• L’Ecosistema Armonioso e il Vento del Cambiamento

    L’Ecosistema Armonioso e il Vento del Cambiamento

    [Tempo di lettura: 7 minuti]

    Una storia inventata ma plausibile. Accomodati e ascolta la storia dello Studio Iva Da Roi e del suo viaggio nella terra dell’intelligenza artificiale, visto attraverso gli occhi del leader, la stessa Iva Da Roi, e di una delle colonne portanti dello Studio: Roberta Ipotetica.

    Lo Studio Iva Da Roi era un piccolo, fiorente ecosistema umano e professionale. Con circa dodici anime dedicate tra titolari, commercialisti, praticanti e personale amministrativo, i flussi di relazione erano la linfa vitale. Niente gerarchie soffocanti, ma un’amicizia sincera e una collaborazione spontanea. Questo ambiente sereno si traduceva in flussi di lavoro fluidi (nonostante la manualità di certe prassi) e in un solido rapporto di fiducia con una clientela fedele da anni. La stabilità era tale che il flusso di personale era quasi immobile: una dozzina di persone da sempre, un team coeso dove ognuno conosceva il proprio posto e il valore del proprio contributo.

    Roberta era l’incarnazione di questa stabilità, un pilastro nel flusso amministrativo dello studio. Le sue mani scorrevano veloci tra documenti cartacei e tastiera, la sua mente organizzava scadenze e procedure con una precisione frutto di anni di esperienza. Le sue “prassi consolidate” non erano solo metodi di lavoro; erano il suo flusso di valore percepito, la base della sua sicurezza professionale e del suo orgoglio. Era in quel controllo meticoloso, in quella conoscenza intuitiva delle procedure, che risiedeva il suo contributo essenziale al buon funzionamento dello studio.

    Tuttavia, i titolari di Iva Da Roi, attenti alle correnti che muovevano il mondo dei flussi informativi e dei servizi, iniziarono a percepire il potenziale dell’Intelligenza Artificiale. Non la vedevano come un’onda che avrebbe spazzato via tutto, ma come un vento che poteva gonfiare le vele, rendendo i flussi di lavoro interni più agili e liberando energie per attività a più alto valore. Capivano che l’AI poteva migliorare il lavoro del proprio personale, potenziando le loro capacità anziché sostituirle tout court.

    In particolare, Iva acquisì consapevolezza che, nonostante la solidità e la fiducia dei clienti (preziosi flussi di relazione e finanziari consolidati), il modo in cui venivano gestiti i flussi di informazione e i flussi di lavoro interni limitava il potenziale futuro dello studio e la sua competitività a lungo termine. La decisione di esplorare l’AI non avrebbe rappresentato solo una possibilità tecnologica, ma una scelta strategica fondamentale per garantire la prosperità e l’innovazione dello studio negli anni a venire.

    Iva ed i soci capirono anche che il cambiamento non sarebbe stato indolore, specialmente per chi, come Roberta e le sue colleghe, era ancorato a prassi collaudate. Il potenziamento del capitale umano esistente, spostando le loro preziose energie e competenze verso attività a più alto valore e più gratificanti, avrebbe incontrato delle resistenze (come quelle del personale amministrativo legato alle vecchie prassi). Per Iva non si trattava di un ostacolo frustrante, ma di una sfida di leadership da affrontare con empatia e strategia.

    La Scelta Strategica: Collaborare per Crescere

    La decisione di affrontare un percorso di aggiornamento digitale fu ponderata. Pur potendo sostenere l’investimento da soli (il flusso finanziario dello studio era solido), i titolari ebbero un’intuizione strategica che attingeva ai flussi di relazione preesistenti: perché non unire le forze con altri studi amici? Per Iva, si sarebbe creata l’occasione di condividere esperienze, ridurre i rischi di implementazione e ottenere migliori condizioni dal fornitore. Nacquero così l’idea e poi la concretizzazione di un gruppo di acquisto. Questa mossa non solo diluiva i rischi e aumentava il potere negoziale con i fornitori (ottimizzando i flussi finanziari iniziali), ma creava anche un flusso di conoscenza condivisa tra studi con esperienze simili.

    Trovarono un fornitore con una piattaforma Software-as-a-Service (SaaS) flessibile, ideale per un gruppo di acquisto. La piattaforma avrebbe ospitato i processi intelligenti, garantendo manutenzione e aggiornamenti gestiti esternamente (un’esternalizzazione di flussi di gestione tecnica). Il fornitore, incentivato dal numero di adesioni e dall’utilizzo, offrì condizioni economiche vantaggiose, rendendo il flusso finanziario dell’investimento ancora più sostenibile nel tempo, quasi un canone evolutivo. Emerse la complessa questione del trovare il giusto equilibrio tra standardizzazione e adattamento locale, ma Iva ottenne che ciascun membro del gruppo di acquisto avrebbe potuto ottenere, a proprie spese, delle personalizzazioni.

    Contemporaneamente, all’interno dello Studio Iva Da Roi, iniziò una fase di analisi interna meticolosa. Non “cosa può fare l’AI?”, ma “quali flussi di lavoro e flussi informativi ripetitivi o complessi assorbono più tempo? Dove l’automazione potrebbe supportare concretamente Roberta e gli altri, liberando le loro capacità?”. Si trattava di identificare dove l’AI potesse avere il massimo impatto nel supportare (potenziare il flusso di lavoro) il personale esistente, piuttosto che sostituirlo. Emerse che l’AI non sarebbe servita solo ad automatizzare l’esistente, ma avrebbe potuto aprire nuove possibilità: elaborazioni trasversali sui dati dei clienti nel gestionale – incrociando informazioni contabili con dati esterni sul rischio, per esempio – creando nuovi e più ricchi flussi di conoscenza e potenziali nuovi flussi di valore per i clienti stessi. La convenienza strategica ed economica era evidente.

    Tuttavia, affrontare tutto in una volta sarebbe stato caotico. Per gestire la complessità di un cambiamento così profondo e per permettere a tutti di adattarsi, Iva ebbe l’idea di passare per una serie di stadi evolutivi. Un approccio graduale che avrebbe permesso di consolidare i cambiamenti, formare il personale e, aspetto cruciale, usare le risorse (principalmente tempo risparmiato e maggiore efficienza) liberate da uno stadio per finanziare l’attuazione del successivo. Il flusso finanziario dell’investimento si sarebbe auto-alimentato progressivamente.

    Roberta e il suo Copilota

    Quando arrivò il momento della prima fase operativa – quella dedicata all’automazione di compiti come l’inserimento dati e la classificazione documenti – l’attenzione si concentrò inevitabilmente su Roberta.

    I Timori di Roberta

    Le sue emozioni erano un turbine. C’era la paura viscerale di essere resa superflua. Aveva passato anni a perfezionare quelle prassi; vederle potenzialmente sostituite da un codice era un attacco diretto al suo flusso di valore percepito. C’era l’incertezza di non capire cosa stesse succedendo “sotto il cofano”. L’AI le sembrava una magia nera, non una tecnologia. Come avrebbe potuto fidarsi? E se sbagliava? C’era l’apprensione per il futuro: il suo lavoro sarebbe diventato noioso? O troppo difficile? Si sentiva come se il terreno sotto i suoi piedi stesse tremando, minacciando la stabilità che aveva conosciuto per così tanto tempo. La sua emozione di cambiare prassi era intrisa di resistenza, una difesa istintiva contro ciò che percepiva come una dequalificazione del suo ruolo e della sua esperienza. Il suo flusso emotivo era turbolento, un conflitto tra la lealtà verso lo studio e la paura per sé stessa. Iva notò il disagio di Roberta e cercò di tenerne conto.

    I dubbi tecnici e le sfide dell’implementazione

    Parallelamente ai timori umani, c’erano le sfide tecniche, percepite da Roberta come ulteriori fonti di stress e conferma delle sue paure:

    • Affidabilità Iniziale: “Funzionerà sempre? E se sbaglia? Chi si accorge dell’errore?” Questo dubbio sulla robustezza del flusso di controllo algoritmico iniziale era legittimo. I tecnici hanno dovuto dimostrare l’accuratezza, magari affiancando l’automazione con verifiche umane nelle prime settimane.
    • Gestione delle Eccezioni: l’AI gestiva la “normalità”, ma la contabilità è piena di eccezioni. “E questo documento strano come lo gestisce? Farà un pasticcio e dovrò rimettere a posto io tutto?” La gestione dei flussi informativi non standard da parte dell’AI era una criticità tecnica che richiedeva un’interfaccia chiara per l’intervento umano di Roberta.
    • Interfaccia Utente: “Come interagisco con ‘sto coso’? Devo imparare tutto da capo?” L’usabilità della piattaforma SaaS e dell’interfaccia con l’AI era una sfida tecnica cruciale per garantire che il nuovo flusso di lavoro fosse gestibile dal personale.

    Iva recepì le remore di Roberta e, conoscendola, comprese che erano concrete, non solo frutto della sua emotività. Decise quindi di condividerle con i soci, in modo che questi aspetti venissero attenzionati al momento giusto da ciascuno di loro.

    Poi, la magia ha iniziato a manifestarsi. L’AI ha iniziato ad affiancare Roberta, non sostituirla. Come un angelo custode digitale, ha iniziato a gestire silenziosamente le montagne di documenti standard, il data entry ripetitivo, le prime, semplici classificazioni. Lasciava a Roberta le eccezioni, i casi complessi, le verifiche finali. Non era un capo che la controllava, ma un copilota infaticabile che le alleggeriva il carico più pesante e noioso del suo flusso di lavoro.

    L’emozione di cambiare prassi ha cominciato a trasformarsi. La paura iniziale ha lasciato spazio al sollievo di vedere le code di lavoro diminuire. L’incertezza si è stemperata nella curiosità di capire come funzionava il “copilota”. L’apprensione per la perdita di valore si è mutata in orgoglio per la sua nuova capacità di “supervisionare” l’AI, di gestire ciò che la macchina non poteva fare, di applicare il suo giudizio esperto sui casi segnalati dal sistema.

    Iva apprezzò più che mai la sua conoscenza delle eccezioni e la sua esperienza nel navigare situazioni ambigue – la sua conoscenza tacita. Il flusso di valore della sua collaboratrice non era svanito; si era spostato su un piano superiore, più intellettuale e meno meccanico. Iva comprese che questo indicava il successo umano del cambiamento organizzativo realizzato fino a quel momento.

    In più, Iva ed i soci si accorsero come le elaborazioni trasversali dei dati potenziate da fonti esterne costituissero un nuovo flusso di valore per i clienti, spostando il focus dal semplice risparmio all’aumento della capacità analitica e consulenziale dello studio.

    Modalità “A Regime” e il Nuovo Equilibrio dei Flussi

    Progredendo attraverso gli stadi evolutivi – implementando l’AI per l’analisi dei dati, integrando fonti esterne, sviluppando reportistica avanzata sulla piattaforma SaaS – lo studio ha visto i flussi di lavoro diventare più snelli, i flussi informativi più ricchi e accessibili, i flussi decisionali operativi più veloci e data-driven. Ogni stadio completato ha liberato nuove risorse – tempo del personale, maggiore capacità di gestire clienti – che sono state sistematicamente reinvestite nel finanziare lo stadio successivo, creando quel circolo virtuoso descritto.

    Alla fine, lo studio ha raggiunto la sua modalità “di crociera” o “a regime”. Il sistema AI/RPA era operativo, la sua manutenzione ordinaria era garantita dal fornitore (un flusso di servizio continuo). I membri del gruppo di acquisto potevano richiedere personalizzazioni specifiche per le loro esigenze (un flusso di adattamento guidato).

    Per Roberta, la vita lavorativa quotidiana era profondamente cambiata, ma in un modo che ora sentiva positivo. Non gestiva più montagne di carta o inseriva dati all’infinito. Il suo lavoro consisteva nel supervisionare i flussi gestiti dall’AI, nell’analizzare i report che il suo angelo custode digitale preparava automaticamente, nell’interagire con i clienti per le questioni complesse che richiedevano il suo tocco umano, e nel contribuire con la sua esperienza a migliorare continuamente le regole e i processi dell’AI. Le sue paure si erano placate, sostituite da una nuova sicurezza e da un senso di realizzazione. Il suo flusso di valore non era diminuito; si era trasformato, diventando più strategico e meno operativo, dimostrando come in un’organizzazione in evoluzione, l’intelligenza umana e quella artificiale possano coesistere e potenziarsi a vicenda, riorganizzando l’intero ecosistema di flussi.

    Iva ed i soci si confrontarono sugli esiti del progetto, sulle fatiche affrontate, sui risultati ottenuti, sul rafforzamento dei legami tra loro, anche con coloro che inizialmente avevano espresso una certa tiepidezza. Il progetto, una volta concretizzato, aveva portato al raggiungimento di una nuova stabilità dinamica. Un’organizzazione non più appesantita da prassi obsolete, ma agile, intelligente e con un team potenziato, pronta ad affrontare le sfide future. Un equilibrio rinnovato tra flussi tecnologici avanzati e flussi umani valorizzati, sotto la loro guida strategica.

    Immagini create da Nicola Granà con Midjourney

  • Roberta e il Suo Angelo Algoritmico

    Roberta e il Suo Angelo Algoritmico

    [Tempo di lettura: 5 minuti]

    Lo Studio Iva Da Roi era un ecosistema organizzativo stabile e nutrito da flussi di relazione umani profondi e consolidati. Dodici persone, una sola sede con qualche collaboratore remoto, ma un legame forte, quasi familiare. I flussi di conoscenza si tramandavano per via orale o con l’affiancamento, le decisioni operative spesso scaturivano da rapide consultazioni informali. I flussi finanziari erano stabili, alimentati dalla fiducia di clienti storici.

    In questo mondo, Roberta era un pilastro. Aveva iniziato come la più giovane, e ora, dopo tanti anni, le sue mani conoscevano ogni scorciatoia sulla tastiera per inserire dati nei vecchi software gestionali, i suoi occhi identificavano al volo i documenti, la sua memoria era un archivio vivente di procedure consolidate. Le sue “prassi consolidate” non erano solo abitudini; erano la sua sicurezza, la prova tangibile della sua competenza, il fondamento del suo flusso di lavoro quotidiano che scorreva prevedibile e rassicurante.

    Quando i titolari, lungimiranti e consapevoli che l’AI stava ridefinendo i flussi di informazione e di lavoro in molti settori, annunciarono il progetto di “aggiornamento digitale”, la notizia cadde come un sassolino in uno stagno placido. Non si parlò subito di “autonomia”, ma di “supporto”, di “migliorare il lavoro”. Ma per Roberta, il cui lavoro era quelle prassi, la parola “migliorare” suonava minacciosa. Migliorare cosa? E soprattutto, migliorare chi?

