• Che differenza c’è tra insieme e flusso?

    Che differenza c’è tra insieme e flusso?

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    Insieme e flusso sono due concetti fondamentali nel nostro pensiero astratto. Sono simili ma differenti. Uno dei due è stato posto a fondamento della matematica. Che succederebbe se lo sostituissimo con l’altro? Considera che l’intero edificio della matematica poggia su una manciata di postulati riguardanti il concetto di insieme: meno di una decina! Dunque, piccole variazioni della loro formulazione possono scatenare effetti a valanga. Cosa succederebbe se, addirittura, sostituissimo il concetto di insieme con quello, più generale, di flusso? Senza entrare troppo a fondo nei tecnicismi, proviamo insieme ad immaginare qualche tratto di un universo (matematico) alternativo.

    Il concetto di flusso è più generale di quello di insieme

    È piuttosto facile capire che ogni insieme è un flusso in cui il tempo è idealmente congelato ad un certo istante ed in cui ogni elemento è identificabile. Lo è persino la radice quadrata di due, nell’insieme dei numeri reali, visto che esiste un modo per calcolare le sue cifre decimali fino alla precisione desiderata. Oppure, per fare un esempio su un piano della realtà gestibile dai nostri sensi, immaginiamo di enumerare ad una ad una le auto che passano sotto il ponte in cui ci troviamo.

    Viceversa, non tutti i flussi sono insiemi. Non sempre è possibile immaginare o rappresentare informaticamente la configurazione di un flusso ad un certo istante. Si pensi ad un flusso di cariche elettriche: troppo veloce e sfuggente per qualunque strumento di misura. Se il ponte dell’esempio precedente è molto alto e se il traffico è molto intenso allora potrebbe essere difficile osservare le auto individualmente, distintamente; ed il flusso automobilistico non potrebbe più essere considerato un insieme.

    Vediamo ora come i due concetti siano differenti.

    La differenza tra insieme e flusso, da 6 punti di vista

    Molto schematicamente, ecco 6 punti di vista dai quali evidenziare le differenze.

    • Punto di vista ontologico: non è scontato poter individuare gli elementi singoli che compongono un flusso, a differenza di quanto avviene in genere per un insieme.
    • Punto di vista cognitivo: il cervello tende a categorizzare gli elementi di un insieme in maniera distinta e rigida, mentre percepisce un flusso in modo più elastico e integrato.
    • Punto di vista del trattamento delle informazioni: un insieme si presta meglio ad un’elaborazione analitica ed estrattiva delle singole parti, mentre un flusso richiede un approccio più sistemico e una comprensione delle dinamiche relazionali.
    • Punto di vista del trattamento delle conoscenze: un insieme favorisce una conoscenza frammentata ed enciclopedica, mentre un flusso si adatta maggiormente ad una visione interconnessa e in divenire.
    • Punto di vista temporale: l’insieme dà maggiore importanza al presente e al permanere degli elementi, mentre il flusso sottolinea il divenire e il cambiamento continuo nel tempo.
    • Prospettiva sistemica: l’insieme evidenzia le singole componenti, il flusso ricorda che fanno parte di un sistema aperto in trasformazione.

    Vediamo più in dettaglio che luce getta ciascun punto di vista sulla questione.

    La differenza ontologica tra flusso ed insieme

    Il punto di vista ontologico è il principale ma forse anche quello meno facile da capire.

    In un insieme, anche se composto da molti elementi, questi sono comunque individuabili e distinguibili uno ad uno.

    Nel flusso invece molto spesso è più difficile, se non impossibile, individuare le singole “particelle” che lo compongono, che si fondono e si mescolano in continuo movimento.

    Ad esempio, si riesce ad enumerare e contare gli elementi di una scatola di spilli, mentre è praticamente impossibile contare una ad una le molecole che compongono un flusso d’acqua corrente.

    Il flusso ha dunque una natura ontologicamente più “unitaria” e meno analiticamente divisibile rispetto all’insieme, dove gli elementi mantengono più nettamente la loro individualità.

    Ragionare e discorrere su un flusso è quindi diverso dal ragionare e discorrere su di un insieme perché nel primo caso si prendono in considerazione le interazioni col flusso mentre nel secondo caso le interazioni considerate sono primariamente quelle con gli elementi dell’insieme, mentre le interazioni con l’insieme sono fittizie, virtuali, scorciatoie logiche da cuore con attenzione. Per esempio, nei testi che trattano di istruzione degli adolescenti non si dovrebbe mai far riferimento all’adolescente medio, perché non esiste. Orientare un’azione educativa modulandola sull’adolescente medio può rivelarsi estremamente controproducente. Un simile approccio è utile in determinate circostanze e con determinate accortezze. Vedasi per esempio i buyer personas nel mondo del marketing.

