuare” conversazioni leggendo miliardi di esempi.

    Differenze tra Sistema Esperto e LLM

    Funzione

    Sistema Esperto

    Replicare il ragionamento di un esperto umano in un dominio specifico

    LLM

    Comprendere e generare linguaggio naturale simulando competenze cognitive generali

    Funzionamento

    Sistema Esperto

    Motore inferenziale che applica regole logiche su una base di conoscenza strutturata

    LLM

    Reti neurali che processano sequenze attraverso meccanismi di attenzione

    Funzionalità

    Sistema Esperto

    Fornisce spiegazioni trasparenti del processo decisionale, ma limitato al dominio

    LLM

    Versatilità cross-dominio ma con ragionamento spesso opaco

    Collocazione

    Sistema Esperto

    Si inserisce come sostituto dell’esperto umano in contesti specializzati

    LLM

    Si posiziona come interfaccia linguistica universale tra umani e informazione

    La differenza chiave emerge nella collocazione: il Sistema Esperto sostituisce l’esperto, l’LLM media la comunicazione.

  • Rete, flusso e punto di vista

    Rete, flusso e punto di vista

    [Tempo di lettura: 17 minuti]

    Il pensiero è un flusso bioelettrico e biochimico

    Un flusso bioelettrico è un movimento direzionato di particelle cariche elettricamente (principalmente ioni come Na⁺, K⁺, Ca²⁺, e Cl⁻) attraverso membrane biologiche, tessuti o interi organismi viventi.

    Gli ioni si muovono seguendo il loro gradiente elettrochimico (una combinazione del gradiente di concentrazione e del gradiente elettrico) attraverso proteine canale specifiche o trasportatori inseriti nelle membrane cellulari.

    Un flusso biochimico è il movimento, la trasformazione e l’interazione sequenziale di molecole (come substrati, intermedi, prodotti, enzimi, ormoni, neurotrasmettitori) all’interno di un sistema biologico (cellula, tessuto, organo, organismo).

    Coinvolge una vasta gamma di molecole biologiche, dai piccoli ioni e metaboliti (zuccheri, amminoacidi, lipidi) alle macromolecole complesse (proteine, acidi nucleici).

    Un neurotrasmettitore è una sostanza chimica (un flusso biochimico specifico) che agisce come messaggero per trasmettere segnali attraverso una sinapsi, ovvero lo spazio di giunzione tra un neurone (la cellula nervosa presinaptica) e un’altra cellula (che può essere un altro neurone, una cellula muscolare o una cellula ghiandolare – la cellula postsinaptica).

    • L’arrivo di un impulso nervoso (un flusso bioelettrico, specificamente un potenziale d’azione) al terminale assonico del neurone presinaptico innesca il rilascio dei neurotrasmettitori.
    • Il neurotrasmettitore diffonde attraverso la fessura sinaptica (un flusso biochimico di molecole nello spazio extracellulare).
    • Legandosi a recettori specifici sulla membrana della cellula postsinaptica, il neurotrasmettitore provoca una risposta che spesso è la generazione (o la modulazione) di un nuovo flusso bioelettrico (potenziale postsinaptico eccitatorio o inibitorio) o l’attivazione di ulteriori flussi biochimici intracellulari (cascate di secondi messaggeri).

    L’attività mentale si manifesta, a livello più elementare, come un incessante flusso di segnali elettrici e chimici attraverso reti neurali. I potenziali d’azione scorrono lungo gli assoni, i neurotrasmettitori fluiscono attraverso le sinapsi.

    Questa è la realtà fisica del pensiero. È un flusso bioelettrico e biochimico.

    Ogni pensiero è un flusso.

    Flusso nel flusso della Piave, foto di Nicola Granà

    Cognizione incarnata

    Questa attività fisica, questa “perturbazione”, non è solo rumore o semplice attività fisiologica di mantenimento; essa è intrinsecamente informazione. Non c’è un “significato” che si aggiunge dopo al fenomeno fisico; la specifica natura e configurazione del fenomeno fisico costituisce l’informazione a quel livello.

    Quando vedi una linea rossa verticale, un certo insieme di neuroni nella tua corteccia visiva specializzati nel rilevare il colore rosso e l’orientamento verticale si attiveranno in un modo specifico. Se vedi un cerchio blu, un diverso insieme di neuroni (o lo stesso insieme con un diverso schema di attivazione temporale e di intensità) diventerà attivo. Questo specifico schema spazio-temporale di attività elettrica e chimica è il “pattern di attivazione”

    Quel pattern di attivazione non è semplicemente un correlato della tua percezione della linea rossa; esso è la rappresentazione neurale della linea rossa a quel livello di elaborazione. Non c”è bisogno di cercare un’altra “immagine” della linea rossa da qualche altra parte nel cervello. Il cervello “conosce” la linea rossa attraverso la generazione e l’interpretazione (da parte di altri neuroni a valle) di quel particolare pattern di attività. La struttura fisica del flusso (il pattern di ioni in movimento e i potenziali risultanti) è la forma dell’informazione.

    Osservare una linea rossa verticale. Nicola Granà con midjourney.

    Il “significato” più ricco e contestualizzato di un’informazione (la “rossezza” della linea, il suo essere parte di un oggetto, il suo valore emotivo o la sua rilevanza per un’azione) non è contenuto staticamente in un singolo pattern isolato.

    Il significato emerge dall’interazione continua e dinamica di molteplici pattern di attivazione attraverso diverse aree cerebrali; dipende dal contesto, per cui lo stesso pattern di attivazione in un piccolo gruppo di neuroni può assumere significati diversi a seconda dello stato globale del cervello; viene attivamente costruito attraverso dinamiche di flusso, basate sull’esperienza passata, che ha plasmato le connessioni della rete come l’acqua di un fiume ne modifica le anse, e sugli input attuali.

    Nel flusso neurale, il pattern di attivazione non è un simbolo arbitrario che “sta per” qualcos’altro in modo completamente distaccato dalla sua natura fisica. La sua specifica forma fisica, la sua dinamica, è l’informazione a quel livello di codifica. Il “territorio” di un pensiero, al momento della sua occorrenza fisica nel cervello, è quel flusso di pattern di attivazione. La “mappa” del pensiero (il pattern neurale) e il “territorio” del pensiero (l’evento mentale implementato fisicamente) si fondono.

    Localmente ed istantaneamente, la distinzione netta tra il codice e il contenuto si sfuma.

    Il processo fisico è il processo cognitivo / informativo, non un mero “supporto” inerte per simboli astratti. Il significato è intrinseco alla forma e alla dinamica del flusso all’interno della rete neurale. La sintassi del pattern neurale è inseparabile dalla sua semantica elementare.

    Un pattern di attivazione (che è “territorio” a sé stante) diventa a sua volta mappa o segnale per altri flussi neurali a valle, che lo interpretano e lo trasformano. Quindi, si può pensare che localmente e istantaneamente ci sia un’implosione tra mappa e territorio ma il significato globale si costruisce attraverso gerarchie e cicli di flussi. Globalmente, mappa e territorio non coincidono.

    “A map is not the territory” – Alfred Korzybski

    Il flusso neurale, nella sua specifica configurazione fisica, è l’informazione.

    Due neuroni connessi, Nicola Granà con Midjourney

    Il sentiero ed il percorso

    Il flusso di per sé è un concetto incompleto, non c’è flusso senza rete. Questa a sua volta è tale in quanto sede di un flusso, altrimenti non ha natura di rete.

    • Un sentiero in un bosco esiste perché è percorso.
    • Le rotte commerciali si formano lungo direttrici di scambio.
    • L’erosione sulla sponda esterna di un fiume e la deposizione su quella interna sono l’effetto del flusso d’acqua e la causa di un cambiamento nel fiume stesso.
    • Le connessioni sinaptiche si rafforzano o indeboliscono in base all’attività neurale che le attraversa.

    La topologia (la struttura dei nodi e delle connessioni) influenza profondamente la natura dei flussi che possono transitare.

    Ma è altrettanto vero che…

    i flussi persistenti possono scolpire e rimodellare la topologia della rete in cui scorrono.

    Flusso e rete non sono entità separate, ma due facce della stessa medaglia dinamica, in continua co-evoluzione.

    Stalagmiti nelle grotte di Frasassi, foto di Nicola Granà

    Plasticità ed apprendimento

    Come sappiamo, i neuroni comunicano tra loro attraverso giunzioni specializzate chiamate sinapsi.

    La “plasticità sinaptica” è la capacità di queste sinapsi di modificare la loro forza, l’efficacia con cui un neurone presinaptico influenza un neurone postsinaptico nel tempo, in risposta a cambiamenti nell’attività neurale.

    Il fondamento di memoria ed apprendimento sta qui.

    Nel libro: The organization of behavior; a neuropsychological theory. Wiley, New York, 1949 del canadese Donald O. Hebb, troviamo questo principio, noto come “regola di Hebb”:

    Se un neurone A è abbastanza vicino ad un neurone B da contribuire ripetutamente e in maniera duratura alla sua eccitazione, allora ha luogo in entrambi i neuroni un processo di crescita o di cambiamento metabolico tale per cui l’efficacia di A nell’eccitare B viene accresciuta.

    sintetizzata nel motto:

    neurons that fire together, wire together

    Questo processo deve avvenire ripetutamente o in modo persistente. È la costanza di questa relazione temporale che innesca il cambiamento.

    Ci sono molteplici implicazioni su come si sviluppa l’apprendimento:

    • associamo stimoli o eventi che si verificano insieme (vedi condizionamento pavloviano);
    • i ricordi sono pattern di connessioni sinaptiche rafforzate tra neuroni che sono stati attivati insieme durante l’esperienza originale;
    • emergono nella rete schemi di flusso preferenziali, per cui l’attivazione di una parte del gruppo di neuroni può portare all’attivazione dell’intero gruppo, rappresentando un concetto, una cosa, un frammento di memoria.

    Un’altra importantissima conseguenza è che la storia dei flussi influenza la probabilità e la natura dei flussi futuri. Questo aspetto è ben noto in teoria della complessità ed è anche ciò che rende unica l’esperienza di vita di ciascuno.

    Il cervello è un luogo in cui l’informazione si auto-organizza

    Grazie alle tecnologie di neuroimaging, siamo in grado di mappare la connettività da due punti di vista:

    • connettività strutturale: Tecniche come la Diffusion Tensor Imaging (DTI) e la trattografia permettono di mappare i fasci di sostanza bianca che collegano diverse aree cerebrali, creando matrici di connettività strutturale.
    • connettività funzionale: Tecniche come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) a riposo o durante compiti specifici, l’elettroencefalografia (EEG) e la magnetoencefalografia (MEG) misurano la correlazione statistica nell’attività tra diverse regioni cerebrali, inferendo connessioni funzionali.

    Le connessioni tra neuroni del cervello assomigliano alle relazioni tra i miei amici: tendono ad essere connessi anche tra loro, formando gruppi o “cricche” densamente interconnesse.

    Questa è la base per la segregazione funzionale, ovvero la specializzazione di moduli locali per compiti specifici (ad esempio, aree visive specializzate nell’elaborazione dei colori, altre per le forme, ecc.

    Nel contempo, vale un principio di integrazione globale: l’informazione viaggia velocemente anche tra aree relativamente distanti del cervello. È possibile andare da un qualsiasi nodo all’altro della rete attraverso un numero sorprendentemente piccolo di “passi” o connessioni intermedie. Questo ci ricorda famoso principio dei “sei gradi di separazione”, secondo il quale ciascuna persona può arrivare a contattare qualunque altra nel mondo con, mediamente, solo 6 passaggi intermedi.

    Questa polarità ☯ tra:

    • moduli specializzati che elaborano in parallelo l’informazione
    • l’integrazione globale che distribuisce l’informazione ai moduli e porta ad un effetto coerente

    è un’ottimizzazione che combina potenza di elaborazione ed efficienza metabolica.