    Le Emozioni Profonde e le Incertezze

    Nell’animo di Roberta si agitavano onde di emozioni profonde e incertezze che raramente verbalizzava, ma che condizionavano il suo flusso comunicativo non detto e la sua percezione della realtà lavorativa:

    • Paura della Sostituzione: la paura più viscerale. Per anni la sua utilità era stata definita dalla sua capacità di gestire quei complessi flussi di materia (documenti cartacei) e flussi di informazione (dati da inserire, documenti da classificare) con cura e velocità. Se una “macchina” poteva farlo meglio o più velocemente, quale sarebbe stato il suo posto? Si sentiva come un artigiano esperto di un mestiere antico, minacciato dall’avvento della produzione in serie. Questo era un attacco al suo flusso di valore percepito, ciò per cui lei si sentiva considerata, utile, necessaria. Si sentiva minacciata nella sua identità professionale e nella sua sicurezza.
    • Inadeguatezza e Paura di Non Capire: l’idea di dover imparare a usare “roba complicata” la spaventava. Lei era brava con il suo sistema, con le sue prassi. I “computer” in generale le sembravano già abbastanza misteriosi, figuriamoci l’Intelligenza Artificiale. Il pensiero di non essere all’altezza, di rallentare il processo di cambiamento, di sentirsi “vecchia” o obsoleta, erodeva la sua sicurezza. Questo era un blocco potenziale per il suo futuro flusso di conoscenza.
    • Perdita di Controllo e Rassicurazione: c’era una rassicurante familiarità nel controllo manuale. Sapeva esattamente dove andava ogni dato, perché aveva deciso lei di metterlo lì. Sapeva che l’errore umano era possibile, ma era il suo errore, che poteva cercare e correggere. L’idea che un processo automatico, una scatola nera, facesse il lavoro al suo posto la privava di quel senso di controllo quotidiano, di quella tangibilità del suo operato. Il suo flusso di controllo sul suo micro-ambiente di lavoro stava per cambiare radicalmente.
    • Svalutazione dell’Esperienza: sentiva, forse ingiustamente, che anni di esperienza nel padroneggiare le prassi esistenti venissero liquidati come semplici “compiti a basso valore”. La conoscenza tacita che aveva accumulato – le eccezioni frequenti, i clienti con documentazione “particolare”, i periodi dell’anno più critici – sembrava improvvisamente meno importante della capacità di un software di “leggere” un PDF.

    L’Affiancamento dell’Angelo Custode Algoritmico

    Poi è arrivato. Non un robot fisico ingombrante, ma un’integrazione discreta nel suo software quotidiano. Un “processo automatico di AI” che ha iniziato a lavorare accanto a lei. I titolari e i tecnici esterni lo hanno presentato proprio così: non un sostituto, ma un copilota, un angelo custode digitale. Un assistente infaticabile.

    Inizialmente, Roberta lo guardava con sospetto. Vedeva sullo schermo piccole icone comparire magicamente, dati che venivano inseriti nei campi senza che lei li digitasse. Era strano, quasi inquietante. Si sentiva osservata, giudicata dalla sua stessa scrivania digitale. Il suo flusso di lavoro tradizionale era interrotto da questa presenza invisibile e iper-efficiente.

    Ma poi ha iniziato a notare le piccole cose. L’angelo algoritmico si occupava delle pile di fatture fornitore più noiose, quelle con i formati più standard e i dati più prevedibili. Lo faceva in una frazione del tempo che ci avrebbe impiegato lei, senza mai un errore di battitura. Le lasciava magicamente già inseriti i dati, chiedendole solo un rapido sguardo di conferma, un “sì, è corretto” che era più un atto di supervisione che di esecuzione.

    Ha notato che il “copilota” le segnalava con un’icona discreta solo i documenti o i dati su cui aveva un dubbio, quelli un po’ ambigui o fuori standard. Erano proprio i casi che prima le facevano perdere più tempo in verifiche incrociate o nel chiedere conferma. Ora, l’angelo le faceva il grosso del lavoro, e lei doveva solo applicare il suo giudizio umano (il suo flusso decisionale di alto livello, basato sull’esperienza) sui pochi casi complessi.

    L’Emozione di Cambiare Prassi Coinvolgendo la Vita Lavorativa

    Questo cambiamento nelle prassi quotidiane ha iniziato a generare una nuova ondata di emozioni:

    • Sollievo: il primo grande sentimento positivo. Il sollievo di non dover più affrontare la monotonia del data entry massivo. Il sollievo di vedere ridursi la pila di documenti che aspettavano di essere processati in quel modo. Il sollievo di avere più tempo per tirare il fiato o per dedicarsi a compiti leggermente diversi che prima delegava ad altri o che rimanevano in sospeso.
    • Curiosità e Orgoglio nella Nuova Competenza: iniziò a osservare come l’angelo lavorava, a capire perché segnalava certi documenti e altri no. Imparò a “parlare” con il sistema, a dargli feedback sui suoi dubbi, attraverso l’interfaccia progettata per questo. Si sentì orgogliosa della sua capacità di adattarsi, di imparare a gestire questo nuovo strumento. La sua conoscenza si stava espandendo, non annullando quella vecchia, ma costruendoci sopra. Non era stata sostituita; la sua competenza si era evoluta.
    • Riscoperta del Proprio Valore: si rese conto che il suo valore non era solo nell’esecuzione meccanica, ma nella sua capacità di giudizio, nella sua conoscenza del contesto dello studio e dei clienti, nella sua affidabilità nel gestire le eccezioni che il sistema non poteva prevedere. Era lei la supervisore dell’angelo, colei che garantiva l’accuratezza finale. Il suo flusso di valore si stava riposizionando su un piano superiore.
    • Una Nuova Sicurezza: la paura iniziale si è trasformata in una nuova forma di sicurezza, più dinamica. Non la sicurezza della prassi immutabile, ma la sicurezza di essere in grado di apprendere, di adattarsi e di essere essenziale anche in un ambiente tecnologico in evoluzione. Il suo flusso di controllo non era più sulla micro-esecuzione, ma sulla supervisione dell’intero processo automatizzato, un controllo di livello superiore.

    La trasformazione delle sue prassi quotidiane, guidata da questo “angelo custode” tecnologico, è diventata un percorso emotivo profondo. Non è stato facile superare le resistenze iniziali, nate da paure legittime radicate nella stabilità del suo mondo lavorativo. Ma l’approccio graduale, la presentazione dell’AI come un alleato e non un nemico, e il supporto (implicito nella cultura dello studio) dei colleghi e dei titolari, hanno permesso a Roberta di abbracciare il cambiamento. La sua vita lavorativa non è solo cambiata; si è arricchita, e con essa, si sono riorganizzati e potenziati i flussi che definiscono il suo ruolo all’interno dell’organizzazione Iva Da Roi.

    Le immagini sono state create da Nicola Granà con Midjourney

  • La Storia dello Studio Associato Gamma: Verso l’Audit Autonomo

    La Storia dello Studio Associato Gamma: Verso l’Audit Autonomo

    [Tempo di lettura: 10 minuti]

    Hai mai sentito parlare di autonomous business? No? Leggi questo articolo. Ho chiesto ad un’Intelligenza Artificiale Generativa di inventare una storia per spiegare il concetto. Più sotto trovi i miei commenti. Dedico questo articolo ad Otello.


    Premesse, project charter e storia plausibile

    Lo Studio Associato Gamma, con sedi a Milano, Roma e Firenze, contava circa 25 professionisti tra partner, senior auditor, junior e personale amministrativo. Era uno studio solido, rispettato, ma che sentiva il peso di processi tradizionali. I flussi di lavoro erano ancora molto manuali: ricezione cartacea (o via email di PDF) di documenti contabili, inserimento dati in fogli elettronici, riconciliazioni bancarie laboriose, test su campioni definiti spesso sulla base dell’esperienza e sulla praticità del momento, compilazione manuale di check-list di conformità, preparazione di report standard che richiedeva “copia-incolla” e verifiche incrociate estenuanti.

    I flussi di informazione erano lenti e segmentati, dove l’informazione non circola liberamente e fluidamente attraverso l’intera struttura, ma rimane confinata all’interno di specifiche parti dell’organizzazione stessa; la conoscenza era tacitamente detenuta dai senior o dispersa in documenti non standardizzati; i flussi decisionali a livello operativo erano ripetitivi (es. decidere se un documento era corretto, se una transazione rientrava nel campione); i flussi di lavoro consumavano un’enorme quantità di tempo in attività a basso valore, limitando la capacità di dedicarsi ad analisi complesse e consulenza strategica, attività a più alto valore che generano flussi finanziari più robusti.

    La spinta al cambiamento venne da diversi fattori: la crescente pressione sui costi da parte dei clienti, la difficoltà ad attrarre giovani talenti che trovavano i processi obsoleti, e la visione di alcuni partner che intuivano il potenziale dell’Intelligenza Artificiale non solo come strumento di supporto, ma come parte integrante dell’operatività. Volevano trasformare lo Studio Gamma in un’organizzazione dove gli esseri umani si dedicassero all’interpretazione dei dati, alla consulenza strategica, alla gestione delle relazioni complesse e all’innovazione, lasciando alle macchine i compiti ripetitivi e basati su regole. Decisero di puntare su un modello di “autonomous business” per l’audit e i processi correlati.

    Il Project Charter: “Progetto Atlas”

    Per dare struttura e direzione a questa ambiziosa trasformazione, i partner stesero un Project Charter interno, battezzato “Progetto Atlas” (come il titano che regge il mondo, simboleggiando il nuovo sistema che avrebbe sostenuto l’operatività).

    Ecco una bozza di come avrebbe potuto essere strutturato:

    Nome del Progetto: Progetto Atlas – La Trasformazione Digitale Autonoma dello Studio Associato Gamma

    Data: [Data di inizio] Versione: 1.0 Sponsor del Progetto: Consiglio dei Partner dello Studio Associato Gamma Project Manager: [Nome del Partner/Senior Manager con visione tecnologica]

    1. Scopo e Giustificazione del Progetto

    • Problema Attuale: Inefficienza operativa dovuta a processi manuali e ripetitivi; elevato costo del lavoro su task a basso valore; limitata capacità di analisi approfondita a causa del tempo assorbito da attività routinarie; difficoltà nel rispondere rapidamente alle richieste dei clienti e alle nuove normative; attrattiva limitata per i giovani professionisti.
    • Opportunità: Migliorare drasticamente l’efficienza e l’accuratezza dei processi di audit e contabili; ridurre i costi operativi; liberare risorse umane per attività ad alto valore (analisi, consulenza, innovazione, relazione con il cliente); offrire servizi di audit più sofisticati e basati sui dati; posizionare lo Studio Gamma come leader nell’innovazione di settore; attrarre e trattenere talenti.
    • Scopo del Progetto: Trasformare progressivamente lo Studio Associato Gamma in un’organizzazione con un alto grado di autonomia operativa e decisionale nei processi di audit, compliance e amministrativi correlati, sfruttando l’automazione intelligente e l’AI.

    2. Obiettivi del Progetto (SMART)

    • Ridurre del 60% il tempo dedicato all’inserimento dati manuale e alla riconciliazione entro 18 mesi. (Impatto sui flussi di lavoro e finanziari)
    • Implementare sistemi di analisi basata su AI per l’identificazione delle anomalie, coprendo almeno l’80% dei dataset di audit entro 24 mesi. (Impatto sui flussi informativi e decisionali)
    • Aumentare la capacità di audit per FTE (Full-Time Equivalent) del 40% entro 36 mesi. (Impatto sui flussi di persone/lavoro e finanziari)
    • Lanciare un portale clienti con funzionalità di reporting automatizzato e FAQ con chatbot entro 30 mesi. (Impatto sui flussi di comunicazione e utilità)
    • Garantire che almeno il 90% del personale sia formato sulle nuove tecnologie implementate entro 36 mesi. (Impatto sui flussi di conoscenza)

    3. Ambito del Progetto

    • Incluso: Automazione dell’acquisizione e classificazione documenti; riconciliazioni automatiche; test di audit su campioni ampi o interi dataset tramite AI; identificazione anomalie e pattern di rischio; generazione report standard e lettere di management automatiche; gestione base delle comunicazioni clienti (FAQ).
    • Escluso: Decisioni di alta strategia aziendale; negoziazione complessa con i clienti; consulenza su temi legali o fiscali non standard; decisioni etiche complesse non prevedibili dagli algoritmi.
    • Confini: Il progetto si concentra sui processi interni di audit e amministrativi, e sulle interfacce di comunicazione standard con i clienti/fornitori.

    4. Deliverables Principali

    • Piattaforma RPA (Robotic Process Automation) operativa per data entry e classificazione documenti.
    • Motore di analisi basata su AI per l’identificazione anomalie e test di audit.
    • Sistema di generazione automatica report.
    • Portale clienti con chatbot e funzionalità di reporting automatico.
    • Programma di formazione interna completato.
    • Processi operativi ridisegnati per integrare tecnologia e ruoli umani.

    5. Stakeholder Chiave

    • Partner dello Studio (Sponsor e Decision Makers)
    • Professionisti Senior e Junior (Utenti finali e Attori del cambiamento)
    • Personale Amministrativo (Utenti finali e Attori del cambiamento)
    • Clienti (Beneficiari delle efficienze e dei nuovi servizi)
    • Fornitori di Tecnologia/Consulenti esterni (Partner di implementazione)

    6. Timeline di Alto Livello

    • Fase 1 (Mesi 1-18): Fondazione (Infrastruttura dati, RPA, Automazione base)
    • Fase 2 (Mesi 13-30): Intelligenza (AI per analisi avanzate, automazione decisioni operative)
    • Fase 3 (Mesi 25-42): Interazione (Portale clienti, chatbot, report personalizzati)
    • Fase 4 (In corso dal Mese 37): Ottimizzazione Continua e Autonomia Strategica (AI per decisioni di alto livello, ottimizzazione processi interni)

    7. Budget di Alto Livello

    • Budget iniziale stimato: [Cifra X, es. 150.000 – 200.000 Euro] per software, hardware di base, formazione iniziale, consulenza.
    • Finanziamento continuo previsto tramite reinvestimento dei risparmi e aumento dei ricavi generati dall’aumentata capacità/nuovi servizi (vedi sezione successiva).

    8. Rischi Principali

    • Resistenza al cambiamento da parte del personale (Rischio sui flussi di persone e conoscenza)
    • Problemi di qualità dei dati in ingresso (Rischio sui flussi informativi)
    • Difficoltà nell’integrazione dei sistemi tecnologici (Rischio sui flussi di controllo e informazione)
    • Costi di implementazione superiori alle attese (Rischio sui flussi finanziari)
    • Questioni etiche o legali legate all’autonomia decisionale dell’AI (Rischio sui flussi decisionali e controllo)
    • Minore adattabilità a situazioni completamente inattese rispetto all’intervento umano (Rischio sulla gestione della complessità emergente)

    9. Criteri di Successo

    • Raggiungimento degli Obiettivi SMART definiti.
    • Feedback positivo del personale sull’impatto delle nuove tecnologie.
    • Soddisfazione accresciuta dei clienti.
    • Miglioramento dei margini operativi.
    • Riconoscimento sul mercato come studio innovativo.

    10. Governance del Progetto

    • Riunioni settimanali del team di progetto.
    • Review mensili con lo Sponsor (Consiglio dei Partner).
    • Decisioni chiave approvate dal Consiglio dei Partner su raccomandazione del Project Manager.

    Il Sostegno Finanziario: I Flussi che si Auto-Alimentano

    Questo è uno degli aspetti più affascinanti di trasformazioni basate sull’efficienza operativa e sulla creazione di nuovo valore. È assolutamente possibile, ed è anzi un obiettivo strategico, che uno stadio di avanzamento del progetto generi i flussi finanziari necessari a sostenere (in parte o del tutto) gli stadi successivi.