    La differenza cognitiva tra insieme e flusso

    Il punto di vista cognitivo tocca aspetti legati alla percezione e al funzionamento della mente.

    • Insieme: il nostro cervello cataloga separatamente gli oggetti sul tavolo;
    • Flusso: la nostra mente percepisce in modo unitario il fluire di un fiume.

    In psicologia cognitiva, ci sono degli studi che hanno indagato le differenze nel modo in cui il cervello elabora concetti classificati come “insiemi” rispetto ai concetti legati ai “flussi”.

    Uno degli esperti che se n’è occupato è il neuroscienziato Douglas Hofstadter, noto per la sua opera “Godel, Escher, Bach”. Ha scritto anche Fluid Concepts and Creative Analogies, 1995. Hofstadter, nei capitoli 12 e 13 della prima delle due opere citate, analizza la distinzione tra “entità discretizzate” (corrispondenti agli insiemi) e “entità fluidificate” (simili ai flussi).

    Secondo Hofstadter, quando percepiamo degli oggetti separati, il cervello tende a categorizzarli rigidamente, creando confini netti. Mentre per i flussi usa schemi cognitivi più flessibili, che tengono conto delle interazioni dinamiche.

    Sono stati condotti studi di neuroimaging e psicologia cognitiva che esaminano le differenze nell’attivazione cerebrale tra la percezione di insiemi e flussi. Questi studi cercano di comprendere come il cervello elabora le informazioni in situazioni in cui le caratteristiche statiche degli insiemi differiscono dalle dinamiche dei flussi. Ecco alcuni esempi di tali studi:

    1. Elaborazione visiva: Ricerche sul campo della percezione visiva hanno esplorato come il cervello elabora insiemi di oggetti statici rispetto alla percezione di oggetti in movimento. Ad esempio, alcuni studi hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale o fMRI per identificare le aree cerebrali coinvolte nella percezione di insiemi di oggetti, come il riconoscimento di pattern o la lettura di scritte statiche, rispetto alla percezione di oggetti in movimento.
    2. Attenzione selettiva: La ricerca sull’attenzione selettiva ha esplorato come il cervello gestisce l’attenzione tra insiemi di oggetti e flussi di informazioni. Gli studi hanno utilizzato l’elettro-encefalogramma o EEG, fMRI e altre tecniche per esaminare come l’attivazione cerebrale varia a seconda che i partecipanti siano esposti a stimoli statici o dinamici, e come l’attenzione è focalizzata su elementi specifici all’interno di insiemi o flussi.
    3. Predizione e anticipazione: Alcuni studi hanno cercato di comprendere come il cervello anticipa gli eventi futuri in contesti di flussi di dati o informazioni in movimento. Questi studi hanno indagato l’attivazione cerebrale durante il processo di previsione e hanno utilizzato tecniche di imaging cerebrale per esaminare quali aree cerebrali sono coinvolte in queste attività.

    La differenza tra insieme e flusso nel trattamento delle informazioni

    Il computer è come un cervello elettronico: sia il computer sia il cervello svolgono funzioni cognitive ed elaborano informazioni. Le conoscenze possono essere intese come una sorta di distillato delle informazioni, il risultato del metabolismo delle informazioni, ciò che resta dopo aver analizzato le informazioni e collegate con conoscenze pregresse ed altre informazioni. Dati e fatti, senza una lettura organica, sono informazioni e non conoscenze. Vediamo, da questo punto di vista, come trattare informazioni inerenti insiemi sia diverso da trattare informazioni inerenti flussi.

    Nella teoria dell’informazione ci sono concetti e modelli che rispecchiano le differenze:

    • Un insieme di dati è spesso strutturato e categorizzato, ad esempio in una tabella database, permettendo analisi sulle singole feature/colonne.
    • Un flusso di dati è tipicamente non-strutturato e dinamico, come nei sistemi complessi. Richiede approcci di data mining più flessibili (es. machine learning) per comprenderne le relazioni.

    Tutto però parte dalla nostra mente. Noi elaboriamo informazione già alla fonte in modo diverso a seconda che abbiamo a che fare con insiemi o con flussi.

    • Insieme: analizziamo le diverse caratteristiche di ogni pianta nell’orto.
    • Flusso: osserviamo l’evoluzione nel tempo del traffico in città.