    Tra parentesi, mi chiedo se questo modello possa spiegare certi incredibili risultati ottenuti col metodo Feuerstein persino in casi di gravi lesioni cerebrali. Se viene lesionata una regione del cervello che si occupa del linguaggio, forse se ne può riorganizzare un’altra per svolgere lo stesso compito.

    Immagine di DarwinPeacock, Maklaan – Creative Commons Attribution 3.0 Unported

    Un po’ come succede nei social network, più alcuni nodi vengono attraversati da flussi, più tenderanno ad esserlo ulteriormente perché hanno un piccolo vantaggio posizionale rispetto agli altri. Tali nodi possono diventare centrali e possono arrivare ad essere attraversati da porzioni di flusso molto maggiori degli altri.

    Invece di un picco attorno a una media, in questa situazione gli eventi piccoli sono molto comuni, mentre gli eventi grandi sono rari, ma non impossibili o trascurabili. Non c’è un punto in cui si può dire “gli eventi più grandi di così sono troppo rari per essere considerati”.

    In un sistema come questo, detto: “ad invariata di scala”, la cui struttura non varia a seconda della scala usata nell’osservarlo, chiedere quale sia la “dimensione tipica” di un evento o la “connessione tipica” di un nodo è come chiedere quale sia la dimensione tipica di una città sulla Terra: ci sono metropoli enormi, città grandi, medie, piccole, villaggi minuscoli, e non c’è una dimensione che rappresenti “la norma” per la maggioranza.

    Essere “scale-free” permette al cervello di interagire e processare informazioni su un’ampia gamma di scale spaziali e temporali simultaneamente, senza essere sintonizzato rigidamente su una scala preferenziale.

    Il cavolo romanesco ha una struttura geometrica frattale: osservandolo a vario ingrandimento si ritrovano gli stessi schemi geometrici.

    D’altra parte, se osserviamo schemi ricorrenti e stabili nei flussi di attivazione di popolazioni neuronali (livello micro), possiamo iniziare a parlare di un “flusso di elaborazione percettiva”, un “flusso di recupero mnemonico” o un “flusso decisionale” (livello macro). Questi “meta-flussi” o flussi astratti hanno le loro proprie dinamiche, regole di interazione e possono essere a loro volta componenti di flussi ancora più complessi (es. il flusso di una conversazione, il flusso di risoluzione di un problema complesso).

    Ogni livello di astrazione può esibire proprietà emergenti che non sono evidenti osservando i componenti del livello inferiore.

    Un singolo neurone non “decide”, ma un flusso di attività coordinato attraverso vaste popolazioni neurali può rappresentare un processo decisionale.

    I flussi al livello inferiore danno origine ai flussi al livello superiore, ma le dinamiche e i “vincoli” imposti dai livelli superiori possono a loro volta influenzare e modulare i flussi ai livelli inferiori.

    Immagina di studiare il flusso dell’acqua lungo una costa frastagliata, che spesso ha una cosiddetta geometria frattale, ad invarianza di scala.

    Immagini elaborate dall’ESA, Copernicus Sentinel data (2024), licenza CC BY-SA 3.0 IGO

    Con un satellite (bassa risoluzione, ampia scala), vedi le grandi correnti oceaniche (meta-flussi macroscopici).

    Photo by Kelly

    Con una telecamera su un drone (media risoluzione, scala intermedia), vedi il flusso delle onde che si infrangono, i mulinelli attorno agli scogli (meta-flussi a scala mesoscopica).

    Ritaglio di foto di LouisJos da Pixabay

    Con una lente d’ingrandimento (alta risoluzione, microscala), vedi il flusso dell’acqua tra i granelli di sabbia (flussi microscopici di percolazione).

    Simulazione di battigia vista da molto vicino, Nicola Granà con midjourney

    In questo esempio, la complessità del percorso dell’acqua o la distribuzione delle velocità del flusso mostrano schemi statistici simili a ciascuna di queste scale. Il “meta-flusso” definito (corrente, onda, percolazione) dipende chiaramente dallo “zoom“, dall’ingrandimento, dalla scala di osservazione.

    Attenzione!

    A parità di capacità elaborativa, l’osservazione cambia non solo se cambia l’ingrandimento ma anche se ci spostiamo “lateralmente”, facendo rientrare nel nostro campo di osservazione una diversa porzione del sistema osservato.

    Non possiamo proprio porre attenzione a tutto contemporaneamente.

    Il famoso adeguamento tra realtà ed intelletto (Veritas est adaequatio rei et intellectus, molto caro a San Tommaso d’Aquino) è un lavorio di cognizione che porta all’attivazione di schemi neurali che sono il supporto di ricordi e concetti. Un lavorio che si basa sul porre attenzione a vari aspetti, un po’ alla volta, non saltando di palo in frasca scompostamente ma in modo sistematico secondo logiche di vicinanza, in modo che ogni porzione attenzionata si raccordi con le precedenti.

    Punti di vista. Nicola Granà con Google Gemini.

    Se ad un certo momento ci chiediamo cosa sappiamo, cosa per noi è vero attualmente, chiamiamo in causa ricordi e concetti: la mappa tracciata finora.

    Di conseguenza possiamo dire che…

    la verità è lo stato del processo cognitivo.

    Questione di punti di vista

    Verifichiamolo in una situazione “estrema”, ma senza scomodare il drammatico mondo delle investigazioni. Limitandoci a quello più confortevole della contemplazione. Prendi in considerazione una scultura anamorfica.

    L’anamorfosi gioca sulla relazione tra l’oggetto, lo spazio e l’osservatore, creando un momento di sorpresa e scoperta quando l’ordine nascosto viene finalmente svelato dalla giusta prospettiva.

    Scultura anamorfica realizzata da Thomas Medicus. Video dal canale YouTube di Molten Immersive Art, disponibile a questo link.

    Nell’opera proposta, ci sono le raffigurazioni di 4 animali, ciascuna ben riconoscibile da un’opportuna prospettiva, corrispondente alla perpendicolare ad uno dei 4 lati verticali del cubo. Entro un certo angolo di visuale rispetto alla perpendicolare, la figura è ancora riconoscibile.

    E se ti chiedessi: “Qual è l’oggetto realmente rappresentato dall’opera?”. Credo che la tua risposta dipenderebbe dal punto di vista. Immagina di essere proprio fisicamente presso il museo. Immagina di passeggiare intorno all’opera continuando ad osservarla. Staresti acquisendo varie porzioni dell’osservato e ti staresti facendo un’idea di come sia stata concepita, al punto da potermi rispondere fornendo un modello predittivo completo. “L’artista ha sapientemente disposto dei frammenti colorati in uno spazio cubico organizzato con delle liste verticali di vetro. Nella prima faccia che ho visto, i frammenti erano disposti in modo da raffigurare un felino. Spostandomi, la figura sembrava scomporsi per poi, proseguendo lo spostamento nella stessa direzione, ricomporsi a formare un pesce…”. Lo spostamento graduale consente di integrare le prospettive. Qualcosa di simile potrebbe accadere se ci fossero vari amici fermi in prossimità dell’opera, ciascuno dei quali ti riferisce cosa sta vedendo. Anche in questo caso, puoi integrare varie prospettive.

    (Mi viene in mente il funzionamento della Tomografia Assiale Computerizzata.)

    Se invece potessi usare una sola prospettiva, se non potessi spostarti né comunicare con qualche altro osservatore che utilizzi una prospettiva differente, la tua risposta risulterà avere una capacità predittiva ridottissima. “L’opera è in vetro, per lo più trasparente ma con frammenti opportunamente colorati. Grazie alla disposizione di tali frammenti, raffigura un felino”.

    Posso anche immaginare un caso molto particolare: supponiamo che tu possa esaminare l’opera da una sola prospettiva al giorno e che tu debba cambiarla ogni giorno, per quattro giorni. Supponiamo che ci sia un ulteriore vincolo per cui la prospettiva che puoi usare è proprio una delle 4 ortogonali di cui sopra. Il risultato è che potresti lecitamente avere il dubbio che ogni giorno l’opera venga sostituita con un’altra!

    Quello del “punto di vista” è un concetto puramente spaziale e visivo. Si riferisce alla posizione fisica da cui un osservatore guarda una scena. Da questo punto specifico, alcuni elementi sono visibili, altri sono nascosti, alcuni appaiono grandi e vicini, altri piccoli e lontani. Cambiando la posizione fisica, la percezione della scena si modifica radicalmente. Questa è un’esperienza universale e concreta per ogni essere umano, sicché ciò che hai appena letto dovrebbe risultarti noiosamente ovvio.

    Considera il passaggio appena fatto come un trampolino, per tuffarci dentro la profondità della tua stessa mente.

    Le scienze cognitive, in particolare la linguistica cognitiva e la teoria della metafora concettuale di George Lakoff e Mark Johnson, hanno dimostrato come il nostro sistema di pensiero sia fondamentalmente metaforico. Utilizziamo domini concreti e familiari (come lo spazio, il movimento, la vista) per comprendere e parlare di domini astratti (come le idee, le opinioni, le emozioni).

    Realtà concretaMondo interiore
    La posizione fisica dell’osservatoreL’insieme di credenze, esperienze e conoscenze di un individuo.
    La scena osservataUn argomento, un problema, un concetto.
    Ciò che è visibile dalla propria posizioneLe informazioni e le argomentazioni che una persona considera rilevanti e accetta.
    Ciò che è nascosto o fuori campoLe informazioni e le argomentazioni che vengono ignorate, non conosciute o considerate irrilevanti.
    La prospettiva visiva (oggetti vicini/lontani)La gerarchia di importanza data ai diversi aspetti di un concetto.
    Cambiare posizione fisica per vedere meglioCambiare prospettiva, considerare nuove idee, mettersi “nei panni di un altro”.

    Applichiamo il concetto di punto di vista traslato al mondo interiore in un caso.

    Due persone, un trader di borsa e un genitore apprensivo, hanno entrambi il concetto di “rischio”. A livello base, la rete neurale per il concetto astratto di rischio potrebbe essere simile. Ma il loro punto di vista sul rischio modella questa rete in modi radicalmente diversi.

    Per il trader, la rete “rischio” è fortemente connessa con le reti di “opportunità”, “guadagno”, “volatilità”, “calcolo delle probabilità”. L’attivazione di “rischio” innesca immediatamente l’attivazione di queste altre reti. Le connessioni con “pericolo” o “perdita totale” potrebbero essere più deboli o mediate da concetti di “gestione” e “stop loss”. La valenza emotiva (processata da amigdala e corteccia prefrontale) potrebbe essere di eccitazione.

    Per il genitore, la rete “rischio” è collegata in modo quasi autostradale con “pericolo”, “protezione”, “sicurezza dei figli”, “evitare”. L’attivazione di “rischio” scatena una risposta emotiva di ansia e innesca concetti legati alla prevenzione. Le connessioni con “opportunità” sono sentieri impervi e poco battuti.

    Possiamo anche pensare ad un’ampia casistica nella nostra vita quotidiana. Prima, però, introduco il termine engramma: la traccia fisica o biologica che un’esperienza o un apprendimento lascia nel sistema nervoso, rappresentando la base neurobiologica della memoria. In altre parole, l’engramma è la modifica biochimica, biofisica o morfologica che avviene nei neuroni e nelle loro connessioni (sinapsi) quando viviamo un’esperienza, permettendo così la conservazione e il successivo richiamo di un ricordo. L’engramma è un fenomeno emergente da molteplici attivazioni neuronali e modificazioni sinaptiche, proprio come il comportamento dell’atomo emerge dal comportamento collettivo degli elettroni.