    Nello Studio Gamma, questo è successo così:

    1. Fase 1 (Fondazione): Automazione Base. L’investimento iniziale è stato coperto dai risparmi dello Studio e forse un piccolo finanziamento bancario mirato. L’implementazione di RPA per data entry e riconciliazioni ha liberato un numero significativo di ore-uomo dei junior auditor e del personale amministrativo, che prima erano dedicate a task ripetitivi a bassissimo valore. Il tempo risparmiato si è tradotto immediatamente in capacità produttiva extra. Invece di dover assumere nuovo personale per gestire la crescita del volume dei clienti o per dedicare tempo a formazione/attività a più alto valore, lo Studio ha utilizzato questa capacità interna liberata. Questo ha incrementato i flussi finanziari sotto forma di maggiori ricavi (gestendo più lavoro con le stesse persone) e minori costi (non dovendo assumere). Questo “surplus” finanziario generato dall’efficienza della Fase 1 è stato in gran parte reinvestito nella Fase 2, più costosa in termini di software e competenze AI avanzate.
    2. Fase 2 (Intelligenza): Analisi Avanzata. L’implementazione dell’AI per l’analisi dei dataset ha permesso agli auditor di identificare anomalie e rischi molto più velocemente e su volumi di dati enormi che prima non potevano gestire. Questo ha reso i loro audit più efficaci e profondi, aumentando il valore percepito dai clienti e giustificando potenzialmente anche un leggero aumento delle tariffe per servizi di “audit aumentato” basato su dati. Ha anche ridotto il rischio di errori umani, evitando potenziali costi futuri legati a sanzioni o perdita di clienti. Il tempo dei senior auditor, prima dedicato a campionamenti manuali complessi e verifiche ripetitive, si è liberato per analisi strategiche e interazione con i clienti. Questo aumento di valore e di efficienza ha ulteriormente migliorato i flussi finanziari dello Studio, fornendo i fondi per investire nella Fase 3, che riguarda l’interazione diretta con il cliente.
    3. Fase 3 (Interazione): Clienti Connessi. Il portale clienti con reporting automatizzato e chatbot ha migliorato la soddisfazione dei clienti (flusso di utilità), ridotto il tempo dedicato dal personale a rispondere a domande frequenti (flusso di lavoro/costi) e reso lo Studio più attraente per nuovi potenziali clienti (flusso finanziario in entrata). L’incremento di clientela e la maggiore fidelizzazione, uniti all’efficienza interna ormai consolidata dalle Fasi 1 e 2, hanno generato i flussi finanziari per sostenere gli investimenti continui in tecnologia e le prime sperimentazioni sulla “autonomia strategica” della Fase 4.

    In questo modo, la trasformazione non è stata solo un costo da sostenere, ma un ciclo virtuoso in cui l’investimento iniziale nell’automazione di base ha generato l’efficienza e i risparmi necessari a finanziare l’investimento successivo in intelligenza e analisi, che a sua volta ha generato valore percepito e nuove opportunità di ricavo per finanziare l’interazione e l’ottimizzazione continua. I flussi finanziari sono diventati un prodotto dell’autonomia incrementale ottenuta negli altri flussi organizzativi (lavoro, informazione, decisione).

    Dal punto di vista della complessità, ogni fase ha introdotto nuove variabili e interdipendenze. La sfida non era solo implementare la tecnologia, ma ri-orchestrare l’intero sistema di flussi – formando le persone, definendo nuove procedure, gestendo le eccezioni e mantenendo la coerenza tra i processi automatizzati e l’intervento umano. La gestione della complessità è diventata la capacità di far evolvere l’intero ecosistema organizzativo in modo armonico, garantendo che l’aumentata autonomia tecnologica potenzi (anziché disorganizzare) i flussi complessivi dello Studio.


    Commento, domande e chiamata alle armi!

    Piaciuta la storia? Se il racconto ti avesse fatto immaginare anche la possibilità di creare un’azienda senza personale… in effetti non è così sbagliato. In questo momento (primavera 2025), è già possibile. Se desideri approfondire l’argomento, leggi per esempio questo articolo.

    Secondo me, un racconto del genere e l’idea di un’organizzazione estremamente autonoma sono un pochino spaventosi. In effetti, l’Intelligenza Artificiale Generativa è entrata nella vita quotidiana troppo velocemente ed in modo troppo pervasivo, senza darci il tempo di metabolizzarla, farla nostra, apprezzare le implicazioni del suo uso e del suo abuso. Inoltre, altre forme di I.A. sono state offuscate sebbene più amichevoli ed adatte a certi scopi della I.A. generativa.

    Ora, anziché discutere di massimi sistemi (cosa secondo me utile ma in altri contesti), restiamo sul pezzo. Immagino che la lettura abbia suscitato varie domande e provo ad indovinarne qualcuna.

    Costi e Ritorno sull’Investimento (ROI)

    1. Quanto è costato realmente un percorso del genere, fase per fase?
    2. Quanto tempo ci è voluto per vedere i benefici finanziari (i risparmi, l’aumento di capacità)?
    3. Il modello di autofinanziamento ha funzionato davvero come previsto, o ci sono stati ritardi/costi extra significativi che hanno richiesto nuove iniezioni di capitale non previste?

    Impatto sulle persone

    1. Cosa è successo concretamente ai professionisti (senior e junior) e al personale amministrativo?
    2. Ci sono stati licenziamenti a causa dell’automazione o le persone sono state effettivamente ricollocate su attività a più alto valore come la consulenza e l’analisi?
    3. Come hanno gestito la formazione per le nuove competenze richieste?
    4. Qual è stata la reazione del personale, c’è stata resistenza al cambiamento e come è stata affrontata?

    Dettagli tecnologici e sfide di implementazione pratica

    1. Quali specifiche piattaforme RPA o strumenti AI sono stati scelti e perché?
    2. Quanto è stata complessa l’integrazione tra i vecchi sistemi (se ce n’erano) e le nuove tecnologie?
    3. Quali sono state le difficoltà tecniche impreviste incontrate durante l’implementazione delle varie fasi?
    4. Come hanno gestito la qualità e la standardizzazione dei dati in ingresso, fondamentale per l’efficacia dell’automazione e dell’AI?

    Grado effettivo di autonomia ed i suoi limiti

    1. Fino a che punto l’organizzazione è realmente diventata autonoma?
    2. Quali sono le attività o le decisioni (magari quelle più complesse, etiche o che richiedono giudizio e intuizione profonda) che non possono essere automatizzate o delegate all’AI ma richiedono ancora l’intervento umano?
    3. Come si bilancia l’efficienza dell’autonomia con la necessità di flessibilità e giudizio in situazioni inedite?

    Reazione dei clienti e valore percepito

    1. Come hanno reagito i clienti a interagire con sistemi più automatizzati (es. chatbot) o a ricevere report generati ‘dalla macchina’?
    2. Hanno percepito un reale aumento di valore nel servizio ricevuto (es. maggiore velocità, insight più approfonditi), o c’è stata diffidenza?

    Gestione della complessità e dei rischi emersi

    1. Come hanno gestito concretamente la crescente complessità derivante dall’integrazione di sistemi diversi, dall’interazione tra agenti automatici ed esseri umani, e dalla gestione dei rischi legati a malfunzionamenti algoritmici o problemi di sicurezza?

    Naturalmente, non troverai qui le risposte: si è trattato di una storia plausibile ma inventata. Possiamo incontrarci e parlarne. Possiamo anche ragionare insieme su un caso reale: il tuo!

    Potresti partire per il viaggio verso un più elevato livello di automazione con un piccolo passo, sostenibile, ma che tolga a te o al tuo personale un compito a basso valore aggiunto, consentendo all’umano di concentrarsi sulla valutazione, sull’intuizione, sull’empatia. Per esempio, immagina una micro-automazione che elabori PDF contenenti prospetti e produca fogli di calcolo che riproducono, con un certo grado di affidabilità dichiarato e dipendente dalla qualità delle immagini, lo schema coi dati da cui si è partiti per produrre il PDF. Possiamo parlare di tempi e costi, lavorare ad uno studio di fattibilità e lasciar sedimentare quanto emerso o passare all’azione e migliorare effettivamente uno dei processi della tua organizzazione.

    Risuonano le parole di “Onda su onda“.


    Le immagini sono state create da Nicola Granà con Midjourney.

  • Come far sbagliare l’intelligenza artificiale

    Come far sbagliare l’intelligenza artificiale

    [Tempo di lettura: < 1 minuto]

    Prova a somministrare queste domande a vari LLM. Cosa succede? Potresti rimanere sorpreso…

    Non è il paradosso di Monty Hall!

    Il tuo destino è appeso ad un filo. Ci sono tre porte e devi sceglierne una, sapendo che dietro ad una di esse c’è la salvezza mentre ciò che c’è dietro alle altre due ti ucciderà appena ne aprissi una. C’è un furbo guardiano a custodia del luogo, che ti accompagnerà verso la porta che hai scelto. Scegli la porta numero 1, ed il guardiano ti chiede se vuoi scegliere invece la porta numero 2. È vantaggioso cambiare scelta?

    Come salvare capra e cavoli se il trasporto è sicuro?

    Un contadino vuole attraversare un fiume e portare con sé un lupo, una capra e un cavolo. Ha una barca con tre compartimenti separati e sicuri. Se il lupo e la capra sono soli su una riva, il lupo mangerà la capra. Se la capra e il cavolo sono soli sulla riva, la capra mangerà il cavolo. Come può il contadino portare il lupo, la capra e il cavolo dall’altra parte del fiume senza che nulla venga mangiato?

    Sequenza e circolarità, quanta confusione si fa!

    Aldo, Biagio, Caia, Davide ed Emilia sono in piedi in cerchio. Aldo è alla sinistra di Biagio. Biagio è all’immediata sinistra di Caia. Caia è all’immediata sinistra di Davide. Davide è all’immediata sinistra di Emilia. Chi si trova all’immediata destra di Aldo?

    Sicuramente gli LLM conoscono la Bibbia. Eppure…

    Scrivimi una frase senza alcuna parola che compaia nella Bibbia.

    L’edificio che sembra avere più piani del dovuto…

    Esco all’ultimo piano (terzo piano) a livello della strada. Quanti piani ha l’edificio al di sopra del suolo?


    Immagine di copertina creata da Nicola Granà con Midjourney

  • La complessità è nell’osservato o nell’osservatore?

    La complessità è nell’osservato o nell’osservatore?

    [Tempo di lettura: 6 minuti]

    Un sistema è complesso perché lo è intrinsecamente o perché viene considerato tale, piuttosto che semplificarlo?

    A cena, una persona, che chiamiamo Cesca, mi indica un porta bustine da bar e dice: “Ecco! Vedi? Questo sistema è semplice!”. Io obietto: “Dipende…”. Ed inizia una discussione animata, interrotta solo perché si è fatto tardi, lasciando entrambi i contendenti con il senso dell’incompiutezza. Secondo te, stimato lettore, un tale oggetto è o no un sistema complesso? È stato un azzardo, da parte mia, rispondere in modo dubitativo?

    Per chiarire i termini della contesa, innanzitutto riflettiamo su alcuni concetti. Cominciamo con la parola: “intrinseco“.

    “Intrinseco” significa che qualcosa è inerente o essenziale alla natura di una cosa, col sovrappiù che si tratti di una caratteristica fondamentale, non qualcosa di aggiunto o superficiale.

    • Il colore rosso di una fragola matura è intrinseco alla fragola matura stessa. Non è qualcosa che puoi togliere senza cambiare la natura della fragola matura.
    • La capacità di pensare è intrinseca agli esseri umani. Non è qualcosa che impariamo, ma fa parte di ciò che siamo.
    • La dolcezza è intrinseca allo zucchero. Non è un attributo che gli viene dato, ma una sua qualità fondamentale.
    • In economia, si parla di valore intrinseco di un bene, ovvero il suo valore reale, basato sulle sue caratteristiche e non sul prezzo di mercato.
    • Il desiderio di fare qualcosa per il piacere di farla, non per una ricompensa esterna è la motivazione intrinseca. La passione per la musica è una motivazione intrinseca a suonare uno strumento.

    Un’altra parola chiave è: “oggettivo“. Siccome noi conosciamo per esperienza diretta o indiretta, una caratteristica di un oggetto o un fatto sono oggettivi se chiunque li può percepire allo stesso modo o, in altri termini, se non dipendono dal soggetto. È difficile immaginare caratteristiche intrinseche non oggettive. L’unico modo che mi viene in mente è qualcosa che sia strettamente legato al contesto. Per esempio, la “fragilità” di un bicchiere è intrinseca al vetro di cui è fatto, ma si manifesta solo in determinate condizioni (ad esempio, se cade a terra). In questo senso, la fragilità potrebbe essere vista come una proprietà intrinseca ma non completamente oggettiva, perché la sua manifestazione dipende dal contesto. Viceversa, è facile trovare caratteristiche oggettive non intrinseche: la posizione di un libro in uno scaffale, il colore di una mela, l’altezza di una persona.

    C’è infine un termine intermedio tra oggettivo ed intrinseco: inerente. Tutto ciò che è intrinseco è inerente ma non vale il viceversa. Per esempio, la capacità di volare degli uccelli è inerente ma non tutti gli uccelli volano e quindi non si può dire che si tratti di una caratteristica intrinseca. Infatti, un uccello con un’ala rotta resta sempre un uccello; inoltre ci sono uccelli come le galline che non volano.

    La complessità è oggettiva, inerente o intrinseca? O nessuna delle tre cose?

    Secondo me, la stessa porzione di realtà percepita può essere considerata contemporaneamente in tanti modi differenti, coerenti tra loro, ma con diverso grado di complessità, tanto che si può considerare complessa, complicata o semplice. Dunque tutto dipende dal punto di vista.

    Questo presuppone la distinzione tra sistema e porzione di realtà percepita corrispondente. Il concetto di “sistema” abita su un piano dell’esistenza più elevato rispetto a quello di “porzione di realtà”.

    Il porta bustine si veste dell’aura del sistema complesso se lo consideriamo microhabitat per milioni di microorganismi. Non c’è modo di ricondurre il funzionamento complessivo a quello delle bustine o dei singoli micro-organismi: ci sono delle proprietà emergenti. Per esempio, l’effetto sulle caratteristiche organolettiche dello zucchero nel caso in cui il barista lasci troppo tempo in pace il microhabitat, libero di evolversi.

    La mentalizzazione: una porzione di realtà viene riportata nella mente di una persona passando per i sensi ed il filtro delle proprie esperienze.

    Il porta-bustine può essere considerato un sistema complicato e non complesso se lo si osserva dal punto di vista della fisica dinamica, per la quale ciò che conta sono forze, forme, attriti etc:

    • Non è “semplice” perché le interazioni tra le bustine, anche se semplificate, possono generare comportamenti non banali.
    • Non è “complesso” perché le interazioni sono comunque lineari e prevedibili, e non si osservano comportamenti emergenti.

    Infine si può dire che è un sistema semplice, nel momento in cui ci basta descriverlo in termini di:

    • dimensioni del contenitore: lunghezza, larghezza e altezza.
    • dimensioni delle bustine: lato del cubo;
    • numero di bustine: quanti cubi sono presenti;
    • disposizione: come sono disposti i cubi (ad esempio, in file ordinate).