    A livello algoritmico, cioè di progettazione delle procedure di trattamento, non stupisce la necessità di ricorrere ad approcci dedicati e ben differenziati.

    Nei software, si usano database relazionali che trattano prevalentemente insiemi statici di record, mentre la data stream mining si occupa di flussi continui e di dati in divenire.

    Nell’ambito delle reti di telecomunicazione, i modelli di elaborazione a pacchetti separati si adattano a insiemi discreti di informazioni, mentre le simulazioni di flussi continui riguardano sistemi di comunicazione in tempo reale.

    Altro esempio è la compressione dati: gli algoritmi ad insiemi fissi sono ottimizzati su blocchi separati, mentre quelli a flussi trattano stream incomprimibili singolarmente.

    Le reti neurali artificiali si collocano in una posizione intermedia tra insiemi e flussi da un punto di vista del trattamento delle informazioni.

    Se non le conosci, ti basti sapere che si tratta di costrutti informatici che hanno un comportamento analogo, per alcuni aspetti, a quello delle reti di neuroni: i singoli neuroni interconnessi ricevono segnali, rappresentati da serie di numeri; elaborano i segnali in ingresso modulandoli con dei coefficienti di pesatura e producendo eventualmente un segnale in uscita se i segnali in ingresso raggiungono una certa soglia d’intensità minima. I coefficienti devono essere tarati prima di potersi aspettare un minimo di affidabilità. La taratura viene chiamata: addestramento o training. Il tipo di connessioni tra neuroni, cioè la topologia della rete, è qualificante e ne determina l’utilità a seconda dello scenario di utilizzo. Per esempio, se una rete neurale ha cortocircuiti allora si dice retroattiva ed ha capacità di auto-apprendimento.

    Da un lato, molti tipi di reti neurali vengono addestrate su insiemi statici di dati, come accade nell’apprendimento supervisionato, avvicinandosi al paradigma degli insiemi.

    Dall’altro lato però, una volta addestrate sono in grado di elaborare flussi continui di input, come nel deep learning online. In questo caso la loro natura si avvicina più a quella dei flussi.

    Inoltre, alcune classi di reti neurali come i recurrent neural network o i reservoir computing network (per esempio la Echo State Network) sono progettate proprio per catturare effetti di memoria e dinamiche temporali, tipiche dei flussi.

    Si può dunque dire che le reti neurali:

    • nella fase di addestramento si avvicinano agli insiemi discreti di dati;
    • una volta addestrate sono in grado di gestire flussi continui di informazioni in ingresso;
    • alcuni tipi sono più “fluidificate”, particolarmente adatte proprio a contesti di flusso.

    Questa considerazione apre ad una riflessione potenzialmente interessante: caratterizzare costrutti informatici che, come le reti neurali, non sono pienamente comprensibili se li si guarda solo dal punto di vista algoritmico. Ci sono altri due esempi interessanti da questo punto di vista: gli algoritmi genetici ed una mia piccola giocosa invenzione che potremmo chiamare: “algoritmi con memoria“.

    La differenza epistemologica tra insieme e flusso

    Dal punto di vista epistemologico, un approccio classico al trattamento della conoscenza da parte dell’uomo è l’enciclopedismo, che si basa sulla catalogazione analitica di sapere predefinito in categorie statiche. Questo riflette il paradigma degli “insiemi” di conoscenza ed è caratterizzato da grande stabilità.

    Uno studioso che, invece, si è occupato invece dell’acquisizione dinamica e relazionale della conoscenza è Gilbert Simondon, con i concetti di “individuazione” e “realtà preindividuale”. Per Simondon la conoscenza emerge da un campo di tensioni in continuo divenire. Si tratta evidentemente di un approccio più vicino al concetto di flusso.

    Anche la teoria dell’apprendimento complesso di Edgar Morin considera il sapere come proprietà emergente di sistemi aperti in transizione, lontano dalla logica dell’insieme di parti.

    Per entrambi, il focus è evidentemente spostato dall’individuo, dall’oggetto in sé dello studio, alla relazione.

    Questi diversi approcci epistemologici hanno riflesso a livello pratico e toccano uno dei temi più in voga in questo momento: alludo all’Intelligenza Artificiale. L’epistemologia fornisce una visione critica su come rappresentare, organizzare e far “apprendere” la conoscenza alle macchine e può stimolare lo sviluppo di tecnologie cognitive più aderenti alla reale natura del sapere.