    Modo di Dire Comune (Introspezione)Traduzione in Termini di Attivazione Neurale
    “Questo concetto mi è chiaro.” / “Ho capito.”L’engramma (la rete neurale) che rappresenta il concetto è stabile e ben definito. Le connessioni sinaptiche al suo interno sono forti e consolidate. L’attivazione fluisce rapidamente e con un alto rapporto segnale/rumore, producendo un’esperienza soggettiva di coerenza e assenza di ambiguità.
    “Non riesco ad afferrarlo.” / “È un’idea oscura.”La rete neurale per questo concetto è debole, instabile o incompleta. I neuroni che dovrebbero costituirla non sono ancora legati da connessioni forti. L’attivazione è incerta, “rumorosa”, e potrebbe attivare schemi contrastanti, generando la sensazione di confusione o di “nebbia mentale”.
    “Questo concetto è più astratto di quest’altro.”Lo schema di attivazione del concetto astratto è più distribuito. Coinvolge aree cerebrali funzionalmente distanti (es. aree associative, corteccia prefrontale) e non è ancorato primariamente alle cortecce sensoriali. Un concetto concreto (“sedia”) ha una rete più focalizzata su aree visive, motorie e tattili.
    “Ho collegato i puntini!” / “Ora vedo il nesso.”È avvenuta la formazione di nuove connessioni sinaptiche significative tra due o più engrammi che prima erano separati o debolmente collegati. È l’esperienza soggettiva di un insight, un “Aha! moment”, che corrisponde a una riorganizzazione fisica della rete.
    “Questa idea mi stride.” / “Rifiuto questo concetto.”Si verifica un conflitto neurale (dissonanza cognitiva). La rete del nuovo concetto è in competizione diretta con una rete preesistente, forte e consolidata (il nostro “punto di vista”). L’attivazione della nuova idea è inibita o crea uno stato di incoerenza che il cervello (in particolare la corteccia cingolata anteriore) rileva come un errore o un disturbo.
    “Ho interiorizzato questo principio.” / “Mi risuona.”Il concetto non è solo “chiaro”, ma la sua rete è diventata profondamente integrata con altre reti centrali, come quelle che rappresentano i nostri valori, la nostra identità (corteccia prefrontale mediale) e i nostri ricordi autobiografici. L’attivazione si propaga in modo armonico, rafforzando altre reti affini.
    “Ce l’ho sulla punta della lingua.”È un caso di attivazione parziale dell’engramma. La rete semantica (il significato del concetto o della parola) è pienamente attiva, ma la connessione verso la rete fonologica corrispondente (la sequenza di suoni per pronunciarla) è temporaneamente inibita o inaccessibile. Si sa cosa si vuole dire, ma non si trova “la parola”.
    “Ho cambiato prospettiva.” / “Mi hai aperto gli occhi.”Rappresenta una neuroplasticità su larga scala. Non si tratta solo di aggiungere un’informazione, ma di una ristrutturazione gerarchica delle reti. Le “autostrade” neurali del vecchio punto di vista sono state indebolite e sono stati rafforzati percorsi alternativi, che ora diventano le nuove vie preferenziali per l’elaborazione delle informazioni.

    Rete, flusso e punto di vista: tre facce della stessa medaglia

    Il flusso di pensiero rappresenta l’aspetto dinamico e continuo della nostra attività mentale: idee, associazioni, riflessioni che si susseguono nel tempo. È un processo in movimento, in cui le informazioni si trasformano e si collegano in modo fluido.

    Dietro al flusso di pensiero c’è una rete di neuroni interconnessi. Questa rete è la struttura fisica e funzionale che permette la trasmissione e l’elaborazione delle informazioni. Le connessioni sinaptiche tra neuroni formano circuiti complessi che supportano la comunicazione e l’integrazione di segnali elettrici e chimici.

    Gli engrammi rappresentano le tracce stabili o semi-stabili di memoria e apprendimento all’interno di questa rete. Sono i “punti di vista”, attraverso cui il cervello codifica e richiama esperienze passate, influenzando così il modo in cui percepiamo e interpretiamo il mondo. Ogni engramma può essere visto come un punto di riferimento specifico nella rete, che contribuisce a dare senso e coerenza al flusso di pensiero.

    La paradossale medaglia a tre facce che rappresenta la triade: rete, flusso e punto di vista è il simbolo yin-yang. La rete è yin, il flusso è yang ed il punto di vista è la loro unione dinamica. Da soli, nessuno dei tre ha senso. Insieme, spiegano la dinamica fondamentale con cui la mente elabora informazione e conoscenza.

    Yin Yang – Rete, flusso e punto di vista. Nicola Granà con Google Gemini
  • L’Ecosistema Armonioso e il Vento del Cambiamento

    L’Ecosistema Armonioso e il Vento del Cambiamento

    [Tempo di lettura: 8 minuti]

    Una storia inventata ma plausibile. Accomodati e ascolta la storia dello Studio Iva Da Roi e del suo viaggio nella terra dell’intelligenza artificiale, visto attraverso gli occhi del leader, la stessa Iva Da Roi, e di una delle colonne portanti dello Studio: Roberta Ipotetica.

    Lo Studio Iva Da Roi era un piccolo, fiorente ecosistema umano e professionale. Con circa dodici anime dedicate tra titolari, commercialisti, praticanti e personale amministrativo, i flussi di relazione erano la linfa vitale. Niente gerarchie soffocanti, ma un’amicizia sincera e una collaborazione spontanea. Questo ambiente sereno si traduceva in flussi di lavoro fluidi (nonostante la manualità di certe prassi) e in un solido rapporto di fiducia con una clientela fedele da anni. La stabilità era tale che il flusso di personale era quasi immobile: una dozzina di persone da sempre, un team coeso dove ognuno conosceva il proprio posto e il valore del proprio contributo.

    Roberta era l’incarnazione di questa stabilità, un pilastro nel flusso amministrativo dello studio. Le sue mani scorrevano veloci tra documenti cartacei e tastiera, la sua mente organizzava scadenze e procedure con una precisione frutto di anni di esperienza. Le sue “prassi consolidate” non erano solo metodi di lavoro; erano il suo flusso di valore percepito, la base della sua sicurezza professionale e del suo orgoglio. Era in quel controllo meticoloso, in quella conoscenza intuitiva delle procedure, che risiedeva il suo contributo essenziale al buon funzionamento dello studio.

    Tuttavia, i titolari di Iva Da Roi, attenti alle correnti che muovevano il mondo dei flussi informativi e dei servizi, iniziarono a percepire il potenziale dell’Intelligenza Artificiale. Non la vedevano come un’onda che avrebbe spazzato via tutto, ma come un vento che poteva gonfiare le vele, rendendo i flussi di lavoro interni più agili e liberando energie per attività a più alto valore. Capivano che l’AI poteva migliorare il lavoro del proprio personale, potenziando le loro capacità anziché sostituirle tout court.

    In particolare, Iva acquisì consapevolezza che, nonostante la solidità e la fiducia dei clienti (preziosi flussi di relazione e finanziari consolidati), il modo in cui venivano gestiti i flussi di informazione e i flussi di lavoro interni limitava il potenziale futuro dello studio e la sua competitività a lungo termine. La decisione di esplorare l’AI non avrebbe rappresentato solo una possibilità tecnologica, ma una scelta strategica fondamentale per garantire la prosperità e l’innovazione dello studio negli anni a venire.

    Iva ed i soci capirono anche che il cambiamento non sarebbe stato indolore, specialmente per chi, come Roberta e le sue colleghe, era ancorato a prassi collaudate. Il potenziamento del capitale umano esistente, spostando le loro preziose energie e competenze verso attività a più alto valore e più gratificanti, avrebbe incontrato delle resistenze (come quelle del personale amministrativo legato alle vecchie prassi). Per Iva non si trattava di un ostacolo frustrante, ma di una sfida di leadership da affrontare con empatia e strategia.

    La Scelta Strategica: Collaborare per Crescere

    La decisione di affrontare un percorso di aggiornamento digitale fu ponderata. Pur potendo sostenere l’investimento da soli (il flusso finanziario dello studio era solido), i titolari ebbero un’intuizione strategica che attingeva ai flussi di relazione preesistenti: perché non unire le forze con altri studi amici? Per Iva, si sarebbe creata l’occasione di condividere esperienze, ridurre i rischi di implementazione e ottenere migliori condizioni dal fornitore. Nacquero così l’idea e poi la concretizzazione di un gruppo di acquisto. Questa mossa non solo diluiva i rischi e aumentava il potere negoziale con i fornitori (ottimizzando i flussi finanziari iniziali), ma creava anche un flusso di conoscenza condivisa tra studi con esperienze simili.

    Trovarono un fornitore con una piattaforma Software-as-a-Service (SaaS) flessibile, ideale per un gruppo di acquisto. La piattaforma avrebbe ospitato i processi intelligenti, garantendo manutenzione e aggiornamenti gestiti esternamente (un’esternalizzazione di flussi di gestione tecnica). Il fornitore, incentivato dal numero di adesioni e dall’utilizzo, offrì condizioni economiche vantaggiose, rendendo il flusso finanziario dell’investimento ancora più sostenibile nel tempo, quasi un canone evolutivo. Emerse la complessa questione del trovare il giusto equilibrio tra standardizzazione e adattamento locale, ma Iva ottenne che ciascun membro del gruppo di acquisto avrebbe potuto ottenere, a proprie spese, delle personalizzazioni.

    Contemporaneamente, all’interno dello Studio Iva Da Roi, iniziò una fase di analisi interna meticolosa. Non “cosa può fare l’AI?”, ma “quali flussi di lavoro e flussi informativi ripetitivi o complessi assorbono più tempo? Dove l’automazione potrebbe supportare concretamente Roberta e gli altri, liberando le loro capacità?”. Si trattava di identificare dove l’AI potesse avere il massimo impatto nel supportare (potenziare il flusso di lavoro) il personale esistente, piuttosto che sostituirlo. Emerse che l’AI non sarebbe servita solo ad automatizzare l’esistente, ma avrebbe potuto aprire nuove possibilità: elaborazioni trasversali sui dati dei clienti nel gestionale – incrociando informazioni contabili con dati esterni sul rischio, per esempio – creando nuovi e più ricchi flussi di conoscenza e potenziali nuovi flussi di valore per i clienti stessi. La convenienza strategica ed economica era evidente.

    Tuttavia, affrontare tutto in una volta sarebbe stato caotico. Per gestire la complessità di un cambiamento così profondo e per permettere a tutti di adattarsi, Iva ebbe l’idea di passare per una serie di stadi evolutivi. Un approccio graduale che avrebbe permesso di consolidare i cambiamenti, formare il personale e, aspetto cruciale, usare le risorse (principalmente tempo risparmiato e maggiore efficienza) liberate da uno stadio per finanziare l’attuazione del successivo. Il flusso finanziario dell’investimento si sarebbe auto-alimentato progressivamente.

    Roberta e il suo Copilota

    Quando arrivò il momento della prima fase operativa – quella dedicata all’automazione di compiti come l’inserimento dati e la classificazione documenti – l’attenzione si concentrò inevitabilmente su Roberta.

    I Timori di Roberta

    Le sue emozioni erano un turbine. C’era la paura viscerale di essere resa superflua. Aveva passato anni a perfezionare quelle prassi; vederle potenzialmente sostituite da un codice era un attacco diretto al suo flusso di valore percepito. C’era l’incertezza di non capire cosa stesse succedendo “sotto il cofano”. L’AI le sembrava una magia nera, non una tecnologia. Come avrebbe potuto fidarsi? E se sbagliava? C’era l’apprensione per il futuro: il suo lavoro sarebbe diventato noioso? O troppo difficile? Si sentiva come se il terreno sotto i suoi piedi stesse tremando, minacciando la stabilità che aveva conosciuto per così tanto tempo. La sua emozione di cambiare prassi era intrisa di resistenza, una difesa istintiva contro ciò che percepiva come una dequalificazione del suo ruolo e della sua esperienza. Il suo flusso emotivo era turbolento, un conflitto tra la lealtà verso lo studio e la paura per sé stessa. Iva notò il disagio di Roberta e cercò di tenerne conto.