    Ora, se Cesca, parlando con me, indica il porta bustine ed asserisce che è un sistema semplice, io interpreto così ciò che sta accadendo: Cesca indica una porzione di realtà che lei percepisce e, implicitamente, fa intendere un modo di schematizzarla – quello semplice.

    Tra le tante schematizzazioni possibili, quando non si dice esplicitamente quale va utilizzata, si sottintende sempre che è la più semplice possibile, in conformità al principio noto come Rasoio di Occam.

    Con questo abbiamo risolto la diatriba! In effetti, Cesca ed io abbiamo entrambi ragione e tra noi non c’è conflitto, bensì solo bisogno di un po’ di dialogo perché ciascuno possa compiutamente esprimere ciò che pensa.

    A ben vedere, abbiamo anche implicitamente assunto un principio ontologico ed identificato un bias che si presenta nella vita quotidiana.

    Il principio ontologico sancisce che una porzione di realtà può essere interpretata schematizzandola in molteplici modi possibili, a seconda del punto di vista.

    Tra i punti di vista c’è però un legame. Matematicamente, diremmo che l’insieme dei punti di vista è organizzato, strutturato in qualche modo. Come? Direi con una mappa. Deve trattarsi di una mappa che rispetta abbastanza i flussi e le connessioni tollerando incoerenze locali, come avviene nel ragionamento ipotetico. Cerco di spiegarmi meglio.

    Siano PdV1 e PdV2 due punti di vista. Per esempio, potremmo osservare lo stesso lago da due diverse posizioni della riva. Oppure potremmo usare un punto di vista a riva e l’altro portandoci in acqua o, ancora, usare un drone e portarci alcuni metri sopra il lago. Da solo non potrei farlo contemporaneamente: o siamo in due o son da solo e mi sposto. In entrambi i casi, il confronto tra le immagini ottenute da PdV1 e PdV2 dà luogo ad una mappa, non nel senso geografico del termine, piuttosto un’associazione in cui alcuni dettagli verranno identificati come appartenenti allo stesso elemento paesaggistico pur essendo in due immagini differenti. Se anziché scattare istantanee, registriamo video, potremmo per esempio riconoscere il movimento dello stesso uccello o pesce nei due video. Va da sé che potremmo avere dei dubbi sulla mappatura di alcuni elementi. Se capita per esempio che si muovano tanti pesci simili insieme, potrebbe risultare davvero difficile identificare i pesci corrispondenti nei due video.

    Potremmo definire come verità assoluta la mappatura di un flusso in tutti i punti di vista: se si riesce a costruirla, allora abbiamo trovato un dato oggettivo, una caratteristica inerente, una proprietà intrinseca. Se invece la mappatura non è definita in tutti i punti di vista, il dato non è intrinseco e potrebbe non essere neppure inerente o addirittura risultare soggettivo.

    Ti piacciono i gialli investigativi? O gli episodi di serie di fantascienza in cui si esplorano le implicazioni di un superpotere o di un’innovazione futuristica? Fai parte di associazioni o organi collegiali o gruppi di consulenti? Se rispondi si almeno una volta allora ti invito a declinare la mappatura di alcune presunte verità attingendo da quanti più punti di vista possibile e più disparati che puoi. Sicuramente – non ho alcun dubbio – rimarrai sorpreso dell’esito.

    Angolature e strumenti differenti consentono di cogliere dati oggettivi, tra i quali trovare proprietà inerenti e caratteristiche intrinseche.

    Per concludere, resta la questione del bias. Quando ho accennato al Rasoio di Occam, ho fatto riferimento alla “schematizzazione più semplice possibile”. Questa locuzione è però intrinsecamente ingannevole: possono esserci più schematizzazioni con la stessa semplicità. Et voilà! L’equivoco è servito! “Equivoco” deriva dal latino “aequivocus“, che significa “con uguale voce” e indica una parola o un’espressione che può avere più significati. Una persona indica una porzione di realtà, mentalmente la schematizza nel modo che gli sembra più semplice e, quindi, ovvio ma non fa caso al fatto che ci possano essere alternative altrettanto (più o meno) semplici. A schematizzazioni differenti corrispondono forme di flusso di pensiero differenti. Piccole differenze possono risultare trascurabili o, viceversa, venire amplificate in modo non lineare fino alla catastrofe, che poi sarebbe l’incomprensione, il disguido, il conflitto.


    Le immagini sono foto scattate da Nicola Granà o create da Nicola Granà con Midjourney.

  • Oltre la tastiera: il peccato sociale nell’era digitale

    Oltre la tastiera: il peccato sociale nell’era digitale

    [Tempo di lettura: 10 minuti]

    Sappiamo che allontanarsi e perdere il contatto e la coerenza con la Narrazione Ultraterrena a cui ci affidiamo per orientarci, ci fa soffrire. Anche nella nostra vita digitale questo può avvenire.

    Mi è stato chiesta una riflessione nell’ambito del percorso “Esercizi Spirituali nella Vita Ordinaria secondo il metodo di S. Ignazio, per Sposi”, meglio noto nella diocesi di Treviso come: “EVO Sposi”. Ecco il quesito che mi è stato posto:

    Ti vorrei poi chiedere se te la senti di scrivere una breve riflessione su come il peccato sociale si strutturi anche attraverso il nostro uso poco consapevole, che diventa cattivo uso, degli strumenti informatici e di ciò a cui ci danno accesso. Per spiegarti meglio, stiamo rivedendo tutte le schede evo e vorremmo per la scheda [riguardante lo sguardo di fede sulla realtà del male] avere degli esempi più attuali . Ho pensato a te per questa parte del nostro quotidiano.


    La “riflessione” qui sopra è in realtà una sorta di sintesi automatica prodotta da un essere fittizio, privo di esperienza corporea, la cui essenza è il condensato di un trilione di testi: è il prodotto di un Large Language Model ovvero di uno di quei costrutti informatici che al momento chiamiamo intelligenze artificiali, sebbene non siano né particolarmente intelligenti né particolarmente artificiali.

    Stanco, sopraffatto dal pensiero dell’inesorabile crescita della lista delle cose da completare, mi son detto: “Perché no?” ed ho attivato un costrutto informatico affinché elaborasse la scheda riguardante “lo sguardo di fede sulla realtà del male” e le consegne di Letizia, e scrivesse una riflessione al posto mio. Ecco, l’ho confessato!

    So benissimo di essere caduto nella cosiddetta automation bias cioè l’errore tipico di chi si appoggia troppo all’automazione e confida aprioristicamente sulla bontà della sua produzione. Ma è davvero troppo comodo! Peraltro, usare un LLM è un modo di lavorare che in molte situazioni è produttivo ed efficace, a partire dalla familiarità, per me, con la tastiera, lo schermo ed il mouse.

    Il mio cellulare ed il mio computer sono ormai delle costanti nelle mie giornate, fanno parte di me. Ad essere precisi, non proprio i due oggetti ma i trattamenti di dati, informazioni, comunicazioni e conoscenze che posso fare grazie ad essi. 

    Senza l’accesso a tali flussi, non potrei acquisire così velocemente informazioni e prendere decisioni rapide, restare in contatto durante la giornata con così tanta gente lontana (neanche con le telefonate reggerei a tali ritmi), dare e ricevere denaro, intervenire sul flusso operativo dell’azienda o accendere, a distanza, il riscaldamento di casa etc. etc.

    Mi riconosco non più come “persona-corpo biologico” ma come “persona-corpo biologico+estensione cibernetica”. Quanti film di fantascienza ho guardato! Ed ora mi accorgo di essere diventato io stesso un organismo cibernetico, un cyborg che, in quelle opere, è più frequente che vengano dipinti a toni tetri che come figure positive.

    Negli anni ’60, McLuhan pubblicò il libro Understanding Media: The Extensions of Man (in italiano Gli strumenti del comunicare) in cui coniò la celebre frase “il mezzo è il messaggio”. Con questa affermazione, McLuhan intendeva sottolineare come la natura di un mezzo di comunicazione influenzi profondamente il modo in cui il messaggio viene percepito e interpretato, a volte persino più del contenuto stesso. Ad esempio, un messaggio trasmesso attraverso la televisione avrà un impatto diverso rispetto allo stesso messaggio trasmesso attraverso un libro o un giornale, perché la televisione, in quanto mezzo,  privilegia l’immagine e l’immediatezza rispetto alla riflessione e all’approfondimento. 

    Chissà cosa direbbe McLuhan constatando che il mezzo è innestato nella persona?!

    Sta di fatto che il nonluogo, l’internet, è comunque sede di interazioni organizzative effettive e degli eco delle relazioni affettive, come abbiamo imparato ben bene durante l’epoca del COVID. Dunque non solo il digitale estende la nostra capacità biologica di interagire e relazionarci ma tocca anche la sfera della psiche.

    In questi anni, non si contano le incursioni della tecnologia nelle basi della vita: neuralink (la connessione tra elettronica e cervello a supporto della disabilità), bioingegneria, neural imaging, TEA (tecnologie di evoluzione assistita), organoidi… Da questo punto di vista, l’ideologia del gender può essere interpretata quale tristo presagio di tutto questo lavorio volto a conquistare controllo su almeno due livelli dell’esistenza delle persone: quello biologico e quello percettivo. 

    È vero anche il viceversa: ci sono incursioni della biologia e della psiche nel freddo terreno della tecnologia. Per esempio, i big data e le già citate Intelligenze Artificiali sembrano evolversi autonomamente, come se avessimo dato loro una vita propria.

    Non stupisce che, a questi grandi e potenti nuovi mezzi, corrispondano nuove varietà di quei frutti che nascono dall’interno della persona. Faccio riferimento a Luca 6,43-45.

    43 Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. 44 Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo. 45 L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.

    Ci sono frutti facili e difficili da cogliere e ci sono frutti che nutrono ed altri che intossicano. Qui ci concentriamo sui frutti, facili o difficili da cogliere, che intossicano.

    Un frutto difficile da cogliere è quello che nasce dall’accoppiata della tecnologia con un’etica focalizzata sul profitto anziché con il bene comune. 

    • Ed ecco che X, il social network che si chiamava Twitter, diventa uno strumento di disinformazione e di esercizio del potere. In generale, i social network ci fanno vivere ogni giorno nel paradosso: uniscono e dividono. Uniscono le persone alle persone e dividono le persone al loro interno, al loro inferno digitale. Lì “è pianto e stridore di denti” e qualcuno ne resta sopraffatto, sentendosi perduto, profondamente sconsolato, disconnesso dalla rete salvifica degli affetti. 
    • Ed ecco che il fatto di poter editare il codice genetico ci può far arrivare un giorno a dubitare dell’alterità, dell’avere un mistero davanti a sé quando si incontra una persona. Anziché: “Chi ho davanti a me? Quale persona, risultato della sua storia vissuta fino a questo momento, ho davanti a me?” potremmo un giorno chiederci: “A quale dei ceppi genetici che abbiamo creato appartiene questo umano?”.
    • L’economia della sorveglianza è un concetto che descrive un nuovo modello economico in cui la raccolta e l’analisi dei dati personali degli utenti vengono utilizzate come materia prima per generare profitto. In altre parole, le nostre azioni online e offline vengono monitorate e trasformate in informazioni preziose che le aziende possono sfruttare per vendere prodotti e servizi personalizzati, prevedere i nostri comportamenti e influenzare le nostre decisioni. Potere, disuguaglianza e violazione della privacy sono i suoi frutti.
    • La consapevolezza del problema della bolla informativa è crescente, ma ancora insufficiente. Sempre più persone e ricercatori si rendono conto di come gli algoritmi personalizzati possano limitare la nostra esposizione a punti di vista diversi dai nostri, creando così delle vere e proprie “bolle” informative. La bolla informativa ci offre un ambiente confortevole, in cui siamo circondati da opinioni che condividiamo. Confermare le nostre credenze ci dà un senso di sicurezza e appartenenza.  Gli algoritmi delle piattaforme online sono progettati per prevedere i nostri interessi e mostrarci contenuti sempre più personalizzati, rafforzando così la nostra bolla.
    • E se crediamo che fake news e deep fake siano fenomeni su grande scala, mettiamoci calmi e riguardiamo qualche chat sul nostro cellulare. Quanti istituti scolastici ci sono nella città? E quante classi? Beh, per ciascuna classe solitamente c’è un gruppo su WhatsApp, gentilmente e gratuitamente (ma dove?!) messo a disposizione dal Sig. Zuckerberg. Tipicamente, capita che ci siano delle discussioni interessanti e che si arrivi a delle conclusioni degne di nota. Queste però non sono ordinatamente archiviate, sono da qualche parte nel flusso indistinto della chat che, col passare delle settimane, sbiadisce nell’oblio. Ciò che è accaduto è che abbiamo usato uno strumento che intrinsecamente porta all’amnesia e di qui il passo con la confusione e gli equivoci è breve. Oltre a questo, stiamo dando qualcosa al Sig. Zuckerberg e non siamo neppure ben consapevoli di cosa gli stiamo dando. E non contenti abbiamo creato un meccanismo sociale tale per cui, siamo quasi costretti a farlo: è diventata una consuetudine, così fattuale da affiorare anche in qualche vicenda giuridica. Se questi sono i frutti, qual è la fonte nel cuore delle persone che li ha generati? L’uso imprevidente dello strumento. 

    Quest’ultimo peccato digitale è al confine tra il sociale ed il personale. Nella sfera personale, i frutti tossici sono forse più facili da cogliere.