    In ambito ingegneristico, l’intelligenza artificiale tradizionale implementa conoscenza formale e rigida, più simile agli insiemi. L’IA connessionista si avvicina di più ai flussi per la capacità di auto-organizzazione.

    La differenza tra insieme e flusso nella prospettiva temporale

    Il fattore tempo è cruciale nel distinguere tra l’approccio insiemistico e quello basato su flussi. Nel primo, il tempo è una dimensione, un aspetto. Nel secondo è parte integrante della rappresentazione, del modello mentale o informatico.

    Ecco una serie di esempi che chiarisce bene la differenza:

    • Fisica: la meccanica classica si basa su concetti statici/insiemi, la meccanica quantistica introduce il flusso temporale di probabilità.
    • Biologia: la fotografia coglie l’istante, lo studio dei processi evolutivi cattura il flusso di mutamento.
    • Storia: le epoche sono insiemi fissi, i processi storici sono le dinamiche che le attraversano.
    • Psicologia: i test misurano “stati”, la terapia segue l’evoluzione nel tempo.
    • Cinema: i fotogrammi sono insiemi di oggetti e persone, la pellicola in movimento riproduce un flusso di eventi.
    • Musica: la nota è qualcosa di fissato, l’esecuzione melodica è fluire di tempo ed intensità.
    • Narrativa: i capitoli possono esser visti come contenitori di persone e di eventi, la trama come flusso sequenziale.
    • Filosofia: l’ontologia si basa su entità, il divenire tratteggiato da Eraclito è flusso.

    Dove il discorso logico vacilla, la poesia ci aiuta ad oltrepassare i limiti del linguaggio, che si fanno angusti.

    Leopardi ha rappresentato la natura del tempo ne “L’infinito”:

    Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
    e questa siepe, che da tanta parte
    dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.

    La differenza tra insieme e flusso nella prospettiva sistemica

    La teoria dei sistemi complessi fornisce un solido fondamento per leggere gli ecosistemi come manifestazione concreta del paradigma del flusso. Le griglie concettuali basate sugli insiemi, viceversa, portano alla perdita di complessità in quanto riducono il tutto alla somma delle parti.

    • Insieme: classifichiamo le specie animali della foresta, oppure i vari organi e tessuti che compongono il corpo umano o, ancora suddividiamo una comunità in categorie come ceti, professioni e gruppi formali;
    • flusso: osserviamo le interdipendenze ecologiche in atto, le interazioni dinamiche e gli scambi metabolici tra tessuti ed organi, i processi di identificazione nelle comunità e le evoluzioni delle reti di relazioni sociali.

    Dal punto di vista della teoria dei sistemi, gli ecosistemi naturali sono considerati prototipi di sistemi aperti e complessi in continua evoluzione.

    Uno studio pionieristico in questo senso è stato condotto da Eugene Odum negli anni ’50, introducendo il concetto di successioni ecologiche per descrivere il fluire dinamico delle interazioni all’interno degli ecosistemi nel tempo.

    Successivi lavori di Prigogine mostrano come i sistemi naturali abbiano proprietà emergenti a livello macroscopico che non possono essere ridotte alla somma delle singole parti.

    Gli ecosistemi dunque si prestano come esempio calzante di sistema profondamente integrato: sebbene possano essere analizzati gli elementi costitutivi in un dato istante, questo non è sufficiente per comprenderli nell’insieme.

    Al contrario, la classificazione delinea categorie statiche di elementi, riflesso dell’approccio tipico dell’insieme. Questo va bene quando abbiamo il pieno controllo del sistema osservato, i legami causali sono identificabili e le interazioni sono misurabili. È come dire che abbiamo piena conoscenza, istante per istante, di ciascuno degli elementi dell’insieme corrispondente al sistema in esame. Avere un metodo di enumerazione consente di gestire, di redigere check-list, di calcolare in modo ottimizzato, di contabilizzare…

    Dal punto di vista sistemico, è possibile comunque concepire un approccio basato sugli insiemi, che metta in evidenza:

    • la classificazione delle componenti di un sistema in categorie distinte e separate;
    • l’analisi delle proprietà e delle funzioni di ciascuna componente considerata individualmente;
    • la decomposizione gerarchica del sistema in sottosistemi e parti sempre più elementari;
    • la comprensione del sistema attraverso lo studio analitico delle interazioni fra gli insiemi costitutivi.