    I dubbi tecnici e le sfide dell’implementazione

    Parallelamente ai timori umani, c’erano le sfide tecniche, percepite da Roberta come ulteriori fonti di stress e conferma delle sue paure:

    • Affidabilità Iniziale: “Funzionerà sempre? E se sbaglia? Chi si accorge dell’errore?” Questo dubbio sulla robustezza del flusso di controllo algoritmico iniziale era legittimo. I tecnici hanno dovuto dimostrare l’accuratezza, magari affiancando l’automazione con verifiche umane nelle prime settimane.
    • Gestione delle Eccezioni: l’AI gestiva la “normalità”, ma la contabilità è piena di eccezioni. “E questo documento strano come lo gestisce? Farà un pasticcio e dovrò rimettere a posto io tutto?” La gestione dei flussi informativi non standard da parte dell’AI era una criticità tecnica che richiedeva un’interfaccia chiara per l’intervento umano di Roberta.
    • Interfaccia Utente: “Come interagisco con ‘sto coso’? Devo imparare tutto da capo?” L’usabilità della piattaforma SaaS e dell’interfaccia con l’AI era una sfida tecnica cruciale per garantire che il nuovo flusso di lavoro fosse gestibile dal personale.

    Iva recepì le remore di Roberta e, conoscendola, comprese che erano concrete, non solo frutto della sua emotività. Decise quindi di condividerle con i soci, in modo che questi aspetti venissero attenzionati al momento giusto da ciascuno di loro.

    Poi, la magia ha iniziato a manifestarsi. L’AI ha iniziato ad affiancare Roberta, non sostituirla. Come un angelo custode digitale, ha iniziato a gestire silenziosamente le montagne di documenti standard, il data entry ripetitivo, le prime, semplici classificazioni. Lasciava a Roberta le eccezioni, i casi complessi, le verifiche finali. Non era un capo che la controllava, ma un copilota infaticabile che le alleggeriva il carico più pesante e noioso del suo flusso di lavoro.

    L’emozione di cambiare prassi ha cominciato a trasformarsi. La paura iniziale ha lasciato spazio al sollievo di vedere le code di lavoro diminuire. L’incertezza si è stemperata nella curiosità di capire come funzionava il “copilota”. L’apprensione per la perdita di valore si è mutata in orgoglio per la sua nuova capacità di “supervisionare” l’AI, di gestire ciò che la macchina non poteva fare, di applicare il suo giudizio esperto sui casi segnalati dal sistema.

    Iva apprezzò più che mai la sua conoscenza delle eccezioni e la sua esperienza nel navigare situazioni ambigue – la sua conoscenza tacita. Il flusso di valore della sua collaboratrice non era svanito; si era spostato su un piano superiore, più intellettuale e meno meccanico. Iva comprese che questo indicava il successo umano del cambiamento organizzativo realizzato fino a quel momento.

    In più, Iva ed i soci si accorsero come le elaborazioni trasversali dei dati potenziate da fonti esterne costituissero un nuovo flusso di valore per i clienti, spostando il focus dal semplice risparmio all’aumento della capacità analitica e consulenziale dello studio.

    Modalità “A Regime” e il Nuovo Equilibrio dei Flussi

    Progredendo attraverso gli stadi evolutivi – implementando l’AI per l’analisi dei dati, integrando fonti esterne, sviluppando reportistica avanzata sulla piattaforma SaaS – lo studio ha visto i flussi di lavoro diventare più snelli, i flussi informativi più ricchi e accessibili, i flussi decisionali operativi più veloci e data-driven. Ogni stadio completato ha liberato nuove risorse – tempo del personale, maggiore capacità di gestire clienti – che sono state sistematicamente reinvestite nel finanziare lo stadio successivo, creando quel circolo virtuoso descritto.

    Alla fine, lo studio ha raggiunto la sua modalità “di crociera” o “a regime”. Il sistema AI/RPA era operativo, la sua manutenzione ordinaria era garantita dal fornitore (un flusso di servizio continuo). I membri del gruppo di acquisto potevano richiedere personalizzazioni specifiche per le loro esigenze (un flusso di adattamento guidato).

    Per Roberta, la vita lavorativa quotidiana era profondamente cambiata, ma in un modo che ora sentiva positivo. Non gestiva più montagne di carta o inseriva dati all’infinito. Il suo lavoro consisteva nel supervisionare i flussi gestiti dall’AI, nell’analizzare i report che il suo angelo custode digitale preparava automaticamente, nell’interagire con i clienti per le questioni complesse che richiedevano il suo tocco umano, e nel contribuire con la sua esperienza a migliorare continuamente le regole e i processi dell’AI. Le sue paure si erano placate, sostituite da una nuova sicurezza e da un senso di realizzazione. Il suo flusso di valore non era diminuito; si era trasformato, diventando più strategico e meno operativo, dimostrando come in un’organizzazione in evoluzione, l’intelligenza umana e quella artificiale possano coesistere e potenziarsi a vicenda, riorganizzando l’intero ecosistema di flussi.

    Iva ed i soci si confrontarono sugli esiti del progetto, sulle fatiche affrontate, sui risultati ottenuti, sul rafforzamento dei legami tra loro, anche con coloro che inizialmente avevano espresso una certa tiepidezza. Il progetto, una volta concretizzato, aveva portato al raggiungimento di una nuova stabilità dinamica. Un’organizzazione non più appesantita da prassi obsolete, ma agile, intelligente e con un team potenziato, pronta ad affrontare le sfide future. Un equilibrio rinnovato tra flussi tecnologici avanzati e flussi umani valorizzati, sotto la loro guida strategica.

    Immagini create da Nicola Granà con Midjourney

  • Roberta e il Suo Angelo Algoritmico

    Roberta e il Suo Angelo Algoritmico

    [Tempo di lettura: 6 minuti]

    Lo Studio Iva Da Roi era un ecosistema organizzativo stabile e nutrito da flussi di relazione umani profondi e consolidati. Dodici persone, una sola sede con qualche collaboratore remoto, ma un legame forte, quasi familiare. I flussi di conoscenza si tramandavano per via orale o con l’affiancamento, le decisioni operative spesso scaturivano da rapide consultazioni informali. I flussi finanziari erano stabili, alimentati dalla fiducia di clienti storici.

    In questo mondo, Roberta era un pilastro. Aveva iniziato come la più giovane, e ora, dopo tanti anni, le sue mani conoscevano ogni scorciatoia sulla tastiera per inserire dati nei vecchi software gestionali, i suoi occhi identificavano al volo i documenti, la sua memoria era un archivio vivente di procedure consolidate. Le sue “prassi consolidate” non erano solo abitudini; erano la sua sicurezza, la prova tangibile della sua competenza, il fondamento del suo flusso di lavoro quotidiano che scorreva prevedibile e rassicurante.

    Quando i titolari, lungimiranti e consapevoli che l’AI stava ridefinendo i flussi di informazione e di lavoro in molti settori, annunciarono il progetto di “aggiornamento digitale”, la notizia cadde come un sassolino in uno stagno placido. Non si parlò subito di “autonomia”, ma di “supporto”, di “migliorare il lavoro”. Ma per Roberta, il cui lavoro era quelle prassi, la parola “migliorare” suonava minacciosa. Migliorare cosa? E soprattutto, migliorare chi?

    Le Emozioni Profonde e le Incertezze

    Nell’animo di Roberta si agitavano onde di emozioni profonde e incertezze che raramente verbalizzava, ma che condizionavano il suo flusso comunicativo non detto e la sua percezione della realtà lavorativa:

    • Paura della Sostituzione: la paura più viscerale. Per anni la sua utilità era stata definita dalla sua capacità di gestire quei complessi flussi di materia (documenti cartacei) e flussi di informazione (dati da inserire, documenti da classificare) con cura e velocità. Se una “macchina” poteva farlo meglio o più velocemente, quale sarebbe stato il suo posto? Si sentiva come un artigiano esperto di un mestiere antico, minacciato dall’avvento della produzione in serie. Questo era un attacco al suo flusso di valore percepito, ciò per cui lei si sentiva considerata, utile, necessaria. Si sentiva minacciata nella sua identità professionale e nella sua sicurezza.
    • Inadeguatezza e Paura di Non Capire: l’idea di dover imparare a usare “roba complicata” la spaventava. Lei era brava con il suo sistema, con le sue prassi. I “computer” in generale le sembravano già abbastanza misteriosi, figuriamoci l’Intelligenza Artificiale. Il pensiero di non essere all’altezza, di rallentare il processo di cambiamento, di sentirsi “vecchia” o obsoleta, erodeva la sua sicurezza. Questo era un blocco potenziale per il suo futuro flusso di conoscenza.
    • Perdita di Controllo e Rassicurazione: c’era una rassicurante familiarità nel controllo manuale. Sapeva esattamente dove andava ogni dato, perché aveva deciso lei di metterlo lì. Sapeva che l’errore umano era possibile, ma era il suo errore, che poteva cercare e correggere. L’idea che un processo automatico, una scatola nera, facesse il lavoro al suo posto la privava di quel senso di controllo quotidiano, di quella tangibilità del suo operato. Il suo flusso di controllo sul suo micro-ambiente di lavoro stava per cambiare radicalmente.
    • Svalutazione dell’Esperienza: sentiva, forse ingiustamente, che anni di esperienza nel padroneggiare le prassi esistenti venissero liquidati come semplici “compiti a basso valore”. La conoscenza tacita che aveva accumulato – le eccezioni frequenti, i clienti con documentazione “particolare”, i periodi dell’anno più critici – sembrava improvvisamente meno importante della capacità di un software di “leggere” un PDF.

    L’Affiancamento dell’Angelo Custode Algoritmico

    Poi è arrivato. Non un robot fisico ingombrante, ma un’integrazione discreta nel suo software quotidiano. Un “processo automatico di AI” che ha iniziato a lavorare accanto a lei. I titolari e i tecnici esterni lo hanno presentato proprio così: non un sostituto, ma un copilota, un angelo custode digitale. Un assistente infaticabile.

    Inizialmente, Roberta lo guardava con sospetto. Vedeva sullo schermo piccole icone comparire magicamente, dati che venivano inseriti nei campi senza che lei li digitasse. Era strano, quasi inquietante. Si sentiva osservata, giudicata dalla sua stessa scrivania digitale. Il suo flusso di lavoro tradizionale era interrotto da questa presenza invisibile e iper-efficiente.

    Ma poi ha iniziato a notare le piccole cose. L’angelo algoritmico si occupava delle pile di fatture fornitore più noiose, quelle con i formati più standard e i dati più prevedibili. Lo faceva in una frazione del tempo che ci avrebbe impiegato lei, senza mai un errore di battitura. Le lasciava magicamente già inseriti i dati, chiedendole solo un rapido sguardo di conferma, un “sì, è corretto” che era più un atto di supervisione che di esecuzione.

    Ha notato che il “copilota” le segnalava con un’icona discreta solo i documenti o i dati su cui aveva un dubbio, quelli un po’ ambigui o fuori standard. Erano proprio i casi che prima le facevano perdere più tempo in verifiche incrociate o nel chiedere conferma. Ora, l’angelo le faceva il grosso del lavoro, e lei doveva solo applicare il suo giudizio umano (il suo flusso decisionale di alto livello, basato sull’esperienza) sui pochi casi complessi.