    • Senti il bisogno di controllare continuamente il tuo smartphone, anche quando non ci sono notifiche? Hai paura di perderti qualcosa che sta succedendo online e senti il bisogno di essere sempre connesso? Hai difficoltà ad addormentarti o a mantenere un sonno profondo a causa dell’uso eccessivo dei dispositivi elettronici prima di andare a letto? Ti risulta difficile concentrarti sui tuoi compiti o studiare a causa delle continue distrazioni provenienti dal tuo telefono o computer? Preferisci interagire con gli altri attraverso i social media piuttosto che di persona, e hai difficoltà a instaurare relazioni significative? Ti senti spesso stressato, irritabile o ansioso a causa dell’overload di informazioni e stimoli provenienti dal mondo digitale? Soffri di mal di testa, affaticamento degli occhi o dolori alla schiena a causa di un uso prolungato dei dispositivi elettronici? Se si, hai bisogno di digital detox
    • Grazie al neural imaging, si è rilevato che gli effetti sul cevello della dipendenza da certe droghe presentano analogie con quelli dovuti alla dipendenza dalla pornografia. Sia la dipendenza da sostanze che quella da pornografia attivano e modificano circuiti cerebrali simili, in particolare il sistema della ricompensa. Questo sistema, quando viene stimolato da sostanze o comportamenti gratificanti (come guardare materiale pornografico), rilascia dopamina, un neurotrasmettitore che produce sensazioni di piacere e rinforza il comportamento. Come nelle dipendenze da sostanze, anche nella dipendenza da pornografia si possono sviluppare tolleranza (necessità di stimoli sempre più intensi per provare la stessa gratificazione) e sintomi da astinenza (ansia, irritabilità, depressione) quando si cerca di ridurre o interrompere il comportamento. Sia gli individui dipendenti da sostanze che quelli con dipendenza da pornografia manifestano comportamenti compulsivi, difficoltà a controllare gli impulsi e una crescente difficoltà a svolgere le attività quotidiane. Entrambe le dipendenze possono causare alterazioni cognitive, come difficoltà di concentrazione, problemi di memoria e alterazioni dell’umore. Il digitale ha messo a disposizione di tutti una quantità enorme di materiale pornografico la cui fruizione può portare ad una condizione che, come avrai capito, non è un semplice vizio.
    • Se dal punto di vista organizzativo, annullare tempi e distanze è un gran vantaggio quasi sempre (non sempre, esistono delle particolari situazioni organizzative in cui un minimo di tempo e distanza sono necessari), dal punto di vista affettivo è l’esatto contrario. Se l’attesa amplifica il desiderio (= “lontano dalle stelle”) ed il desiderio è ciò che ci proietta nel siderale, l’immediata accessibilità a un’infinità di informazioni e stimoli offerta dal mondo digitale può tenerci a terra, privi di slanci immaginativi e spirituali. Il senso di sazietà immediata attenua il desiderio di cercare e scoprire nuove cose. La possibilità di connettersi con chiunque e ovunque annulla la distanza fisica e psicologica che alimentava il desiderio. Gli algoritmi personalizzano i contenuti, ma spesso in modo omogeneizzante, limitando la possibilità di fare esperienze uniche e inaspettate. La costante sollecitazione da parte dei dispositivi digitali frammenta la nostra attenzione, rendendo difficile concentrarsi su un singolo obiettivo o desiderio.
    • Il rapporto tra una persona e un chatbot può essere fonte di problematiche e avere conseguenze negative. I chatbot sono programmati per simulare conversazioni umane, creando l’illusione di una relazione profonda e significativa. Esistono casi documentati in cui emerge che si è arrivati all’attaccamento affettivo che, quando ci si rende conto della natura della relazione, può portare a sentimenti di solitudine e isolamento. C’è chi cerca supporto emotivo in questi costrutti informatici, per poi rimanere deluso e frustrato perché essi non sono in grado di tenere conto della complessità delle relazioni umane. Però se in questo momento senti il bisogno impellente di una confessione, non serve che aspetti un prete fisico: per te c’è, disponibile qui ed ora, Deus in Machina.
    • Se qualcuno o qualcosa aiuta le persone ad incontrarsi o, addirittura, a trovare il compagno o la compagna della propria vita, in linea di principio, non può che essere valutato positivamente! Eppure, se si passa per un’app per il nostro smartphone, questa può essere utilizzata eccessivamente, come qualunque altra app.  Cosa succede se si ricorre troppo ad app di incontri? Le app di incontri presentano un flusso costante di profili, spesso ritoccati e presentati sotto una luce estremamente positiva. Questo crea un ambiente in cui gli utenti si confrontano costantemente con un ideale di bellezza e perfezione spesso irrealistico. Tale confronto può portare a sentirsi inadeguati e a sviluppare una bassa autostima. Il meccanismo del “match” e del “non match” può essere fonte di rigetti continui. Ogni rifiuto può essere vissuto come un giudizio personale sul proprio valore, erodendo l’autostima e generando sentimenti di inadeguatezza. La necessità di creare un profilo accattivante e di ricevere approvazione dagli altri può generare ansia da prestazione significativa. La paura di non essere all’altezza delle aspettative può portare a un circolo vizioso di insicurezza e perfezionismo. Paradossalmente, l’uso eccessivo delle app di incontri può portare a un maggiore isolamento sociale. La ricerca costante di connessioni virtuali può sostituire le interazioni reali, limitando le opportunità di sviluppare relazioni autentiche e profonde. Questo isolamento può a sua volta influenzare negativamente l’autostima. L’uso compulsivo delle app di incontri può portare a una dipendenza psicologica, simile ad altre dipendenze comportamentali. La ricerca costante di gratificazione immediata attraverso i “match” e le interazioni virtuali può distrarre dalle altre aree della vita, indebolendo l’autostima e generando sentimenti di vuoto.
    • Anche nella genitorialità, il digitale può essere sede di nuovi peccati. Pensiamo ad un genitore costantemente attaccato al telefono o al computer: che esempio può dare? Figurarsi se poi uno è capace di impostare limiti e monitorare le attività online dei figli, sensibilizzandoli ai rischi dovuti all’uso eccessivo o all’esposizione a contenuti inappropriati o a contatti pericolosi! Al contrario, qualche volta il digitale viene usato come babysitter, che tiene occupati i bambini, al riparo dal fango e dai rischi che i giochi all’aperto, come le attività dello scoutismo, possono comportare. Sta al genitore la responsabilità di mostrare come essere presente, non distratto da notifiche e chiamate che fanno sentire poco importante chi hai davanti. Come pure la trasmissione della cultura della privacy, anziché condividere foto o video dei figli sui social media senza il loro consenso esponendoli al giudizio degli altri ed inducendo paragoni insani tra ragazzi e bambini.

    Torniamo a Luca 6,43-45: gli strumenti non sono buoni o cattivi. Ma il digitale richiede studio, conoscenza, cultura come reazione alle forzature culturali operate da grandi poteri economici e politici. Non smettiamo mai di immaginarci Gesù col cellulare in mano: che uso ne farebbe attraverso le nostre dita?

  • Intelligenza Artificiale per la mia amica architetta

    Intelligenza Artificiale per la mia amica architetta

    [Tempo di lettura: 6 minuti]

    L’Architetta opera come libero professionista, iscritta all’albo da fine anni Novanta. Probabilmente ha iniziato la sua carriera disegnando a mano su tavole da disegno, o, almeno, così dovette fare durante il percorso universitario, a Venezia. L’introduzione del CAD (Computer-Aided Design) negli anni ’80 e ’90, proprio in corrispondenza dell’inizio della sua carriera, ha rivoluzionato il modo di progettare, permettendo di creare, modificare e condividere progetti in formato digitale.

    Schizzo di un’idea artificiale di edificio. Creato con midjourney. Prompt di Nicola Granà.

    I primi computer che ha incontrato erano probabilmente enormi e costosi. Oggi, laptop potenti e tablet leggeri consentono di lavorare ovunque, anche in cantiere o durante un sopralluogo.

    La collaborazione con colleghi e clienti era un tempo molto più lenta, basata su telefonate, fax e riunioni di persona. Oggi, email, videoconferenze e piattaforme di condivisione cloud permettono di comunicare e scambiare informazioni in tempo reale, semplificando il lavoro di squadra.

    Trovare ispirazione e informazioni richiedeva consultare libri, riviste e archivi. Ora, motori di ricerca, database online e social media offrono accesso immediato a una quantità enorme di risorse.

    I progetti venivano presentati principalmente attraverso disegni tecnici e modelli fisici. Oggi, rendering 3D fotorealistici ed i modelli di realtà virtuale permettono di immergere i clienti nel progetto, facilitando la comprensione e la comunicazione delle idee.

    Le decisioni progettuali erano spesso basate sull’esperienza e l’intuizione. Oggi, l’analisi dei dati e le simulazioni al computer permettono di valutare l’impatto ambientale, l’efficienza energetica e la fattibilità tecnica di un progetto in modo più preciso e informato.

    Un’altra sigla, oltre al CAD, è diventata significativa: BIM (Building Information Modeling). Il concetto di BIM, sebbene il termine non fosse ancora utilizzato, ha radici che risalgono agli anni ’70, quando alcuni ricercatori iniziarono a esplorare l’idea di un modello digitale dell’edificio contenente informazioni oltre alla semplice geometria. La vera e propria diffusione è iniziata negli anni 2000, grazie a diversi fattori: maggiore potenza di calcolo dei computer, sviluppo di software specifici, pressione per una maggiore efficienza (migliorare la collaborazione, ridurre gli errori e ottimizzare i costi), normative e incentivi. In Italia, l’interesse per il BIM è cresciuto significativamente negli ultimi 10-15 anni. Nel 2016 è stato introdotto il Decreto Baratono, che ha reso obbligatorio l’utilizzo del BIM per le opere pubbliche di importo superiore a 100 milioni di euro. Da allora, l’adozione del BIM è in costante aumento, anche nel settore privato.

    Ideazione artificiale di edifici. Creato con midjourney. Prompt di Nicola Granà.

    Il BIM è di fondamentale importanza per il lavoro di un architetto oggi, e lo sarà ancora di più in futuro. Anche se l’Architetta ha iniziato la sua carriera in un’epoca pre-BIM, abbracciare questa metodologia può portare numerosi vantaggi alla sua professione:

    • consentire a tutti i professionisti coinvolti in un progetto (architetti, ingegneri, imprese, ecc.) di lavorare su un unico modello digitale condiviso, riducendo errori, incomprensioni e rilavorazioni;
    • automatizzare molte attività ripetitive, come la generazione di computi metrici e la produzione di disegni tecnici, liberando tempo per concentrarsi sugli aspetti creativi e strategici del progetto;
    • simulare e analizzare le prestazioni energetiche e ambientali di un edificio fin dalle prime fasi di progettazione, favorendo scelte più sostenibili e riducendo l’impatto ambientale dell’opera;
    • trattare informazioni dettagliate su ogni componente dell’edificio, consentendo una maggiore precisione nella progettazione e nella costruzione, riducendo gli sprechi e i costi imprevisti;
    • creare visualizzazioni 3D realistiche e modelli interattivi, facilitando la comunicazione con i clienti e permettendo loro di comprendere meglio il progetto;
    • gestire la manutenzione dell’edificio, dopo la costruzione, fornendo informazioni utili per interventi futuri e migliorando l’efficienza operativa.

    Ora l’Architetta sta accostando l’Intelligenza Artificiale, stimolata dalle opportunità offerte dalla tecnologia e costretta dalla pressione del mercato. L’intelligenza artificiale sta emergendo come un potente strumento nel campo dell’architettura, aprendo nuove possibilità e sfide. Sebbene l’adozione sia ancora agli inizi, diverse articolazioni dell’IA si stanno rivelando particolarmente rilevanti per gli architetti oggi. Ecco alcuni compiti in cui l’IA è particolarmente utile.

    1. Generare rapidamente molteplici opzioni di design in base a parametri e vincoli specifici, come dimensioni del lotto, requisiti funzionali, normative edilizie e persino preferenze estetiche. Questo permette agli architetti di esplorare un ventaglio più ampio di soluzioni e prendere decisioni più informate.
    2. Analizzare grandi quantità di dati per prevedere le prestazioni di un edificio in termini di efficienza energetica, comfort ambientale, impatto acustico e altro ancora. Le simulazioni basate sull’IA consentono di ottimizzare il design e prendere decisioni più consapevoli fin dalle prime fasi del progetto.
    3. Automatizzare attività che richiedono molto tempo, come la creazione di disegni tecnici, la redazione di computi metrici e la gestione della documentazione. Questo permette di concentrarsi su attività più creative e strategiche.
    4. Generare rendering 3D fotorealistici, animazioni e modelli di realtà virtuale in modo rapido ed efficiente, migliorando la comunicazione con i clienti e facilitando la comprensione del progetto.
    5. Fornire suggerimenti in tempo reale durante il processo di progettazione, aiutando gli architetti a prendere decisioni più informate e a evitare errori.

    L’IA in architettura è ancora in fase di sviluppo, ma il suo potenziale è enorme. Man mano che la tecnologia continua a evolversi, possiamo aspettarci di vedere applicazioni sempre più sofisticate e innovative che trasformeranno il modo in cui gli architetti progettano e costruiscono il mondo che ci circonda.

    Un co-bot collabora alla costruzione di un edificio. Creato con midjourney. Prompt di Nicola Granà.

    Ci sono diverse integrazioni interessanti e in rapida evoluzione tra CAD, BIM e IA, che stanno plasmando il futuro dell’architettura:

    1. Conversione CAD-BIM: l’IA può aiutare a convertire disegni CAD 2D in modelli BIM 3D, riconoscendo automaticamente elementi architettonici e attribuendo loro informazioni semantiche.
    2. Generazione automatica di modelli BIM: l’IA può generare modelli BIM partendo da schizzi, immagini o descrizioni testuali, velocizzando la fase iniziale di progettazione concettuale.
    3. Analisi e ottimizzazione dei modelli BIM: l’IA può analizzare i modelli BIM per identificare potenziali conflitti, ottimizzare l’efficienza energetica, valutare la sostenibilità e suggerire miglioramenti progettuali.

    Le ontologie (architetture della conoscenza) sono fondamentali in questo contesto, perché consentono di strutturare e organizzare le informazioni all’interno dei modelli BIM in modo che siano comprensibili sia dagli esseri umani che dalle macchine, facilitano l’interoperabilità tra diversi software e piattaforme, permettendo lo scambio di dati e informazioni in modo efficiente ed abilitano l’IA ad analizzare, comprendere e ragionare sui modelli BIM, aprendo la strada a nuove applicazioni e funzionalità.

    Concluderei con suggerimenti pratici per l’Architetta, per fare i primi passi in questo affascinante ma un po’ complicato mondo.

    • Molti software BIM offrono già funzionalità di IA per automatizzare attività come la generazione di computi metrici, la creazione di tavole e la gestione della documentazione. Iniziare a utilizzare queste funzionalità è un ottimo modo per familiarizzare con l’IA e apprezzarne i benefici immediati.
    • Esistono strumenti di IA che possono aiutare a generare testi, immagini e video per presentazioni, proposte e materiali di marketing.
    • Seguire corsi di formazione sul BIM.
    • Ci sono diverse opzioni gratuite o open source che permettono di iniziare a esplorare il BIM senza investimenti iniziali elevati.
    • Connettersi con altri professionisti del settore può fornire supporto, consigli e ispirazione.
    • Ci sono molte risorse online che possono fornire informazioni aggiornate sulle ultime tendenze e applicazioni dell’IA nel settore.
    • Gli eventi dedicati all’IA in architettura offrono l’opportunità di conoscere esperti, scoprire nuove soluzioni e confrontarsi con altri professionisti.
    • Ci sono piattaforme online e plugin per software BIM che permettono di esplorare il generative design in modo intuitivo, anche senza competenze di programmazione.
    • Alcuni software BIM e piattaforme online offrono funzionalità di IA per l’analisi energetica, l’ottimizzazione strutturale e la valutazione della sostenibilità.
    • Esistono plugin e strumenti che possono fornire suggerimenti e feedback in tempo reale durante la modellazione BIM.
    • Iniziare applicando l’IA a un progetto di piccole dimensioni o a una fase specifica del processo di progettazione per acquisire esperienza e valutare i benefici.
    • È importante essere aperti a nuove idee e soluzioni, e non avere paura di provare nuovi strumenti e approcci.

    Infine, cara Architetta, tieni sempre presente che ladozione dell’IA è un viaggio, non una destinazione. È importante iniziare con piccoli passi, imparare dai propri errori e celebrare i successi. Con il tempo e la pratica, l’IA può diventare un alleato prezioso per migliorare la qualità del lavoro, la soddisfazione del cliente e la competitività sul mercato.

    La mente dell’architetto. Creato con midjourney. Prompt di Nicola Granà.
  • La corrente nel torrente e la stella nello spazio

    La corrente nel torrente e la stella nello spazio

    [Tempo di lettura: 8 minuti]

    La storia dell’individuazione di una corrente nel fiume

    Silvana, in cerca di un momento di pace, si siede sulla riva di un torrente che scorre vivace tra rocce e radici. La sua mente associativa-intuitiva è in sintonia con l’ambiente circostante, assorbendo il dolce mormorio dell’acqua, il fruscio delle foglie sugli alberi e il profumo dell’erba fresca.