    Dunque, focalizzando un aspetto alla volta, un approccio analitico basato sull’insiemistica può portare ad un’ampia conoscenza del sistema studiato. Il suo limite è di lasciare implicita la conoscenza profonda, di non considerare correlazioni e legami causali inespressi. Il rischio è quello di illudersi di avere il controllo, fornendo spiegazioni, a volte persino auto-coerenti, da singoli punti di vista, come se ciascuno di essi fosse l’unico possibile e contenesse tutte le certezze necessarie.

    La scienza ci ha insegnato che esistono entità intrinsecamente probabilistiche e sistemi che non possiamo descrivere compiutamente in modo auto-coerente, come sancito dal teorema di incompletezza di Gödel. Dobbiamo accettare che in ogni sistema complesso c’è un incomprimibile quanto di mistero…

    Fantamatematica

    L’edificio matematico si fonda sulla teoria assiomatica di Zermelo Fraenkel. Si tratta di 7 – 8 assiomi… poca roba… Eppure reggono un peso enorme: algebra, geometria, topologia, teoria dei numeri, teoria delle probabilità, calcolo, combinatoria e analisi.

    La teoria degli insiemi può essere vista come un caso particolare di una teoria matematica più generale basata sui flussi. Alcuni punti che avvalorano questa visione: i flussi…

    • …permettono di cogliere aspetti qualitativi e non solo quantitativi dei sistemi;
    • …consentono di formulare concetti matematici anche per realtà non discretizzabili come curve e campi;
    • …risultano più aderenti a sistemi dinamici e stocastici della fisica e altro.

    Il lavoro da farsi è considerevole: andrebbero generalizzati concetti come funzione, limite, derivata da oggetti fissi a flussi continui.

    Questo però potrebbe aprire nuove prospettive per estendere ulteriormente la matematizzazione a sistemi non coerenti con l’ottica insiemistica tradizionale.

    Anche la Scienza dell’informazione trarrebbe giovamento dall’uso dei flussi. Le fondamenta della teoria classica, sviluppata da Shannon, sono insiemistiche ma tale teoria incorpora già nelle origini alcuni aspetti da flussi. Shannon stesso si rese conto che nella comunicazione reale i segnali sono flussi continui nel tempo e nello spazio. Introdusse quindi nozioni di derivate, integrali e variabili casuali continue. Le evoluzioni più recenti enfatizzano ulteriormente questa componente dinamica e continua. Teorie successive, come quella dell’informazione computazionale e dell’informazione quantistica, hanno ulteriormente spostato l’attenzione sui flussi. In ingegneria delle telecomunicazioni si usano sia modelli discreti che continui a seconda dell’applicazione.

    Potrebbe essere fertile ripensare anche la logica formale proprio a partire dalla nozione più primaria di flusso, invece che da concetti prettamente insiemistici come variabili e valori di verità. Il “filo logico” di un ragionamento è appunto un flusso sequenziale di passaggi. La semantica denotazionale in logica si fonda sul concetto di flusso di informazioni in una dimostrazione. Alcuni concetti logico-formali potrebbero essere riconcettualizzati in termini di: flussi di informazioni, transizioni semantiche, evoluzioni temporali, dinamiche causali. Questo potrebbe aprire a una “logicizzazione” di concetti propri delle scienze dinamiche. Seppur complesso, può essere uno stimolo per ripensare in modo più aderente la natura “scorrevole” anche del pensiero logico-deduttivo.

    Concludendo…

    Sappiamo che la matematica attuale ha qualche problemino con la teoria della misura (v. paradosso di Banach-Tarski, dimostrato un secolo fa). Mettiamo nel calderone anche la misura della complessità algoritmica e quindi l’annosa questione della congettura “P=NP?”, risalente a mezzo secolo fa. Misurare ed individuare è proprio ciò che nel mondo degli insiemi è semplificato rispetto al mondo dei flussi: come abbiamo visto, negli insiemi si può sempre individuare ogni singolo elemento.

    Sappiamo anche che la fisica e l’informatica trattano sostanzialmente flussi (materia, energia, informazione) e che il linguaggio matematico è basato sugli insiemi, non sui flussi. Questo spiegherebbe perché ci sono oggettive difficoltà, in fisica, a descrivere alcuni fenomeni – e se il dualismo onda-particella si risolvesse introducendo il concetto di flusso?

    Abbiamo insomma alcuni indizi: ripartire dai flussi può rivelarsi un’opportunità. Occorre accettare l’idea di immergersi nella complessità – e matematizzarne il paradigma! – ed abbandonare eroicamente le tranquille sponde del semplice e del complicato.