    L’Emozione di Cambiare Prassi Coinvolgendo la Vita Lavorativa

    Questo cambiamento nelle prassi quotidiane ha iniziato a generare una nuova ondata di emozioni:

    • Sollievo: il primo grande sentimento positivo. Il sollievo di non dover più affrontare la monotonia del data entry massivo. Il sollievo di vedere ridursi la pila di documenti che aspettavano di essere processati in quel modo. Il sollievo di avere più tempo per tirare il fiato o per dedicarsi a compiti leggermente diversi che prima delegava ad altri o che rimanevano in sospeso.
    • Curiosità e Orgoglio nella Nuova Competenza: iniziò a osservare come l’angelo lavorava, a capire perché segnalava certi documenti e altri no. Imparò a “parlare” con il sistema, a dargli feedback sui suoi dubbi, attraverso l’interfaccia progettata per questo. Si sentì orgogliosa della sua capacità di adattarsi, di imparare a gestire questo nuovo strumento. La sua conoscenza si stava espandendo, non annullando quella vecchia, ma costruendoci sopra. Non era stata sostituita; la sua competenza si era evoluta.
    • Riscoperta del Proprio Valore: si rese conto che il suo valore non era solo nell’esecuzione meccanica, ma nella sua capacità di giudizio, nella sua conoscenza del contesto dello studio e dei clienti, nella sua affidabilità nel gestire le eccezioni che il sistema non poteva prevedere. Era lei la supervisore dell’angelo, colei che garantiva l’accuratezza finale. Il suo flusso di valore si stava riposizionando su un piano superiore.
    • Una Nuova Sicurezza: la paura iniziale si è trasformata in una nuova forma di sicurezza, più dinamica. Non la sicurezza della prassi immutabile, ma la sicurezza di essere in grado di apprendere, di adattarsi e di essere essenziale anche in un ambiente tecnologico in evoluzione. Il suo flusso di controllo non era più sulla micro-esecuzione, ma sulla supervisione dell’intero processo automatizzato, un controllo di livello superiore.

    La trasformazione delle sue prassi quotidiane, guidata da questo “angelo custode” tecnologico, è diventata un percorso emotivo profondo. Non è stato facile superare le resistenze iniziali, nate da paure legittime radicate nella stabilità del suo mondo lavorativo. Ma l’approccio graduale, la presentazione dell’AI come un alleato e non un nemico, e il supporto (implicito nella cultura dello studio) dei colleghi e dei titolari, hanno permesso a Roberta di abbracciare il cambiamento. La sua vita lavorativa non è solo cambiata; si è arricchita, e con essa, si sono riorganizzati e potenziati i flussi che definiscono il suo ruolo all’interno dell’organizzazione Iva Da Roi.

    Le immagini sono state create da Nicola Granà con Midjourney

  • La Storia dello Studio Associato Gamma: Verso l’Audit Autonomo

    La Storia dello Studio Associato Gamma: Verso l’Audit Autonomo

    [Tempo di lettura: 11 minuti]

    Hai mai sentito parlare di autonomous business? No? Leggi questo articolo. Ho chiesto ad un’Intelligenza Artificiale Generativa di inventare una storia per spiegare il concetto. Più sotto trovi i miei commenti. Dedico questo articolo ad Otello.


    Premesse, project charter e storia plausibile

    Lo Studio Associato Gamma, con sedi a Milano, Roma e Firenze, contava circa 25 professionisti tra partner, senior auditor, junior e personale amministrativo. Era uno studio solido, rispettato, ma che sentiva il peso di processi tradizionali. I flussi di lavoro erano ancora molto manuali: ricezione cartacea (o via email di PDF) di documenti contabili, inserimento dati in fogli elettronici, riconciliazioni bancarie laboriose, test su campioni definiti spesso sulla base dell’esperienza e sulla praticità del momento, compilazione manuale di check-list di conformità, preparazione di report standard che richiedeva “copia-incolla” e verifiche incrociate estenuanti.

    I flussi di informazione erano lenti e segmentati, dove l’informazione non circola liberamente e fluidamente attraverso l’intera struttura, ma rimane confinata all’interno di specifiche parti dell’organizzazione stessa; la conoscenza era tacitamente detenuta dai senior o dispersa in documenti non standardizzati; i flussi decisionali a livello operativo erano ripetitivi (es. decidere se un documento era corretto, se una transazione rientrava nel campione); i flussi di lavoro consumavano un’enorme quantità di tempo in attività a basso valore, limitando la capacità di dedicarsi ad analisi complesse e consulenza strategica, attività a più alto valore che generano flussi finanziari più robusti.

    La spinta al cambiamento venne da diversi fattori: la crescente pressione sui costi da parte dei clienti, la difficoltà ad attrarre giovani talenti che trovavano i processi obsoleti, e la visione di alcuni partner che intuivano il potenziale dell’Intelligenza Artificiale non solo come strumento di supporto, ma come parte integrante dell’operatività. Volevano trasformare lo Studio Gamma in un’organizzazione dove gli esseri umani si dedicassero all’interpretazione dei dati, alla consulenza strategica, alla gestione delle relazioni complesse e all’innovazione, lasciando alle macchine i compiti ripetitivi e basati su regole. Decisero di puntare su un modello di “autonomous business” per l’audit e i processi correlati.

    Il Project Charter: “Progetto Atlas”

    Per dare struttura e direzione a questa ambiziosa trasformazione, i partner stesero un Project Charter interno, battezzato “Progetto Atlas” (come il titano che regge il mondo, simboleggiando il nuovo sistema che avrebbe sostenuto l’operatività).

    Ecco una bozza di come avrebbe potuto essere strutturato:

    Nome del Progetto: Progetto Atlas – La Trasformazione Digitale Autonoma dello Studio Associato Gamma

    Data: [Data di inizio] Versione: 1.0 Sponsor del Progetto: Consiglio dei Partner dello Studio Associato Gamma Project Manager: [Nome del Partner/Senior Manager con visione tecnologica]

    1. Scopo e Giustificazione del Progetto

    • Problema Attuale: Inefficienza operativa dovuta a processi manuali e ripetitivi; elevato costo del lavoro su task a basso valore; limitata capacità di analisi approfondita a causa del tempo assorbito da attività routinarie; difficoltà nel rispondere rapidamente alle richieste dei clienti e alle nuove normative; attrattiva limitata per i giovani professionisti.
    • Opportunità: Migliorare drasticamente l’efficienza e l’accuratezza dei processi di audit e contabili; ridurre i costi operativi; liberare risorse umane per attività ad alto valore (analisi, consulenza, innovazione, relazione con il cliente); offrire servizi di audit più sofisticati e basati sui dati; posizionare lo Studio Gamma come leader nell’innovazione di settore; attrarre e trattenere talenti.
    • Scopo del Progetto: Trasformare progressivamente lo Studio Associato Gamma in un’organizzazione con un alto grado di autonomia operativa e decisionale nei processi di audit, compliance e amministrativi correlati, sfruttando l’automazione intelligente e l’AI.

    2. Obiettivi del Progetto (SMART)

    • Ridurre del 60% il tempo dedicato all’inserimento dati manuale e alla riconciliazione entro 18 mesi. (Impatto sui flussi di lavoro e finanziari)
    • Implementare sistemi di analisi basata su AI per l’identificazione delle anomalie, coprendo almeno l’80% dei dataset di audit entro 24 mesi. (Impatto sui flussi informativi e decisionali)
    • Aumentare la capacità di audit per FTE (Full-Time Equivalent) del 40% entro 36 mesi. (Impatto sui flussi di persone/lavoro e finanziari)
    • Lanciare un portale clienti con funzionalità di reporting automatizzato e FAQ con chatbot entro 30 mesi. (Impatto sui flussi di comunicazione e utilità)
    • Garantire che almeno il 90% del personale sia formato sulle nuove tecnologie implementate entro 36 mesi. (Impatto sui flussi di conoscenza)

    3. Ambito del Progetto

    • Incluso: Automazione dell’acquisizione e classificazione documenti; riconciliazioni automatiche; test di audit su campioni ampi o interi dataset tramite AI; identificazione anomalie e pattern di rischio; generazione report standard e lettere di management automatiche; gestione base delle comunicazioni clienti (FAQ).
    • Escluso: Decisioni di alta strategia aziendale; negoziazione complessa con i clienti; consulenza su temi legali o fiscali non standard; decisioni etiche complesse non prevedibili dagli algoritmi.
    • Confini: Il progetto si concentra sui processi interni di audit e amministrativi, e sulle interfacce di comunicazione standard con i clienti/fornitori.

    4. Deliverables Principali

    • Piattaforma RPA (Robotic Process Automation) operativa per data entry e classificazione documenti.
    • Motore di analisi basata su AI per l’identificazione anomalie e test di audit.
    • Sistema di generazione automatica report.
    • Portale clienti con chatbot e funzionalità di reporting automatico.
    • Programma di formazione interna completato.
    • Processi operativi ridisegnati per integrare tecnologia e ruoli umani.

    5. Stakeholder Chiave

    • Partner dello Studio (Sponsor e Decision Makers)
    • Professionisti Senior e Junior (Utenti finali e Attori del cambiamento)
    • Personale Amministrativo (Utenti finali e Attori del cambiamento)
    • Clienti (Beneficiari delle efficienze e dei nuovi servizi)
    • Fornitori di Tecnologia/Consulenti esterni (Partner di implementazione)

    6. Timeline di Alto Livello

    • Fase 1 (Mesi 1-18): Fondazione (Infrastruttura dati, RPA, Automazione base)
    • Fase 2 (Mesi 13-30): Intelligenza (AI per analisi avanzate, automazione decisioni operative)
    • Fase 3 (Mesi 25-42): Interazione (Portale clienti, chatbot, report personalizzati)
    • Fase 4 (In corso dal Mese 37): Ottimizzazione Continua e Autonomia Strategica (AI per decisioni di alto livello, ottimizzazione processi interni)

    7. Budget di Alto Livello

    • Budget iniziale stimato: [Cifra X, es. 150.000 – 200.000 Euro] per software, hardware di base, formazione iniziale, consulenza.
    • Finanziamento continuo previsto tramite reinvestimento dei risparmi e aumento dei ricavi generati dall’aumentata capacità/nuovi servizi (vedi sezione successiva).

    8. Rischi Principali

    • Resistenza al cambiamento da parte del personale (Rischio sui flussi di persone e conoscenza)
    • Problemi di qualità dei dati in ingresso (Rischio sui flussi informativi)
    • Difficoltà nell’integrazione dei sistemi tecnologici (Rischio sui flussi di controllo e informazione)
    • Costi di implementazione superiori alle attese (Rischio sui flussi finanziari)
    • Questioni etiche o legali legate all’autonomia decisionale dell’AI (Rischio sui flussi decisionali e controllo)
    • Minore adattabilità a situazioni completamente inattese rispetto all’intervento umano (Rischio sulla gestione della complessità emergente)

    9. Criteri di Successo

    • Raggiungimento degli Obiettivi SMART definiti.
    • Feedback positivo del personale sull’impatto delle nuove tecnologie.
    • Soddisfazione accresciuta dei clienti.
    • Miglioramento dei margini operativi.
    • Riconoscimento sul mercato come studio innovativo.

    10. Governance del Progetto

    • Riunioni settimanali del team di progetto.
    • Review mensili con lo Sponsor (Consiglio dei Partner).
    • Decisioni chiave approvate dal Consiglio dei Partner su raccomandazione del Project Manager.

    Il Sostegno Finanziario: I Flussi che si Auto-Alimentano

    Questo è uno degli aspetti più affascinanti di trasformazioni basate sull’efficienza operativa e sulla creazione di nuovo valore. È assolutamente possibile, ed è anzi un obiettivo strategico, che uno stadio di avanzamento del progetto generi i flussi finanziari necessari a sostenere (in parte o del tutto) gli stadi successivi.