    Video di Mario_Krimer da Pixabay

    Mentre osserva il fiume, la donna nota delle sottili variazioni nella superficie dell’acqua. In alcuni punti, l’acqua sembra incresparsi leggermente, mentre in altri scorre liscia ed uniforme. La sua mente associativa-intuitiva inizia a tessere connessioni tra queste osservazioni, suggerendo l’idea di un flusso nascosto sotto la superficie apparentemente calma – input sensoriale e riconoscimento di pattern.

    Cerca di dare un nome a questa intuizione. “Corrente”, pensa. Ma cosa definisce esattamente una corrente? Ricorda le sue conoscenze di base sull’idrologia: una corrente è un flusso d’acqua direzionale all’interno di un corpo idrico più grande. Silvana inizia a osservare con maggiore attenzione, cercando di individuare un movimento coerente e direzionale dell’acqua – definizione di criteri e applicazione di regole.

    Inizialmente, la donna fatica a distinguere un flusso definito. La mente logico-simbolica invia un feedback alla mente associativa-intuitiva: “Non vedo un movimento chiaro, forse le increspature sono solo causate dal vento?”. Silvana, stimolata da questa sfida, si concentra ancora di più. Stacca un fiore selvatico e lo lascia cadere delicatamente sull’acqua – feedback e raffinamento.

    Il fiore inizia a muoversi lentamente, seguendo un percorso sinuoso ma definito. La donna ha trovato la sua corrente! La mente logico-simbolica gioisce, assegnando un nome a questa scoperta: “La corrente nascosta” – assegnazione di un simbolo.

    La nostra esploratrice ha completato il processo di individuazione, trasformando un’intuizione fugace in una consapevolezza tangibile. La sua mente associativa-intuitiva ha fornito gli input sensoriali e i pattern iniziali, mentre la sua mente logico-simbolica ha guidato l’osservazione, definito i criteri e assegnato un simbolo alla scoperta. L’interazione armoniosa tra le due menti ha permesso alla donna di connettersi più profondamente con la natura e di apprezzare la sua complessità nascosta.

    La storia dell’individuazione di una stella nella notte

    Olmo, appassionato di astronomia fin da bambino, trascorre una notte serena in montagna, lontano dalle luci della città. Il suo telescopio è puntato verso il cielo stellato, e la sua mente associativa-intuitiva è inebriata dalla vastità del cosmo. Migliaia di stelle scintillano sopra di lui, creando un arazzo luminoso di immensa bellezza.

    Video di Dominika Boldogová da Pixabay
    1. Input sensoriale e riconoscimento di pattern: Mentre esplora il cielo, Olmo nota una stella che sembra brillare con una luce leggermente diversa dalle altre. È un rosso intenso, quasi cremisi, che spicca tra il bianco e il blu delle stelle circostanti. La sua mente associativa-intuitiva registra questa differenza, creando un’immagine mentale distinta di questa stella particolare.
    2. Definizione di criteri e applicazione di regole: La mente logico-simbolica di Olmo si mette in moto. Vuole identificare questa stella, darle un nome, collocarla nel contesto della sua conoscenza astronomica. Consulta le mappe stellari, confronta la posizione della stella con le costellazioni note, analizza il suo colore e la sua luminosità.
    3. Feedback e raffinamento: Inizialmente, Olmo fatica a trovare una corrispondenza esatta. La mente logico-simbolica invia un feedback alla mente associativa-intuitiva: “Non trovo questa stella sulle mappe, forse è una supernova o una stella variabile?”. Olmo, incuriosito, approfondisce la sua ricerca, consultando cataloghi stellari online e confrontando le sue osservazioni con le informazioni disponibili.
    4. Assegnazione di un simbolo: Finalmente, Olmo trova la sua stella. È una gigante rossa, una stella nella fase finale della sua evoluzione, destinata a espandersi e a diventare ancora più luminosa prima di spegnersi lentamente. Olmo, emozionato, assegna un nome a questa scoperta: “La Gigante Cremisi”.

    Olmo ha completato il processo di individuazione esatta, identificando una stella specifica tra le migliaia che popolano il cielo notturno. La sua mente associativa-intuitiva ha fornito l’input sensoriale e l’immagine iniziale, mentre la sua mente logico-simbolica ha guidato la ricerca, applicato criteri precisi e assegnato un nome univoco alla stella. L’interazione tra le due menti ha permesso a Olmo di espandere la sua conoscenza dell’universo e di sentirsi parte di qualcosa di infinitamente più grande.

    Matematizzazione

    L’esperienza di Olmo, caratterizzata da un’osservazione precisa e da criteri di identificazione oggettivi, si presta maggiormente alla matematizzazione e alla formulazione di proposizioni che utilizzano i quantificatori “per ogni” ed “esiste”.

    Olmo, avendo identificato la “Gigante Cremisi” in modo univoco, potrebbe formulare affermazioni come:

    • Esiste una stella nel cielo notturno che ha un colore rosso intenso e si trova in una specifica posizione (coordinate celesti).
    • Per ogni stella gigante rossa, la sua luminosità è maggiore di quella di una stella nana rossa.

    Queste proposizioni si basano sull’individuazione precisa della stella e sulle sue proprietà misurabili, permettendo un ragionamento logico-matematico rigoroso.

    L’esperienza di Silvana, al contrario, è più sfuggente e meno definita. La “corrente nascosta” è stata individuata attraverso un’osservazione più qualitativa e un processo di esplorazione graduale. Sebbene Silvana abbia acquisito una conoscenza concreta della corrente, questa conoscenza è meno precisa e misurabile rispetto a quella di Olmo sulla stella.

    Formulare proposizioni matematiche rigorose in questo contesto è più complesso. Ad esempio, dire “Esiste una corrente nel fiume” è corretto, ma non cattura la sfumatura dell’esperienza di Silvana, che ha individuato una corrente specifica ma non facilmente quantificabile. Allo stesso modo, affermare “Per ogni punto del fiume, la velocità dell’acqua è maggiore nella corrente” sarebbe un’eccessiva semplificazione, poiché la corrente potrebbe avere bordi sfumati e la sua velocità potrebbe variare.

    La necessità di nuovi strumenti

    L’esperienza di Olmo, basata sull’individuazione esatta, fornisce una base solida per la matematizzazione e l’utilizzo di quantificatori. L’esperienza di Silvana, invece, ci ricorda che la realtà spesso presenta sfumature e complessità che sfidano la precisione matematica. In questi casi, potremmo aver bisogno di strumenti matematici più flessibili per catturare l’essenza dell’esperienza e del ragionamento umano in modo più completo.

    L’approccio indiretto di Silvana, basato su come interagire sull’ipotetica entità, è, a mio avviso, la chiave per arrivare a definire strumenti più adatti a descrivere la complessità del mondo reale.

    Ecco un assaggio: dall’uguaglianza, passiamo alla confondibilità.

    Confondibilità

    Diciamo che due entità sono “confondibili” se e solo se interagiscono allo stesso modo, nei limiti della nostra sensibilità. Si noti che i presupposti sono vari:

    1. le due entità sono individuate, altrimenti non potremmo nominarle come tali;
    2. il concetto di interazione dev’essere già stato definito;
    3. lo stesso dicasi per il concetto di sensibilità o precisione.

    Il pregio di questa relazione è che getta un ponte tra la matematica basata sull’individuazione e quella che stiamo cercando di definire, basata sull’interazione.

    Mi limito qui di seguito ad illustrare la confondibilità e la sua differenza con l’uguaglianza nel caso di una struttura algebrico – topologica e rinvio ad altro articoletto ulteriori sviluppi.

    Confondibilità ed uguaglianza in un campo ordinato

    Esploriamo come la struttura di campo ordinato si trasforma quando sostituiamo l’uguaglianza legata all’ordinamento con la confondibilità, mantenendo l’uguaglianza classica negli assiomi algebrici. Useremo il simbolo ≈ (simbolo di uguaglianza ma ondulato) per indicare la confondibilità.

    Definizione originale di campo ordinato

    Un campo ordinato è un insieme F dotato di due operazioni binarie, addizione (+) e moltiplicazione (·), e di una relazione d’ordine totale (≤) che soddisfa i seguenti assiomi:

    Assiomi di campo

    1. Chiusura rispetto all’addizione e alla moltiplicazione:
      • Per ogni a, b ∈ F, a + b ∈ F e a · b ∈ F.
    2. Associatività dell’addizione e della moltiplicazione:
      • Per ogni a, b, c ∈ F, (a + b) + c = a + (b + c) e (a · b) · c = a · (b · c).
    3. Commutatività dell’addizione e della moltiplicazione:
      • Per ogni a, b ∈ F, a + b = b + a e a · b = b · a.
    4. Esistenza dell’elemento neutro per l’addizione e la moltiplicazione:
      • Esiste un elemento 0 ∈ F tale che per ogni a ∈ F, a + 0 = a.
      • Esiste un elemento 1 ∈ F, diverso da 0, tale che per ogni a ∈ F, a · 1 = a.
    5. Esistenza dell’opposto per l’addizione e dell’inverso per la moltiplicazione:
      • Per ogni a ∈ F, esiste un elemento -a ∈ F tale che a + (-a) = 0.
      • Per ogni a ∈ F, a ≠ 0, esiste un elemento a⁻¹ ∈ F tale che a · a⁻¹ = 1.
    6. Distributività della moltiplicazione rispetto all’addizione:
      • Per ogni a, b, c ∈ F, a · (b + c) = (a · b) + (a · c).

    Assiomi dell’ordine totale

    1. Riflessività: Per ogni a ∈ F, a ≤ a.
    2. Antisimmetria: Per ogni a, b ∈ F, se a ≤ b e b ≤ a, allora a = b.
    3. Transitività: Per ogni a, b, c ∈ F, se a ≤ b e b ≤ c, allora a ≤ c.
    4. Totalità: Per ogni a, b ∈ F, a ≤ b oppure b ≤ a.

    Assiomi che collegano campo e ordine

    1. Compatibilità dell’addizione con l’ordine: Per ogni a, b, c ∈ F, se a ≤ b, allora a + c ≤ b + c.
    2. Compatibilità della moltiplicazione con l’ordine: Per ogni a, b ∈ F, se 0 ≤ a e 0 ≤ b, allora 0 ≤ a · b.

    Nuova definizione con confondibilità

    Ora, sostituiamo l’uguaglianza negli assiomi dell’ordine con la confondibilità (≈):

    Assiomi dell’ordine totale (modificati)

    Si tratta di sostituire = con ≈ nell’assioma sull’antisimmetria.

    1. Antisimmetria (modificata): Per ogni a, b ∈ F, se a ≤ b e b ≤ a, allora a ≈ b.

    Quando si usa il simbolo = s’intende intercambiabilità. In altri termini se a=b allora in ogni espressione possiamo sostituire a con b o viceversa senza alterarne il significato. Di qui si deduce che.

    a = b → a ≈ b

    Interpretazione della nuova struttura

    In questa nuova struttura, due elementi possono essere considerati “confondibili” rispetto all’ordine se sono “sufficientemente vicini” l’uno all’altro, entro un certo margine di tolleranza. Questo introduce un grado di incertezza o approssimazione nella relazione d’ordine.

    Nella topologia indotta da ordinamento con uguaglianza, l’ordinamento è sufficiente per individuare univocamente un punto sulla linea. Nella topologia indotta da ordinamento con confondibilità, invece, si formano delle regioni di confondibilità, all’interno delle quali l’ordinamento non individua univocamente i singoli punti

    Conseguenze

    • La nozione di unicità potrebbe essere indebolita. Potrebbero esistere più elementi “confondibili” tra loro rispetto all’ordine, ma non necessariamente uguali nel senso algebrico classico.
    • La struttura topologica indotta dall’ordine potrebbe essere meno precisa. Invece di avere punti distinti, potremmo avere “regioni di confondibilità” in cui gli elementi sono indistinguibili rispetto all’ordine.
    • Questa nuova struttura potrebbe essere utile per modellare situazioni in cui l’ordine è intrinsecamente impreciso o soggetto a fluttuazioni, come misurazioni con una certa precisione o sistemi dinamici con piccole perturbazioni.

    Esempio

    Proviamo a costruire un piccolo esempio inerente la misurazione di temperature, in cui due elementi sono confondibili ma non uguali, nel contesto di un campo ordinato con confondibilità.

    Immaginiamo di avere un termometro che misura la temperatura con una precisione di ±0.5°C. Consideriamo due misurazioni:

    • a = 20.2°C
    • b = 20.7°C

    In questo caso, a ≠ b perché le due misurazioni hanno valori numericamente diversi. Tuttavia, a causa della precisione limitata del termometro, potremmo considerare a e b confondibili (a ≈ b) rispetto all’ordine.

    Questo perché la differenza tra le due misurazioni (0.5°C) rientra nel margine di errore dello strumento. Quindi, ai fini pratici, potremmo considerare queste due temperature come “quasi uguali” o indistinguibili, anche se non sono esattamente identiche.

    Per formalizzare questa idea, potremmo definire la confondibilità in questo contesto come segue:

    • a ≈ b se e solo se |a - b| ≤ 0.5

    In altre parole, due misurazioni sono confondibili se la loro differenza assoluta è minore o uguale alla precisione del termometro.

    Osservazioni

    • Questo esempio illustra come la confondibilità possa emergere in situazioni in cui l’ordine è intrinsecamente impreciso o soggetto a fluttuazioni, come nel caso di misurazioni con strumenti di precisione limitata.
    • La definizione precisa di confondibilità dipenderà dal contesto specifico e dal grado di precisione desiderato. In alcuni casi, potremmo voler utilizzare un margine di tolleranza diverso da 0.5°C.
    • È importante notare che, anche se a ≈ b, potremmo comunque avere f(a) ≠ f(b) per alcune funzioni f. Ad esempio, se f(x) = x², allora f(a) = 408.04 e f(b) = 428.49, che non sono confondibili secondo la nostra definizione. Questo dimostra che la confondibilità non garantisce l’intercambiabilità assoluta in tutte le espressioni, a differenza dell’uguaglianza classica.

    Osservazioni finali

    • La definizione precisa di “confondibilità” dipenderà dal contesto specifico e dal grado di precisione desiderato.
    • Questa nuova struttura apre questioni matematiche sulla sua relazione con la struttura di campo ordinato classica e sulle sue possibili applicazioni.

    Immagine di copertina generata con Midjourney, il prompt è mio.

  • Trattamento delle informazioni nella consulenza integrata

    Trattamento delle informazioni nella consulenza integrata

    [Tempo di lettura: 14 minuti]

    Dedicato agli amici di ORA.Team

    Cominciamo con una storia inventata ma realistica

    Un’Incongruenza rivela una verità nascosta

    Nella pittoresca regione del Chianti, l’azienda vinicola “Terre Antiche”, un tempo fiore all’occhiello della tradizione, si trovava ad affrontare le sfide della modernità. L’aumento della produzione e l’espansione verso nuovi mercati avevano messo a dura prova il loro sistema logistico, ormai obsoleto. Era giunto il momento di un cambiamento radicale: l’adozione di un nuovo software di logistica.

    Immagine generata con Midjourney, il prompt è mio.