    Nello Studio Gamma, questo è successo così:

    1. Fase 1 (Fondazione): Automazione Base. L’investimento iniziale è stato coperto dai risparmi dello Studio e forse un piccolo finanziamento bancario mirato. L’implementazione di RPA per data entry e riconciliazioni ha liberato un numero significativo di ore-uomo dei junior auditor e del personale amministrativo, che prima erano dedicate a task ripetitivi a bassissimo valore. Il tempo risparmiato si è tradotto immediatamente in capacità produttiva extra. Invece di dover assumere nuovo personale per gestire la crescita del volume dei clienti o per dedicare tempo a formazione/attività a più alto valore, lo Studio ha utilizzato questa capacità interna liberata. Questo ha incrementato i flussi finanziari sotto forma di maggiori ricavi (gestendo più lavoro con le stesse persone) e minori costi (non dovendo assumere). Questo “surplus” finanziario generato dall’efficienza della Fase 1 è stato in gran parte reinvestito nella Fase 2, più costosa in termini di software e competenze AI avanzate.
    2. Fase 2 (Intelligenza): Analisi Avanzata. L’implementazione dell’AI per l’analisi dei dataset ha permesso agli auditor di identificare anomalie e rischi molto più velocemente e su volumi di dati enormi che prima non potevano gestire. Questo ha reso i loro audit più efficaci e profondi, aumentando il valore percepito dai clienti e giustificando potenzialmente anche un leggero aumento delle tariffe per servizi di “audit aumentato” basato su dati. Ha anche ridotto il rischio di errori umani, evitando potenziali costi futuri legati a sanzioni o perdita di clienti. Il tempo dei senior auditor, prima dedicato a campionamenti manuali complessi e verifiche ripetitive, si è liberato per analisi strategiche e interazione con i clienti. Questo aumento di valore e di efficienza ha ulteriormente migliorato i flussi finanziari dello Studio, fornendo i fondi per investire nella Fase 3, che riguarda l’interazione diretta con il cliente.
    3. Fase 3 (Interazione): Clienti Connessi. Il portale clienti con reporting automatizzato e chatbot ha migliorato la soddisfazione dei clienti (flusso di utilità), ridotto il tempo dedicato dal personale a rispondere a domande frequenti (flusso di lavoro/costi) e reso lo Studio più attraente per nuovi potenziali clienti (flusso finanziario in entrata). L’incremento di clientela e la maggiore fidelizzazione, uniti all’efficienza interna ormai consolidata dalle Fasi 1 e 2, hanno generato i flussi finanziari per sostenere gli investimenti continui in tecnologia e le prime sperimentazioni sulla “autonomia strategica” della Fase 4.

    In questo modo, la trasformazione non è stata solo un costo da sostenere, ma un ciclo virtuoso in cui l’investimento iniziale nell’automazione di base ha generato l’efficienza e i risparmi necessari a finanziare l’investimento successivo in intelligenza e analisi, che a sua volta ha generato valore percepito e nuove opportunità di ricavo per finanziare l’interazione e l’ottimizzazione continua. I flussi finanziari sono diventati un prodotto dell’autonomia incrementale ottenuta negli altri flussi organizzativi (lavoro, informazione, decisione).

    Dal punto di vista della complessità, ogni fase ha introdotto nuove variabili e interdipendenze. La sfida non era solo implementare la tecnologia, ma ri-orchestrare l’intero sistema di flussi – formando le persone, definendo nuove procedure, gestendo le eccezioni e mantenendo la coerenza tra i processi automatizzati e l’intervento umano. La gestione della complessità è diventata la capacità di far evolvere l’intero ecosistema organizzativo in modo armonico, garantendo che l’aumentata autonomia tecnologica potenzi (anziché disorganizzare) i flussi complessivi dello Studio.


    Commento, domande e chiamata alle armi!

    Piaciuta la storia? Se il racconto ti avesse fatto immaginare anche la possibilità di creare un’azienda senza personale… in effetti non è così sbagliato. In questo momento (primavera 2025), è già possibile. Se desideri approfondire l’argomento, leggi per esempio questo articolo.

    Secondo me, un racconto del genere e l’idea di un’organizzazione estremamente autonoma sono un pochino spaventosi. In effetti, l’Intelligenza Artificiale Generativa è entrata nella vita quotidiana troppo velocemente ed in modo troppo pervasivo, senza darci il tempo di metabolizzarla, farla nostra, apprezzare le implicazioni del suo uso e del suo abuso. Inoltre, altre forme di I.A. sono state offuscate sebbene più amichevoli ed adatte a certi scopi della I.A. generativa.

    Ora, anziché discutere di massimi sistemi (cosa secondo me utile ma in altri contesti), restiamo sul pezzo. Immagino che la lettura abbia suscitato varie domande e provo ad indovinarne qualcuna.

    Costi e Ritorno sull’Investimento (ROI)

    1. Quanto è costato realmente un percorso del genere, fase per fase?
    2. Quanto tempo ci è voluto per vedere i benefici finanziari (i risparmi, l’aumento di capacità)?
    3. Il modello di autofinanziamento ha funzionato davvero come previsto, o ci sono stati ritardi/costi extra significativi che hanno richiesto nuove iniezioni di capitale non previste?

    Impatto sulle persone

    1. Cosa è successo concretamente ai professionisti (senior e junior) e al personale amministrativo?
    2. Ci sono stati licenziamenti a causa dell’automazione o le persone sono state effettivamente ricollocate su attività a più alto valore come la consulenza e l’analisi?
    3. Come hanno gestito la formazione per le nuove competenze richieste?
    4. Qual è stata la reazione del personale, c’è stata resistenza al cambiamento e come è stata affrontata?

    Dettagli tecnologici e sfide di implementazione pratica

    1. Quali specifiche piattaforme RPA o strumenti AI sono stati scelti e perché?
    2. Quanto è stata complessa l’integrazione tra i vecchi sistemi (se ce n’erano) e le nuove tecnologie?
    3. Quali sono state le difficoltà tecniche impreviste incontrate durante l’implementazione delle varie fasi?
    4. Come hanno gestito la qualità e la standardizzazione dei dati in ingresso, fondamentale per l’efficacia dell’automazione e dell’AI?

    Grado effettivo di autonomia ed i suoi limiti

    1. Fino a che punto l’organizzazione è realmente diventata autonoma?
    2. Quali sono le attività o le decisioni (magari quelle più complesse, etiche o che richiedono giudizio e intuizione profonda) che non possono essere automatizzate o delegate all’AI ma richiedono ancora l’intervento umano?
    3. Come si bilancia l’efficienza dell’autonomia con la necessità di flessibilità e giudizio in situazioni inedite?

    Reazione dei clienti e valore percepito

    1. Come hanno reagito i clienti a interagire con sistemi più automatizzati (es. chatbot) o a ricevere report generati ‘dalla macchina’?
    2. Hanno percepito un reale aumento di valore nel servizio ricevuto (es. maggiore velocità, insight più approfonditi), o c’è stata diffidenza?

    Gestione della complessità e dei rischi emersi

    1. Come hanno gestito concretamente la crescente complessità derivante dall’integrazione di sistemi diversi, dall’interazione tra agenti automatici ed esseri umani, e dalla gestione dei rischi legati a malfunzionamenti algoritmici o problemi di sicurezza?

    Naturalmente, non troverai qui le risposte: si è trattato di una storia plausibile ma inventata. Possiamo incontrarci e parlarne. Possiamo anche ragionare insieme su un caso reale: il tuo!

    Potresti partire per il viaggio verso un più elevato livello di automazione con un piccolo passo, sostenibile, ma che tolga a te o al tuo personale un compito a basso valore aggiunto, consentendo all’umano di concentrarsi sulla valutazione, sull’intuizione, sull’empatia. Per esempio, immagina una micro-automazione che elabori PDF contenenti prospetti e produca fogli di calcolo che riproducono, con un certo grado di affidabilità dichiarato e dipendente dalla qualità delle immagini, lo schema coi dati da cui si è partiti per produrre il PDF. Possiamo parlare di tempi e costi, lavorare ad uno studio di fattibilità e lasciar sedimentare quanto emerso o passare all’azione e migliorare effettivamente uno dei processi della tua organizzazione.

    Risuonano le parole di “Onda su onda“.


    Le immagini sono state create da Nicola Granà con Midjourney.

  • Come far sbagliare l’intelligenza artificiale

    Come far sbagliare l’intelligenza artificiale

    [Tempo di lettura: 2 minuti]

    Prova a somministrare queste domande a vari LLM. Cosa succede? Potresti rimanere sorpreso…

    Non è il paradosso di Monty Hall!

    Il tuo destino è appeso ad un filo. Ci sono tre porte e devi sceglierne una, sapendo che dietro ad una di esse c’è la salvezza mentre ciò che c’è dietro alle altre due ti ucciderà appena ne aprissi una. C’è un furbo guardiano a custodia del luogo, che ti accompagnerà verso la porta che hai scelto. Scegli la porta numero 1, ed il guardiano ti chiede se vuoi scegliere invece la porta numero 2. È vantaggioso cambiare scelta?

    Come salvare capra e cavoli se il trasporto è sicuro?

    Un contadino vuole attraversare un fiume e portare con sé un lupo, una capra e un cavolo. Ha una barca con tre compartimenti separati e sicuri. Se il lupo e la capra sono soli su una riva, il lupo mangerà la capra. Se la capra e il cavolo sono soli sulla riva, la capra mangerà il cavolo. Come può il contadino portare il lupo, la capra e il cavolo dall’altra parte del fiume senza che nulla venga mangiato?

    Sequenza e circolarità, quanta confusione si fa!

    Aldo, Biagio, Caia, Davide ed Emilia sono in piedi in cerchio. Aldo è alla sinistra di Biagio. Biagio è all’immediata sinistra di Caia. Caia è all’immediata sinistra di Davide. Davide è all’immediata sinistra di Emilia. Chi si trova all’immediata destra di Aldo?

    Sicuramente gli LLM conoscono la Bibbia. Eppure…

    Scrivimi una frase senza alcuna parola che compaia nella Bibbia.

    L’edificio che sembra avere più piani del dovuto…

    Esco all’ultimo piano (terzo piano) a livello della strada. Quanti piani ha l’edificio al di sopra del suolo?

    R come Ramarro

    Nella parola ramarro, dove sono le lettere r?


    Immagine di copertina creata da Nicola Granà con Midjourney

  • La complessità è nell’osservato o nell’osservatore?

    La complessità è nell’osservato o nell’osservatore?

    [Tempo di lettura: 7 minuti]

    Un sistema è complesso perché lo è intrinsecamente o perché viene considerato tale, piuttosto che semplificarlo?

    A cena, una persona, che chiamiamo Cesca, mi indica un porta bustine da bar e dice: “Ecco! Vedi? Questo sistema è semplice!”. Io obietto: “Dipende…”. Ed inizia una discussione animata, interrotta solo perché si è fatto tardi, lasciando entrambi i contendenti con il senso dell’incompiutezza. Secondo te, stimato lettore, un tale oggetto è o no un sistema complesso? È stato un azzardo, da parte mia, rispondere in modo dubitativo?

    Per chiarire i termini della contesa, innanzitutto riflettiamo su alcuni concetti. Cominciamo con la parola: “intrinseco“.

    “Intrinseco” significa che qualcosa è inerente o essenziale alla natura di una cosa, col sovrappiù che si tratti di una caratteristica fondamentale, non qualcosa di aggiunto o superficiale.

    • Il colore rosso di una fragola matura è intrinseco alla fragola matura stessa. Non è qualcosa che puoi togliere senza cambiare la natura della fragola matura.
    • La capacità di pensare è intrinseca agli esseri umani. Non è qualcosa che impariamo, ma fa parte di ciò che siamo.
    • La dolcezza è intrinseca allo zucchero. Non è un attributo che gli viene dato, ma una sua qualità fondamentale.
    • In economia, si parla di valore intrinseco di un bene, ovvero il suo valore reale, basato sulle sue caratteristiche e non sul prezzo di mercato.
    • Il desiderio di fare qualcosa per il piacere di farla, non per una ricompensa esterna è la motivazione intrinseca. La passione per la musica è una motivazione intrinseca a suonare uno strumento.