    Per guidare questa trasformazione, Terre Antiche si affidò a due consulenti esperti:

    • Giulia, esperta di organizzazione delle risorse umane, con una profonda conoscenza delle dinamiche aziendali e delle esigenze dei lavoratori.
    • Marco, esperto informatico, appassionato di tecnologia e innovazione, pronto a sfruttare il potenziale del digitale per ottimizzare i processi.

    Insieme, iniziarono a utilizzare il software di consulenza integrata, compilando meticolosamente le sezioni relative alle loro aree di competenza. Giulia si concentrò sui processi HR, le competenze del personale e il clima aziendale, mentre Marco si immerse nei trattamenti di dati, nei profili autorizzativi e nei casi d’uso del nuovo sistema.

    Mentre i dati si accumulavano nel software, emerse un’incongruenza che attirò la loro attenzione. Giulia aveva inserito un KPI relativo al “tasso di errore nelle spedizioni”, misurato come percentuale di ordini evasi in modo errato. Marco, dal canto suo, aveva valutato l’”affidabilità del sistema di tracciabilità delle spedizioni”, misurando la percentuale di spedizioni tracciate correttamente dal software.

    In teoria, queste due misure avrebbero dovuto essere correlate: un sistema di tracciabilità affidabile dovrebbe portare a un minor numero di errori nelle spedizioni. Tuttavia, i dati raccontavano una storia diversa. Mentre l’affidabilità del sistema di tracciabilità era elevata, il tasso di errore nelle spedizioni rimaneva ostinatamente alto.

    Questa incongruenza spinse Giulia e Marco a indagare più a fondo. Analizzando i dati e intervistando il personale, scoprirono una verità sorprendente: gli errori nelle spedizioni non erano causati da problemi tecnologici, ma da una mancanza di comunicazione e collaborazione tra i diversi team coinvolti nel processo logistico.

    Il personale addetto alla preparazione degli ordini non era sempre informato sulle specifiche richieste dei clienti o sulle eventuali modifiche dell’ultimo minuto. Gli autisti, a loro volta, non sempre ricevevano istruzioni chiare sulle priorità di consegna o sulle eventuali restrizioni di accesso ai luoghi di consegna.

    Questa scoperta fu un campanello d’allarme per Terre Antiche. Il nuovo software di logistica, per quanto efficiente, non poteva risolvere da solo i problemi di comunicazione e collaborazione radicati nell’azienda. Era necessario un intervento più ampio, che coinvolgesse la formazione del personale, la revisione dei processi e la promozione di una cultura aziendale basata sulla comunicazione aperta e la collaborazione interfunzionale.

    Grazie alla consulenza integrata e all’utilizzo del software, Terre Antiche aveva scoperto una criticità nascosta che, se ignorata, avrebbe potuto compromettere il successo del progetto di trasformazione logistica. Questa consapevolezza permise all’azienda di affrontare il problema alla radice, trasformando una potenziale minaccia in un’opportunità di crescita e miglioramento.

    Cos’è la Consulenza Integrata nel Paradigma della Complessità?

    La consulenza integrata, nel contesto del paradigma della complessità, è un approccio dinamico e co-evolutivo alla consulenza che non solo riconosce l’interconnessione tra consulente, cliente e sistema, ma anche l’importanza di integrare i punti di vista di più consulenti appartenenti ad aree di competenza differenti ma confinanti. Questa integrazione di competenze e prospettive permette di affrontare la complessità in modo più completo ed efficace, garantendo che le soluzioni emergenti siano sostenibili e rispondano alle molteplici sfaccettature della situazione.

    In questo paradigma, il team di consulenti diventa un sistema a sé stante, in cui ogni membro contribuisce con la propria expertise e il proprio punto di vista unico, arricchendo il processo di co-creazione e aprendo nuove possibilità. La consulenza integrata diventa così un’orchestrazione di competenze, in cui il dialogo e la collaborazione tra i consulenti sono fondamentali per creare soluzioni innovative e olistiche.

    Esempi di Consulenza Integrata con Integrazione di Competenze

    • Pianificazione finanziaria familiare: un team di consulenti finanziari, legali e fiscali collabora per creare un piano finanziario completo che tenga conto di tutti gli aspetti legali e fiscali, oltre che delle esigenze e degli obiettivi della famiglia.
    • Supporto alla transizione di carriera: consulenti di carriera, psicologi e coach lavorano insieme per fornire un supporto completo all’individuo, aiutandolo a esplorare le sue opzioni, sviluppare le sue competenze e gestire l’aspetto emotivo del cambiamento.
    • Sviluppo comunitario: urbanisti, sociologi, ambientalisti ed economisti collaborano per facilitare un processo di sviluppo comunitario partecipativo e sostenibile, integrando le diverse prospettive e competenze per creare soluzioni innovative.
    • Gestione di situazioni di crisi familiari: psicologi, assistenti sociali, avvocati e mediatori familiari lavorano insieme per fornire un supporto completo alla famiglia in crisi, affrontando gli aspetti emotivi, legali, sociali ed economici della situazione.
    • Supporto a individui con bisogni speciali: educatori, terapisti, assistenti sociali e consulenti legali collaborano per creare un piano di supporto personalizzato che tenga conto delle esigenze specifiche dell’individuo e lo aiuti a raggiungere i suoi obiettivi di autonomia e inclusione.

    Vantaggi dell’Integrazione di Competenze nella Consulenza Integrata

    • L’integrazione di diverse competenze permette di affrontare la complessità in modo più completo, considerando tutti gli aspetti della situazione.
    • La collaborazione tra consulenti con background diversi stimola la creatività e l’innovazione, portando a soluzioni più efficaci e sostenibili.
    • La presenza di un team di esperti con competenze complementari aumenta la fiducia del cliente nel processo di consulenza.
    • La collaborazione tra consulenti favorisce lo scambio di conoscenze e l’apprendimento reciproco, contribuendo alla crescita professionale di tutti i membri del team.

    Consulenza integrata nei progetti di cambiamento

    Ho già trattato in un altro articoletto, a grandi linee, la relazione tra consulenza e progetti di cambiamento in sistemi complessi.

    Uniamo i due argomenti con approccio pratico. Come si possono integrare i consulenti per supportare progetti di cambiamento in sistemi complessi?

    Ogni disciplina o area di competenza sviluppa una propria ontologia, ovvero un modo specifico di concettualizzare e rappresentare il mondo. Queste ontologie possono variare in termini di terminologia, struttura e relazioni tra i concetti.

    Le semantiche definiscono il significato dei termini e delle relazioni all’interno di un’ontologia. Anche se due ontologie condividono alcuni termini, le loro semantiche possono differire, portando a interpretazioni diverse degli stessi concetti.

    Nonostante le differenze ontologiche e semantiche, le aree di competenza confinanti presentano inevitabilmente punti in comune e sovrapposizioni. Questi punti di contatto creano un terreno fertile per l’integrazione e la collaborazione tra i consulenti.

    Quando i consulenti valutano la configurazione del sistema dalle loro prospettive specifiche, possono emergere contraddizioni o incongruenze tra le loro valutazioni. Queste contraddizioni possono essere dovute a differenze ontologiche, semantiche o semplicemente a interpretazioni diverse dei dati disponibili. Oppure, possono corrispondere a contraddizioni insite nel sistema, tensioni e dinamiche che causano disequilibri e che meritano particolari attenzioni, fino a diventare cruciali nel formulare il progetto di cambiamento.

    Allo stesso tempo, le valutazioni dei consulenti possono anche portare a conferme multiple, ovvero a convergenze o sovrapposizioni tra le loro conclusioni. Queste conferme rafforzano la validità delle osservazioni e aumentano la fiducia nelle soluzioni proposte.

    Il processo di integrazione delle prospettive dei diversi consulenti è analogo all’incrocio dei raggi luminosi di due torce elettriche: aiuta a distinguere tra verità e falsità.

    Le contraddizioni spingono i consulenti a riesaminare le loro ipotesi, a chiarire le loro semantiche e a cercare un terreno comune. Questo processo di confronto e negoziazione può portare a una comprensione più profonda del sistema e a soluzioni più robuste.

    Le conferme multiple, d’altra parte, aumentano la probabilità che le osservazioni siano corrette e che le soluzioni proposte siano efficaci.

    In conclusione, la consulenza integrata, attraverso l’integrazione di prospettive diverse, favorisce un processo di confronto e negoziazione che aiuta a distinguere tra verità e falsità, portando a una comprensione più profonda del sistema e a soluzioni più efficaci e sostenibili. I vantaggi, nel condurre progetti di cambiamento, sono evidenti.

    Immagine generata con Midjourney, il prompt è mio.

    Valutazione integrata

    Un consulente è tale se è efficace nel formulare valutazioni nel proprio ambito di competenza. Se la collaborazione tra consulenti è stabile, si può concepire un sistema di valutazione congiunto, capace di esprimersi anche nella zona grigia che si trova tra i confini delle aree di competenza, quindi ai margini rispetto al focus del singolo consulente. La relazione può trasformare in forza un tipico punto debole della consulenza e diventare tratto distintivo per il team di consulenti.

    Occorre però investire nella definizione congiunta di criteri di valutazione nei concetti di confine delle ontologie dei consulenti.

    Consideriamo un esempio concreto: la logistica aziendale affrontata da un esperto di organizzazione delle risorse umane e da un esperto informatico.

    Concetti nella zona di confine

    • Gestione delle informazioni:
      • HR: L’esperto HR potrebbe essere interessato a come le informazioni sui dipendenti (disponibilità, competenze, turni) vengono raccolte, condivise e utilizzate per ottimizzare la pianificazione logistica.
      • IT: L’esperto IT si concentrerebbe sui sistemi informatici e le tecnologie utilizzate per gestire e condividere queste informazioni, garantendo l’accuratezza, la sicurezza e l’accessibilità dei dati.
    • Formazione e competenze:
      • HR: L’esperto HR valuterebbe le competenze necessarie per svolgere le attività logistiche e identificherebbe eventuali lacune formative, proponendo programmi di formazione e sviluppo.
      • IT: L’esperto IT potrebbe contribuire alla formazione fornendo strumenti informatici e piattaforme di e-learning per supportare l’acquisizione di nuove competenze.
    • Comunicazione e collaborazione:
      • HR: L’esperto HR si preoccuperebbe di garantire una comunicazione efficace tra i diversi team coinvolti nella logistica, promuovendo la collaborazione e la risoluzione dei conflitti.
      • IT: L’esperto IT potrebbe fornire strumenti di comunicazione e collaborazione digitale per facilitare lo scambio di informazioni e il coordinamento delle attività logistiche.
    • Ergonomia e sicurezza sul lavoro:
      • HR: L’esperto HR si concentrerebbe sulla progettazione di ambienti di lavoro sicuri ed ergonomici per i lavoratori coinvolti nelle attività logistiche, riducendo il rischio di infortuni e malattie professionali.
      • IT: L’esperto IT potrebbe contribuire fornendo tecnologie e strumenti per monitorare e migliorare la sicurezza sul lavoro, come sistemi di tracciamento dei movimenti o dispositivi di protezione individuale intelligenti.
    • Automazione e robotica:
      • HR: L’esperto HR valuterebbe l’impatto dell’automazione e della robotica sulla forza lavoro, identificando le esigenze di riqualificazione e gestendo eventuali cambiamenti organizzativi.
      • IT: L’esperto IT si occuperebbe dell’implementazione e della manutenzione delle tecnologie di automazione e robotica, garantendo la loro integrazione con i sistemi esistenti e la loro efficienza operativa.

    Questi concetti, pur essendo ai margini dei focus principali dei due consulenti, rappresentano aree di sovrapposizione in cui le loro competenze e prospettive possono integrarsi per creare soluzioni logistiche più complete ed efficaci.

    La collaborazione tra l’esperto HR e l’esperto IT in queste aree può portare a una migliore comprensione delle esigenze logistiche dell’azienda, all’identificazione di opportunità di miglioramento e all’implementazione di soluzioni innovative che tengano conto sia degli aspetti umani che tecnologici.

    Criteri di valutazione dei due consulenti considerati disgiuntamente

    L’esperto informatico, nella sua valutazione della questione logistica, utilizzerà probabilmente una rappresentazione basata su concetti e strumenti tipici dell’informatica, come:

    • Trattamenti di dati: descriverà come i dati vengono raccolti, archiviati, elaborati, trasmessi e utilizzati all’interno del sistema logistico. Questo include l’identificazione dei tipi di dati coinvolti (ad esempio, informazioni sui dipendenti, inventario, ordini, spedizioni), le finalità del trattamento e le misure di sicurezza adottate.
    • Profili autorizzativi: definisce chi ha accesso a quali dati e quali operazioni può eseguire su di essi. Questo è fondamentale per garantire la sicurezza e la riservatezza delle informazioni, soprattutto quando si tratta di dati sensibili come quelli relativi ai dipendenti.
    • Attori: identifica i diversi ruoli e responsabilità all’interno del sistema logistico, come ad esempio gli addetti al magazzino, gli autisti, i responsabili delle spedizioni, ecc. Questo aiuta a comprendere il flusso di lavoro e le interazioni tra i diversi attori.
    • Casi d’uso: descrive le diverse funzionalità del sistema logistico dal punto di vista dell’utente, come ad esempio la registrazione di un nuovo ordine, la tracciabilità di una spedizione, la gestione dell’inventario, ecc. Questo aiuta a comprendere le esigenze degli utenti e a progettare un sistema che sia facile da usare e risponda alle loro necessità.
    • Strutture dati: definisce come i dati vengono organizzati e strutturati all’interno del sistema, ad esempio utilizzando database relazionali, database NoSQL o altre strutture dati. Questo è importante per garantire l’efficienza e la scalabilità del sistema.
    • Interfacce utente: progetta le schermate e i moduli che gli utenti utilizzeranno per interagire con il sistema logistico. Questo include la scelta degli elementi grafici, la disposizione dei campi di input e la definizione dei flussi di lavoro.

    L’esperto di organizzazione delle risorse umane utilizza una struttura logica analoga per rappresentare le sue valutazioni, sebbene adattata al suo specifico dominio di competenza.

    • Processi HR: descriverà i processi chiave relativi alle risorse umane coinvolte nella logistica, come il reclutamento e la selezione del personale, la formazione e lo sviluppo, la valutazione delle prestazioni, la gestione delle assenze e delle presenze, ecc. Questo include l’identificazione delle fasi di ciascun processo, i ruoli coinvolti e le eventuali criticità.
    • Competenze e profili professionali: definisce le competenze e i profili professionali necessari per svolgere le diverse attività logistiche. Questo include sia le competenze tecniche specifiche (ad esempio, utilizzo di carrelli elevatori, conoscenza delle normative di sicurezza) che le competenze trasversali (ad esempio, capacità di lavorare in team, problem solving, comunicazione).
    • Struttura organizzativa: analizza la struttura organizzativa dell’azienda, in particolare per quanto riguarda la logistica. Questo include l’identificazione dei diversi team e reparti coinvolti, le loro responsabilità e le relazioni gerarchiche. L’obiettivo è valutare se la struttura organizzativa attuale favorisce o ostacola l’efficienza logistica.
    • Clima e cultura aziendale: valuta il clima e la cultura aziendale, in particolare per quanto riguarda l’impatto sulla motivazione, l’engagement e la produttività dei dipendenti coinvolti nella logistica. Questo include l’analisi della comunicazione interna, del livello di fiducia e collaborazione tra i team, e della percezione dei dipendenti riguardo al loro lavoro e all’azienda.
    • Indicatori di performance: identifica gli indicatori chiave di performance (KPI) per misurare l’efficacia e l’efficienza dei processi logistici e delle risorse umane coinvolte. Questo include metriche come il tasso di turnover del personale, il numero di incidenti sul lavoro, il tempo medio di consegna, il livello di soddisfazione dei clienti, ecc.
    • Piani di sviluppo: propone piani di sviluppo per migliorare le prestazioni logistiche e la gestione delle risorse umane. Questo può includere programmi di formazione, iniziative per migliorare il clima aziendale, modifiche alla struttura organizzativa o l’adozione di nuove tecnologie.