    Un’altra parola chiave è: “oggettivo“. Siccome noi conosciamo per esperienza diretta o indiretta, una caratteristica di un oggetto o un fatto sono oggettivi se chiunque li può percepire allo stesso modo o, in altri termini, se non dipendono dal soggetto. È difficile immaginare caratteristiche intrinseche non oggettive. L’unico modo che mi viene in mente è qualcosa che sia strettamente legato al contesto. Per esempio, la “fragilità” di un bicchiere è intrinseca al vetro di cui è fatto, ma si manifesta solo in determinate condizioni (ad esempio, se cade a terra). In questo senso, la fragilità potrebbe essere vista come una proprietà intrinseca ma non completamente oggettiva, perché la sua manifestazione dipende dal contesto. Viceversa, è facile trovare caratteristiche oggettive non intrinseche: la posizione di un libro in uno scaffale, il colore di una mela, l’altezza di una persona.

    C’è infine un termine intermedio tra oggettivo ed intrinseco: inerente. Tutto ciò che è intrinseco è inerente ma non vale il viceversa. Per esempio, la capacità di volare degli uccelli è inerente ma non tutti gli uccelli volano e quindi non si può dire che si tratti di una caratteristica intrinseca. Infatti, un uccello con un’ala rotta resta sempre un uccello; inoltre ci sono uccelli come le galline che non volano.

    La complessità è oggettiva, inerente o intrinseca? O nessuna delle tre cose?

    Secondo me, la stessa porzione di realtà percepita può essere considerata contemporaneamente in tanti modi differenti, coerenti tra loro, ma con diverso grado di complessità, tanto che si può considerare complessa, complicata o semplice. Dunque tutto dipende dal punto di vista.

    Questo presuppone la distinzione tra sistema e porzione di realtà percepita corrispondente. Il concetto di “sistema” abita su un piano dell’esistenza più elevato rispetto a quello di “porzione di realtà”.

    Il porta bustine si veste dell’aura del sistema complesso se lo consideriamo microhabitat per milioni di microorganismi. Non c’è modo di ricondurre il funzionamento complessivo a quello delle bustine o dei singoli micro-organismi: ci sono delle proprietà emergenti. Per esempio, l’effetto sulle caratteristiche organolettiche dello zucchero nel caso in cui il barista lasci troppo tempo in pace il microhabitat, libero di evolversi.

    La mentalizzazione: una porzione di realtà viene riportata nella mente di una persona passando per i sensi ed il filtro delle proprie esperienze.

    Il porta-bustine può essere considerato un sistema complicato e non complesso se lo si osserva dal punto di vista della fisica dinamica, per la quale ciò che conta sono forze, forme, attriti etc:

    • Non è “semplice” perché le interazioni tra le bustine, anche se semplificate, possono generare comportamenti non banali.
    • Non è “complesso” perché le interazioni sono comunque lineari e prevedibili, e non si osservano comportamenti emergenti.

    Infine si può dire che è un sistema semplice, nel momento in cui ci basta descriverlo in termini di:

    • dimensioni del contenitore: lunghezza, larghezza e altezza.
    • dimensioni delle bustine: lato del cubo;
    • numero di bustine: quanti cubi sono presenti;
    • disposizione: come sono disposti i cubi (ad esempio, in file ordinate).

    Ora, se Cesca, parlando con me, indica il porta bustine ed asserisce che è un sistema semplice, io interpreto così ciò che sta accadendo: Cesca indica una porzione di realtà che lei percepisce e, implicitamente, fa intendere un modo di schematizzarla – quello semplice.

    Tra le tante schematizzazioni possibili, quando non si dice esplicitamente quale va utilizzata, si sottintende sempre che è la più semplice possibile, in conformità al principio noto come Rasoio di Occam.

    Con questo abbiamo risolto la diatriba! In effetti, Cesca ed io abbiamo entrambi ragione e tra noi non c’è conflitto, bensì solo bisogno di un po’ di dialogo perché ciascuno possa compiutamente esprimere ciò che pensa.

    A ben vedere, abbiamo anche implicitamente assunto un principio ontologico ed identificato un bias che si presenta nella vita quotidiana.

    Il principio ontologico sancisce che una porzione di realtà può essere interpretata schematizzandola in molteplici modi possibili, a seconda del punto di vista.

    Tra i punti di vista c’è però un legame. Matematicamente, diremmo che l’insieme dei punti di vista è organizzato, strutturato in qualche modo. Come? Direi con una mappa. Deve trattarsi di una mappa che rispetta abbastanza i flussi e le connessioni tollerando incoerenze locali, come avviene nel ragionamento ipotetico. Cerco di spiegarmi meglio.

    Siano PdV1 e PdV2 due punti di vista. Per esempio, potremmo osservare lo stesso lago da due diverse posizioni della riva. Oppure potremmo usare un punto di vista a riva e l’altro portandoci in acqua o, ancora, usare un drone e portarci alcuni metri sopra il lago. Da solo non potrei farlo contemporaneamente: o siamo in due o son da solo e mi sposto. In entrambi i casi, il confronto tra le immagini ottenute da PdV1 e PdV2 dà luogo ad una mappa, non nel senso geografico del termine, piuttosto un’associazione in cui alcuni dettagli verranno identificati come appartenenti allo stesso elemento paesaggistico pur essendo in due immagini differenti. Se anziché scattare istantanee, registriamo video, potremmo per esempio riconoscere il movimento dello stesso uccello o pesce nei due video. Va da sé che potremmo avere dei dubbi sulla mappatura di alcuni elementi. Se capita per esempio che si muovano tanti pesci simili insieme, potrebbe risultare davvero difficile identificare i pesci corrispondenti nei due video.

    Potremmo definire come verità assoluta la mappatura di un flusso in tutti i punti di vista: se si riesce a costruirla, allora abbiamo trovato un dato oggettivo, una caratteristica inerente, una proprietà intrinseca. Se invece la mappatura non è definita in tutti i punti di vista, il dato non è intrinseco e potrebbe non essere neppure inerente o addirittura risultare soggettivo.

    Ti piacciono i gialli investigativi? O gli episodi di serie di fantascienza in cui si esplorano le implicazioni di un superpotere o di un’innovazione futuristica? Fai parte di associazioni o organi collegiali o gruppi di consulenti? Se rispondi si almeno una volta allora ti invito a declinare la mappatura di alcune presunte verità attingendo da quanti più punti di vista possibile e più disparati che puoi. Sicuramente – non ho alcun dubbio – rimarrai sorpreso dell’esito.

    Angolature e strumenti differenti consentono di cogliere dati oggettivi, tra i quali trovare proprietà inerenti e caratteristiche intrinseche.

    Per concludere, resta la questione del bias. Quando ho accennato al Rasoio di Occam, ho fatto riferimento alla “schematizzazione più semplice possibile”. Questa locuzione è però intrinsecamente ingannevole: possono esserci più schematizzazioni con la stessa semplicità. Et voilà! L’equivoco è servito! “Equivoco” deriva dal latino “aequivocus“, che significa “con uguale voce” e indica una parola o un’espressione che può avere più significati. Una persona indica una porzione di realtà, mentalmente la schematizza nel modo che gli sembra più semplice e, quindi, ovvio ma non fa caso al fatto che ci possano essere alternative altrettanto (più o meno) semplici. A schematizzazioni differenti corrispondono forme di flusso di pensiero differenti. Piccole differenze possono risultare trascurabili o, viceversa, venire amplificate in modo non lineare fino alla catastrofe, che poi sarebbe l’incomprensione, il disguido, il conflitto.


    Le immagini sono foto scattate da Nicola Granà o create da Nicola Granà con Midjourney.

  • Oltre la tastiera: il peccato sociale nell’era digitale

    Oltre la tastiera: il peccato sociale nell’era digitale

    [Tempo di lettura: 12 minuti]

    Sappiamo che allontanarsi e perdere il contatto e la coerenza con la Narrazione Ultraterrena a cui ci affidiamo per orientarci, ci fa soffrire. Anche nella nostra vita digitale questo può avvenire.

    Mi è stato chiesta una riflessione nell’ambito del percorso “Esercizi Spirituali nella Vita Ordinaria secondo il metodo di S. Ignazio, per Sposi”, meglio noto nella diocesi di Treviso come: “EVO Sposi”. Ecco il quesito che mi è stato posto:

    Ti vorrei poi chiedere se te la senti di scrivere una breve riflessione su come il peccato sociale si strutturi anche attraverso il nostro uso poco consapevole, che diventa cattivo uso, degli strumenti informatici e di ciò a cui ci danno accesso. Per spiegarti meglio, stiamo rivedendo tutte le schede evo e vorremmo per la scheda [riguardante lo sguardo di fede sulla realtà del male] avere degli esempi più attuali . Ho pensato a te per questa parte del nostro quotidiano.


    La “riflessione” qui sopra è in realtà una sorta di sintesi automatica prodotta da un essere fittizio, privo di esperienza corporea, la cui essenza è il condensato di un trilione di testi: è il prodotto di un Large Language Model ovvero di uno di quei costrutti informatici che al momento chiamiamo intelligenze artificiali, sebbene non siano né particolarmente intelligenti né particolarmente artificiali.

    Stanco, sopraffatto dal pensiero dell’inesorabile crescita della lista delle cose da completare, mi son detto: “Perché no?” ed ho attivato un costrutto informatico affinché elaborasse la scheda riguardante “lo sguardo di fede sulla realtà del male” e le consegne di Letizia, e scrivesse una riflessione al posto mio. Ecco, l’ho confessato!

    So benissimo di essere caduto nella cosiddetta automation bias cioè l’errore tipico di chi si appoggia troppo all’automazione e confida aprioristicamente sulla bontà della sua produzione. Ma è davvero troppo comodo! Peraltro, usare un LLM è un modo di lavorare che in molte situazioni è produttivo ed efficace, a partire dalla familiarità, per me, con la tastiera, lo schermo ed il mouse.

    Il mio cellulare ed il mio computer sono ormai delle costanti nelle mie giornate, fanno parte di me. Ad essere precisi, non proprio i due oggetti ma i trattamenti di dati, informazioni, comunicazioni e conoscenze che posso fare grazie ad essi. 

    Senza l’accesso a tali flussi, non potrei acquisire così velocemente informazioni e prendere decisioni rapide, restare in contatto durante la giornata con così tanta gente lontana (neanche con le telefonate reggerei a tali ritmi), dare e ricevere denaro, intervenire sul flusso operativo dell’azienda o accendere, a distanza, il riscaldamento di casa etc. etc.

    Mi riconosco non più come “persona-corpo biologico” ma come “persona-corpo biologico+estensione cibernetica”. Quanti film di fantascienza ho guardato! Ed ora mi accorgo di essere diventato io stesso un organismo cibernetico, un cyborg che, in quelle opere, è più frequente che vengano dipinti a toni tetri che come figure positive.

    Negli anni ’60, McLuhan pubblicò il libro Understanding Media: The Extensions of Man (in italiano Gli strumenti del comunicare) in cui coniò la celebre frase “il mezzo è il messaggio”. Con questa affermazione, McLuhan intendeva sottolineare come la natura di un mezzo di comunicazione influenzi profondamente il modo in cui il messaggio viene percepito e interpretato, a volte persino più del contenuto stesso. Ad esempio, un messaggio trasmesso attraverso la televisione avrà un impatto diverso rispetto allo stesso messaggio trasmesso attraverso un libro o un giornale, perché la televisione, in quanto mezzo,  privilegia l’immagine e l’immediatezza rispetto alla riflessione e all’approfondimento. 

    Chissà cosa direbbe McLuhan constatando che il mezzo è innestato nella persona?!

    Sta di fatto che il nonluogo, l’internet, è comunque sede di interazioni organizzative effettive e degli eco delle relazioni affettive, come abbiamo imparato ben bene durante l’epoca del COVID. Dunque non solo il digitale estende la nostra capacità biologica di interagire e relazionarci ma tocca anche la sfera della psiche.

    In questi anni, non si contano le incursioni della tecnologia nelle basi della vita: neuralink (la connessione tra elettronica e cervello a supporto della disabilità), bioingegneria, neural imaging, TEA (tecnologie di evoluzione assistita), organoidi… Da questo punto di vista, l’ideologia del gender può essere interpretata quale tristo presagio di tutto questo lavorio volto a conquistare controllo su almeno due livelli dell’esistenza delle persone: quello biologico e quello percettivo. 

    È vero anche il viceversa: ci sono incursioni della biologia e della psiche nel freddo terreno della tecnologia. Per esempio, i big data e le già citate Intelligenze Artificiali sembrano evolversi autonomamente, come se avessimo dato loro una vita propria.

    Non stupisce che, a questi grandi e potenti nuovi mezzi, corrispondano nuove varietà di quei frutti che nascono dall’interno della persona. Faccio riferimento a Luca 6,43-45.

    43 Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. 44 Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo. 45 L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.

    Ci sono frutti facili e difficili da cogliere e ci sono frutti che nutrono ed altri che intossicano. Qui ci concentriamo sui frutti, facili o difficili da cogliere, che intossicano.

    Un frutto difficile da cogliere è quello che nasce dall’accoppiata della tecnologia con un’etica focalizzata sul profitto anziché con il bene comune. 

    • Ed ecco che X, il social network che si chiamava Twitter, diventa uno strumento di disinformazione e di esercizio del potere. In generale, i social network ci fanno vivere ogni giorno nel paradosso: uniscono e dividono. Uniscono le persone alle persone e dividono le persone al loro interno, al loro inferno digitale. Lì “è pianto e stridore di denti” e qualcuno ne resta sopraffatto, sentendosi perduto, profondamente sconsolato, disconnesso dalla rete salvifica degli affetti. 
    • Ed ecco che il fatto di poter editare il codice genetico ci può far arrivare un giorno a dubitare dell’alterità, dell’avere un mistero davanti a sé quando si incontra una persona. Anziché: “Chi ho davanti a me? Quale persona, risultato della sua storia vissuta fino a questo momento, ho davanti a me?” potremmo un giorno chiederci: “A quale dei ceppi genetici che abbiamo creato appartiene questo umano?”.
    • L’economia della sorveglianza è un concetto che descrive un nuovo modello economico in cui la raccolta e l’analisi dei dati personali degli utenti vengono utilizzate come materia prima per generare profitto. In altre parole, le nostre azioni online e offline vengono monitorate e trasformate in informazioni preziose che le aziende possono sfruttare per vendere prodotti e servizi personalizzati, prevedere i nostri comportamenti e influenzare le nostre decisioni. Potere, disuguaglianza e violazione della privacy sono i suoi frutti.
    • La consapevolezza del problema della bolla informativa è crescente, ma ancora insufficiente. Sempre più persone e ricercatori si rendono conto di come gli algoritmi personalizzati possano limitare la nostra esposizione a punti di vista diversi dai nostri, creando così delle vere e proprie “bolle” informative. La bolla informativa ci offre un ambiente confortevole, in cui siamo circondati da opinioni che condividiamo. Confermare le nostre credenze ci dà un senso di sicurezza e appartenenza.  Gli algoritmi delle piattaforme online sono progettati per prevedere i nostri interessi e mostrarci contenuti sempre più personalizzati, rafforzando così la nostra bolla.
    • E se crediamo che fake news e deep fake siano fenomeni su grande scala, mettiamoci calmi e riguardiamo qualche chat sul nostro cellulare. Quanti istituti scolastici ci sono nella città? E quante classi? Beh, per ciascuna classe solitamente c’è un gruppo su WhatsApp, gentilmente e gratuitamente (ma dove?!) messo a disposizione dal Sig. Zuckerberg. Tipicamente, capita che ci siano delle discussioni interessanti e che si arrivi a delle conclusioni degne di nota. Queste però non sono ordinatamente archiviate, sono da qualche parte nel flusso indistinto della chat che, col passare delle settimane, sbiadisce nell’oblio. Ciò che è accaduto è che abbiamo usato uno strumento che intrinsecamente porta all’amnesia e di qui il passo con la confusione e gli equivoci è breve. Oltre a questo, stiamo dando qualcosa al Sig. Zuckerberg e non siamo neppure ben consapevoli di cosa gli stiamo dando. E non contenti abbiamo creato un meccanismo sociale tale per cui, siamo quasi costretti a farlo: è diventata una consuetudine, così fattuale da affiorare anche in qualche vicenda giuridica. Se questi sono i frutti, qual è la fonte nel cuore delle persone che li ha generati? L’uso imprevidente dello strumento. 

    Quest’ultimo peccato digitale è al confine tra il sociale ed il personale. Nella sfera personale, i frutti tossici sono forse più facili da cogliere.

    • Senti il bisogno di controllare continuamente il tuo smartphone, anche quando non ci sono notifiche? Hai paura di perderti qualcosa che sta succedendo online e senti il bisogno di essere sempre connesso? Hai difficoltà ad addormentarti o a mantenere un sonno profondo a causa dell’uso eccessivo dei dispositivi elettronici prima di andare a letto? Ti risulta difficile concentrarti sui tuoi compiti o studiare a causa delle continue distrazioni provenienti dal tuo telefono o computer? Preferisci interagire con gli altri attraverso i social media piuttosto che di persona, e hai difficoltà a instaurare relazioni significative? Ti senti spesso stressato, irritabile o ansioso a causa dell’overload di informazioni e stimoli provenienti dal mondo digitale? Soffri di mal di testa, affaticamento degli occhi o dolori alla schiena a causa di un uso prolungato dei dispositivi elettronici? Se si, hai bisogno di digital detox
    • Grazie al neural imaging, si è rilevato che gli effetti sul cevello della dipendenza da certe droghe presentano analogie con quelli dovuti alla dipendenza dalla pornografia. Sia la dipendenza da sostanze che quella da pornografia attivano e modificano circuiti cerebrali simili, in particolare il sistema della ricompensa. Questo sistema, quando viene stimolato da sostanze o comportamenti gratificanti (come guardare materiale pornografico), rilascia dopamina, un neurotrasmettitore che produce sensazioni di piacere e rinforza il comportamento. Come nelle dipendenze da sostanze, anche nella dipendenza da pornografia si possono sviluppare tolleranza (necessità di stimoli sempre più intensi per provare la stessa gratificazione) e sintomi da astinenza (ansia, irritabilità, depressione) quando si cerca di ridurre o interrompere il comportamento. Sia gli individui dipendenti da sostanze che quelli con dipendenza da pornografia manifestano comportamenti compulsivi, difficoltà a controllare gli impulsi e una crescente difficoltà a svolgere le attività quotidiane. Entrambe le dipendenze possono causare alterazioni cognitive, come difficoltà di concentrazione, problemi di memoria e alterazioni dell’umore. Il digitale ha messo a disposizione di tutti una quantità enorme di materiale pornografico la cui fruizione può portare ad una condizione che, come avrai capito, non è un semplice vizio.
    • Se dal punto di vista organizzativo, annullare tempi e distanze è un gran vantaggio quasi sempre (non sempre, esistono delle particolari situazioni organizzative in cui un minimo di tempo e distanza sono necessari), dal punto di vista affettivo è l’esatto contrario. Se l’attesa amplifica il desiderio (= “lontano dalle stelle”) ed il desiderio è ciò che ci proietta nel siderale, l’immediata accessibilità a un’infinità di informazioni e stimoli offerta dal mondo digitale può tenerci a terra, privi di slanci immaginativi e spirituali. Il senso di sazietà immediata attenua il desiderio di cercare e scoprire nuove cose. La possibilità di connettersi con chiunque e ovunque annulla la distanza fisica e psicologica che alimentava il desiderio. Gli algoritmi personalizzano i contenuti, ma spesso in modo omogeneizzante, limitando la possibilità di fare esperienze uniche e inaspettate. La costante sollecitazione da parte dei dispositivi digitali frammenta la nostra attenzione, rendendo difficile concentrarsi su un singolo obiettivo o desiderio.
    • Il rapporto tra una persona e un chatbot può essere fonte di problematiche e avere conseguenze negative. I chatbot sono programmati per simulare conversazioni umane, creando l’illusione di una relazione profonda e significativa. Esistono casi documentati in cui emerge che si è arrivati all’attaccamento affettivo che, quando ci si rende conto della natura della relazione, può portare a sentimenti di solitudine e isolamento. C’è chi cerca supporto emotivo in questi costrutti informatici, per poi rimanere deluso e frustrato perché essi non sono in grado di tenere conto della complessità delle relazioni umane. Però se in questo momento senti il bisogno impellente di una confessione, non serve che aspetti un prete fisico: per te c’è, disponibile qui ed ora, Deus in Machina.
    • Se qualcuno o qualcosa aiuta le persone ad incontrarsi o, addirittura, a trovare il compagno o la compagna della propria vita, in linea di principio, non può che essere valutato positivamente! Eppure, se si passa per un’app per il nostro smartphone, questa può essere utilizzata eccessivamente, come qualunque altra app.  Cosa succede se si ricorre troppo ad app di incontri? Le app di incontri presentano un flusso costante di profili, spesso ritoccati e presentati sotto una luce estremamente positiva. Questo crea un ambiente in cui gli utenti si confrontano costantemente con un ideale di bellezza e perfezione spesso irrealistico. Tale confronto può portare a sentirsi inadeguati e a sviluppare una bassa autostima. Il meccanismo del “match” e del “non match” può essere fonte di rigetti continui. Ogni rifiuto può essere vissuto come un giudizio personale sul proprio valore, erodendo l’autostima e generando sentimenti di inadeguatezza. La necessità di creare un profilo accattivante e di ricevere approvazione dagli altri può generare ansia da prestazione significativa. La paura di non essere all’altezza delle aspettative può portare a un circolo vizioso di insicurezza e perfezionismo. Paradossalmente, l’uso eccessivo delle app di incontri può portare a un maggiore isolamento sociale. La ricerca costante di connessioni virtuali può sostituire le interazioni reali, limitando le opportunità di sviluppare relazioni autentiche e profonde. Questo isolamento può a sua volta influenzare negativamente l’autostima. L’uso compulsivo delle app di incontri può portare a una dipendenza psicologica, simile ad altre dipendenze comportamentali. La ricerca costante di gratificazione immediata attraverso i “match” e le interazioni virtuali può distrarre dalle altre aree della vita, indebolendo l’autostima e generando sentimenti di vuoto.
    • Anche nella genitorialità, il digitale può essere sede di nuovi peccati. Pensiamo ad un genitore costantemente attaccato al telefono o al computer: che esempio può dare? Figurarsi se poi uno è capace di impostare limiti e monitorare le attività online dei figli, sensibilizzandoli ai rischi dovuti all’uso eccessivo o all’esposizione a contenuti inappropriati o a contatti pericolosi! Al contrario, qualche volta il digitale viene usato come babysitter, che tiene occupati i bambini, al riparo dal fango e dai rischi che i giochi all’aperto, come le attività dello scoutismo, possono comportare. Sta al genitore la responsabilità di mostrare come essere presente, non distratto da notifiche e chiamate che fanno sentire poco importante chi hai davanti. Come pure la trasmissione della cultura della privacy, anziché condividere foto o video dei figli sui social media senza il loro consenso esponendoli al giudizio degli altri ed inducendo paragoni insani tra ragazzi e bambini.

    Torniamo a Luca 6,43-45: gli strumenti non sono buoni o cattivi. Ma il digitale richiede studio, conoscenza, cultura come reazione alle forzature culturali operate da grandi poteri economici e politici. Non smettiamo mai di immaginarci Gesù col cellulare in mano: che uso ne farebbe attraverso le nostre dita?