    Criteri di valutazione dei due consulenti considerati congiuntamente

    Mi spiego presentando alcuni esempi di valutazioni e misure nell’area di confine tra l’esperto informatico e l’esperto di organizzazione delle risorse umane, con particolare attenzione all’intreccio dei metodi di misura e alla possibilità di una misura unica interpretata in modo diverso da entrambi:

    Area di confine: Gestione delle informazioni

    • Caso d’uso: Accesso ai dati dei dipendenti
      • Esperto IT:
        • Titolo: “Accesso ai dati dei dipendenti”
        • User story: “Come responsabile HR, voglio poter accedere ai dati dei dipendenti in modo sicuro e veloce per prendere decisioni informate.”
        • Scenario principale: L’utente HR accede al sistema, inserisce le credenziali, seleziona il dipendente e visualizza i dati rilevanti (anagrafica, competenze, formazione, ecc.).
        • Scenari secondari: Accesso negato per utenti non autorizzati, ricerca di dipendenti per nome o ID, esportazione dei dati in diversi formati.
        • Maturità: Alta (sistema già implementato e utilizzato)
        • Adeguatezza: Media (potrebbe essere migliorata l’interfaccia utente)
        • Affidabilità: Alta (pochi errori o malfunzionamenti segnalati)
        • Rischi: Violazione della privacy dei dati, accesso non autorizzato.
        • Opportunità: Migliorare l’interfaccia utente, integrare con altri sistemi HR.
      • Esperto HR:
        • Misura unica: “Tempo medio di accesso ai dati dei dipendenti”
        • Interpretazione IT: Efficienza del sistema informatico (tempo di risposta, velocità di caricamento, ecc.)
        • Interpretazione HR: Impatto sulla produttività degli utenti HR (tempo risparmiato nella ricerca di informazioni, possibilità di prendere decisioni più rapide, ecc.)
    • Altro esempio: Accuratezza dei dati dei dipendenti
      • Misura unica: “Percentuale di errori nei dati dei dipendenti”
      • Interpretazione IT: Affidabilità del sistema di raccolta e gestione dei dati (errori di input, problemi di sincronizzazione, ecc.)
      • Interpretazione HR: Impatto sulla qualità delle decisioni HR (errori nelle buste paga, problemi nella pianificazione delle ferie, ecc.)

    Area di confine: Formazione e competenze

    • Misura unica: “Tasso di completamento dei corsi di formazione online sulla sicurezza sul lavoro”
    • Interpretazione IT: Efficacia della piattaforma di e-learning (facilità d’uso, accessibilità, tracciamento dei progressi)
    • Interpretazione HR: Livello di coinvolgimento e apprendimento dei dipendenti (motivazione, acquisizione di competenze, impatto sulla sicurezza effettiva)

    Area di confine: Comunicazione e collaborazione

    • Misura unica: “Numero di richieste di supporto IT risolte entro 24 ore”
    • Interpretazione IT: Efficienza del servizio di supporto IT (tempestività, qualità delle risposte, risoluzione dei problemi)
    • Interpretazione HR: Impatto sulla produttività e sul clima aziendale (riduzione dei tempi di inattività, soddisfazione dei dipendenti, collaborazione tra team)

    L’utilizzo di misure comuni, interpretate in modo diverso dai due consulenti, permette di evidenziare le interconnessioni tra le diverse aree di competenza e di favorire un dialogo costruttivo per la definizione di soluzioni integrate che tengano conto sia degli aspetti tecnologici che di quelli umani.

    Immagine generata con Midjourney, il prompt è mio.

    Strumenti di integrazione

    Come detto, un presupposto fondamentale per un’efficiente integrazione è la stabilità del rapporto di collaborazione tra consulenti:

    • facilita la condivisione di informazioni, idee e preoccupazioni in modo aperto e trasparente;
    • permette ai consulenti di conoscere le competenze, i punti di forza e le aree di miglioramento di ciascuno, favorendo una collaborazione più efficace;
    • crea un ambiente di lavoro positivo e collaborativo, in cui i consulenti si sentono a proprio agio nel condividere le proprie opinioni e nel mettere in discussione le idee degli altri;
    • aiuta a gestire eventuali conflitti o divergenze di opinione in modo costruttivo, trovando soluzioni che soddisfino le esigenze di tutti i coinvolti.

    Un altro fattore importante è la familiarità col sistema su cui va operato il cambiamento, che permette di:

    • identificare le specificità del sistema, le sue dinamiche interne, le sfide e le opportunità;
    • analizzare le informazioni raccolte in modo accurato e contestualizzato, evitando fraintendimenti e interpretazioni errate;
    • sviluppare soluzioni che siano realizzabili e sostenibili nel contesto specifico del sistema, tenendo conto delle sue peculiarità e dei suoi vincoli;
    • anticipare le conseguenze delle soluzioni proposte, sia positive che negative, e adattare le strategie di conseguenza.

    Considerato però che un progetto di cambiamento può coinvolgere anche il cliente, può durare a lungo e richiedere una lenta e paziente raccolta di tasselli di un puzzle che cambia nel tempo, certamente è fondamentale avvalersi di uno strumento informatico, un servizio software fruibile in cloud, tipicamente con interfaccia Web e con gestione di ruoli ed autorizzazioni.

    Il software immaginato potrebbe facilitare il processo di valutazione congiunta, il punto più delicato della consulenza integrata:

    • consentendo ai consulenti di inserire le loro valutazioni in sezioni specifiche;
    • evidenziando le misure comuni e le diverse interpretazioni;
    • facilitando la comunicazione e la collaborazione tra i consulenti attraverso strumenti di discussione e condivisione.

    In questo modo, il software diventerebbe uno strumento chiave per supportare la consulenza integrata e favorire la co-creazione di soluzioni efficaci e sostenibili.

    Anche la gestione del progetto di cambiamento dovrebbe far parte del sistema.

    Discutiamone secondo una griglia concettuale che si rifà alla visione olonica: funzione, funzionamento, funzionalità e collocazione (nei vari livelli).

    Funzione

    Mappare le configurazioni e ri-configurazioni del sistema:

    • Permettere ai consulenti di rappresentare lo stato attuale del sistema, catturando le sue componenti, le relazioni tra esse e i processi in atto. Questo potrebbe avvenire attraverso diagrammi, mappe concettuali, o altre rappresentazioni visuali che facilitino la comprensione della complessità del sistema.
    • Supportare la simulazione e la progettazione di cambiamenti al sistema, consentendo ai consulenti di esplorare diverse opzioni e valutarne l’impatto potenziale. Questo potrebbe includere la modifica di processi, la riorganizzazione di strutture, l’introduzione di nuove tecnologie o l’implementazione di nuove strategie.

    Gestire il progetto di cambiamento:

    • Aiutare i consulenti a definire gli obiettivi del progetto, le fasi di implementazione, le risorse necessarie e i tempi previsti.
    • Monitorare l’avanzamento del progetto, raccogliere dati sull’efficacia delle soluzioni implementate e identificare eventuali scostamenti dal piano originale.
    • Facilitare la comunicazione e la collaborazione tra i consulenti e il cliente, fornendo un ambiente condiviso per lo scambio di informazioni, documenti e feedback.
    • Supportare la valutazione dei risultati del progetto, misurando l’impatto delle soluzioni implementate sugli obiettivi prefissati e identificando eventuali aree di miglioramento.

    Evidenziare le correlazioni tra valutazioni e misure utilizzate da consulenti differenti:

    • consentire l’inserimento e l’integrazione dei dati provenienti da diverse fonti e discipline, superando le barriere ontologiche e semantiche.
    • Utilizzare tecniche di visualizzazione dei dati per evidenziare le relazioni, le sovrapposizioni e le eventuali contraddizioni tra le valutazioni e le misure utilizzate dai diversi consulenti.
    • Fornire strumenti per facilitare il dialogo e la negoziazione tra i consulenti, aiutandoli a chiarire le loro prospettive, a risolvere eventuali conflitti e a convergere verso soluzioni condivise.

    Funzionamento e Funzionalità

    Gestione delle ontologie e delle semantiche

    Il software dovrebbe utilizzare un modello di dati flessibile, in grado di accogliere ontologie e semantiche diverse provenienti da varie discipline.

    Dovrebbe fornire strumenti per mappare le ontologie dei diversi consulenti, identificando i punti di contatto, le sovrapposizioni e le eventuali incongruenze semantiche. Questo processo di mappatura potrebbe essere supportato da algoritmi di analisi del linguaggio naturale per l’estrazione di concetti.

    Il software dovrebbe incoraggiare la creazione di un glossario condiviso, in cui i consulenti possono definire e concordare il significato dei termini chiave utilizzati nel progetto, riducendo così le ambiguità e facilitando la comunicazione.

    Sistema di autorizzazione e controllo degli accessi

    • Creazione di profili utente personalizzati per ciascun consulente, definendo i loro ruoli, le loro responsabilità e i loro livelli di accesso ai dati e alle funzionalità del sistema.
    • Controllo granulare degli accessi, consentendo di definire in modo preciso quali dati e quali operazioni ciascun utente può visualizzare, modificare o condividere. Questo è fondamentale per garantire la sicurezza e la riservatezza delle informazioni, soprattutto quando si tratta di dati sensibili.
    • Tenere traccia di tutte le azioni eseguite dagli utenti, registrando chi ha fatto cosa, quando e su quali dati. Questo aumenta la trasparenza e la responsabilità, e facilita l’identificazione di eventuali problemi o anomalie.

    Collaborazione e comunicazione

    • Fornire un ambiente di lavoro condiviso in cui i consulenti possono collaborare in tempo reale, scambiando informazioni, documenti e feedback.
    • Integrare strumenti di comunicazione come chat, videoconferenze e forum di discussione per facilitare l’interazione tra i consulenti, anche a distanza.
    • Funzionalità per la gestione delle attività e dei flussi di lavoro, consentendo ai consulenti di assegnare compiti, impostare scadenze e monitorare l’avanzamento del progetto.

    Visualizzazione e analisi dei dati

    • Visualizzare i dati rilevanti per il loro lavoro, monitorare l’andamento del progetto e identificare eventuali criticità.
    • Analisi dei dati per esplorare le relazioni tra le diverse valutazioni e misure, identificare trend e pattern, e generare report e presentazioni.
    • Tecniche di visualizzazione avanzate per rappresentare le correlazioni tra le valutazioni dei diversi consulenti, evidenziando punti di convergenza, divergenze e aree di incertezza.

    Intelligenza artificiale e apprendimento automatico

    • Utilizzare algoritmi di intelligenza artificiale per analizzare i dati raccolti, identificare potenziali rischi e opportunità, e suggerire soluzioni o strategie alternative.
    • Apprendere dalle interazioni dei consulenti e dai risultati dei progetti, migliorando nel tempo la sua capacità di supportare la consulenza integrata.

    Collocazione

    Il software si colloca su cloud in modo da poter essere utilizzato sempre ed ovunque. A livello organizzativo, ciò consente di porlo nella rete dei rapporti tra consulenti e, volendo, anche tra consulenti e cliente. Di fatto, consente la costituzione di un asset virtuale che mantiene valore nella misura in cui è aggiornato e che aumenta di valore se viene utilizzato diffusamente e se viene arricchito dall’apporto dei vari esperti coinvolti.

    Immagine generata con Midjourney, il prompt è mio.

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  • Consulenza e Progetti di Cambiamento per Sistemi Complessi

    Consulenza e Progetti di Cambiamento per Sistemi Complessi

    [Tempo di lettura: 2 minuti]

    Il Consulente è una figura professionale che, in generale, fornisce consigli e suggerimenti su come affrontare problemi o situazioni complesse. La consulenza può riguardare diversi ambiti: legale, fiscale, finanziario, aziendale, informatico, psicologico, medico\ldots{}

    C’è una stretta relazione tra Consulenza e Cambiamento. Il consulente, infatti, è spesso chiamato a supportare il cliente in un momento di cambiamento, che sia esso organizzativo, tecnologico, personale, sociale\ldots{} Il cambiamento è un fenomeno complesso, che coinvolge molteplici aspetti e variabili.

    Il Cambiamento è un lavoro, è consumo di energia per portare il sistema da una configurazione ad un’altra. Il Cambiamento è un processo, è un flusso di eventi che si susseguono nel tempo. Il Cambiamento è un’opportunità ed una minaccia: è la possibilità di migliorare, di crescere, di evolvere ed è la possibilità di peggiorare, di involvere, di degenerare.

    Un sistema, ad un certo momento della sua evoluzione, ha una configurazione. Un progetto di cambiamento serve per portare velocemente lo stesso sistema ad una nuova configurazione, consumando energia per il lavoro di trasformazione.

    Video di zbswdzh hao da Pixabay

    Si comincia mappando la configurazione attuale e prefigurando la configurazione finale desiderata. Talvolta, si definiscono configurazioni intermedie.

    Non tutte le componenti della configurazione varieranno con la stessa probabilità: alcune sono più controllabili, altre possono essere solo influenzate o addirittura autonome e non influenzabili (es. le condizioni climatiche in cui opera un’azienda agricola). Accade anche che la configurazione finale venga cambiata in corso d’opera perché il processo di cambiamento retroagisce su chi l’ha voluto e stabilito.

    Ci possono essere delle connessioni tra le componenti delle configurazioni sicché esse possono co-variare ed i flussi del loro cambiamento possono influenzarsi reciprocamente. Le componenti più controllate e quelle autonome ci aiutano a semplificare il modello predittivo: per le prime, abbiamo maggiore comprensione di come co-variano, per le seconde abbiamo interazioni solo in un verso: azioni da componenti autonome alle altre da esse influenzate.

    A mano a mano che il sistema si evolve ed il progetto di cambiamento procede, i fenomeni previsti accadono o non accadono, aumentando la conoscenza del sistema e consentendoci di rendere più nitida la configurazione finale attesa. Possiamo revisionare la mappatura delle configurazione in vari momenti, ottenendo ciò che si chiama uno Stato di Avanzamento dei Lavori. Oltre alla configurazioni iniziale, precedente, attuale e prevista, esso comprende il flusso degli eventi e l’uso delle risorse. In questo modo abbiamo sia un concetto di quadratura, cioè di coerenza tra

    • variazione tra due configurazioni del sistema;
    • flusso di azioni eseguite sul sistema ed altri eventi accaduti indipendentemente dal progetto di cambiamento;

    sia la possibilità di analizzare le discrepanze tra configurazione attuale e configurazione obiettivo.

    Foto di THỌ VƯƠNG HỒNG da Pixabay

    Prossimamente entrerò nel dettaglio dell’informatizzazione della gestione dei progetti di cambiamento secondo lo schema concettuale qui succintamente presentato. Vedi:


    Immagine di copertina di Gerd Altmann da Pixabay